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  • Immagine del redattoreMassimo Volpato

TULIPANO NERO

di Massimo Volpato





Metà agosto del 1986 allo stadio di Barcellona, il mitico Camp Nou, va in scena il tradizionale Trofeo Gamper in onore del fondatore della società catalana. Quell’anno il torneo è un quadrangolare, e sono invitate a partecipare il Milan assieme a Tottenham, Barcellona e PSV Eindhoven, quest’ultima è una nuova squadra emergente nel panorama europeo.

La squadra rossonera gioca contro gli inglesi e i blaugrana. Ma più che le prestazioni della squadra rossonera, i dirigenti del diavolo sono letteralmente folgorati da un giovane calciatore del PSV, fresco campione d’Olanda, che ha baffi e lunghe trecce nere: Ruud Gullit.

E’ come Falcao, un grande atleta, può giocare in tutti i ruoli, dal libero al centravanti”.

Questo è il pensiero che il Barone Liedholm condivide con il patron Berlusconi, perchè entrambi sono rimasti impressionati di fronte alla forza fisica e alla tecnica di questo ragazzo. Il Cavaliere, entusiasta dell’idea di portarlo a Milano, inizia una trattativa lunga e difficile.

Inizialmente mi voleva la Juventus. Loro avevano vinto molto, il Milan non vinceva niente da molti anni. Così ho preferito andare in una squadra che ancora non aveva vinto.”

L’approccio con il giocatore inizia in maniera timida, perché nella camera dell’Hotel Princesa Sofia, c’è un problema di comunicazione tra Ariedo Braida ed il calciatore, il dirigente friulano non sa l’inglese, e Gullit non parla l’italiano e l’incontro si conclude con una stretta di mano e nulla di più.

Ti acquistiamo e ti mandiamo un anno in prestito all’Atalanta

La Juventus insiste con il giocatore, e gli propone un anno in prestito, un piano che la società bianconera ha già sperimentato qualche anno prima con Laudrup, parcheggiato provvisoriamente alla Lazio. A questo punto Berlusconi, rompe gli indugi e vola ad Amsterdam in prima persona, per incontrare il calciatore e il suo procuratore, e chiude l’accordo.

Il 21 marzo 1987 il Milan ufficializza l’acquisto di Ruud Gullit per la bellezza di 13,5 miliardi delle vecchie lire. E il secondo sgarro da parte del presidente milanista alla Vecchia Signora, dopo Donadoni, è servito.

A 25 anni Gullit sbarca in Italia nel pieno del suo splendore fisico atletico: è alto come una quercia e robusto come l’acciaio, sembra una locomotiva vestita di rossonero che viaggia alla velocità della luce. Potenza, concretezza e simpatia, il giocatore oranje conquista tutti, è espansivo e diretto, con quelle treccine che sono il suo simbolo trascina il Milan alla vittoria dell’undicesimo scudetto.

Nasce il super Milan. Napoli distrutto. Nel segno di Gullit.”

Così titola la Gazzetta dello Sport il 4 gennaio 1988 dopo che, solo il giorno prima, il Milan batte il Napoli in rimonta con una prova di superiorità sconcertante. La partita non inizia bene: dopo pochi minuti il Napoli è in vantaggio con un bellissimo gol di Careca, Gullit da quel momento trascina una squadra rossonera semplicemente devastante e ribalta il risultato già nel primo tempo, Ruud regala l’assist del pareggio ad Angelo Colombo. Dopo pochi minuti, ci pensa Virdis a portare in vantaggio la squadra milanese.

Nella ripresa, c’è solo il Milan in campo e il ragazzo con le trecce mette subito la sua firma: lancio di Ancelotti che mette l’olandese solo davanti al portiere partenopeo, lo dribbla e segna comodamente il gol del 3-1. Gullit in quella magnifica partita realizza un gol, serve un assist e colpisce un palo. Quando al minuto 82 della partita Sacchi lo sostituisce con Massaro, San Siro gli dedica una standing ovation, dopo le difficoltà iniziali in campionato, e in coppa, tutti sono in piedi ad applaudire e finalmente innamorati del loro Tulipano Nero.

Da quel giorno inizia la Gullitmania a Milano. Dappertutto spuntano cappellini con le treccine, e la popolarità del giovane olandese cresce sempre di più rendendolo l’antagonista di Maradona in quel campionato.

Sinistro di Colombo, respinge il portiere, Bumbescu, mischia Gullit, gol gol gol di Gullit”

La storia di Gullit al Milan e si lega a doppio filo alla città di Barcellona: al torneo Gamper i rossoneri lo scoprono, e nel 1989 nella capitale catalana gioca la finale di Coppa Campioni. Ma quella stagione non inizia bene, un infortunio al ginocchio lo tiene lontano dal campo per un po’e la squadra rossonera senza di lui fa fatica, in campionato la squadra perde terreno in classifica, e l’obiettivo stagionale diventa la coppa.

Gullit è rischiato nella ”due giorni di Belgrado”, contro la Stella Rossa, e il Milan con merito ma anche con molta fortuna passa il turno ai calci di rigore e inizia a srotolare il tappetto rosso verso la conquista dell’Europa che conta. Dopo aver schiantato il Real Madrid in semifinale, polverizza anche lo Steaua Bucarest, con una prestazione che ancora oggi rimane nella memoria collettiva e che ha portato per la terza volta sul tetto d’Europa la squadra rossonera. E’ proprio Ruud che apre le danze con il primo gol, segna su una respinta del portiere rumeno e l’Europa s’inchina alla forza dell’olandese e del Milan.

Negli anni successivi vince ancora con il Milan: 3 scudetti, 3 supercoppe italiane, 2 supercoppe UEFA, 2 coppe Intercontinentali, 2 Coppe Campioni. Ma questa favola, iniziata in quel pomeriggio freddo del 3 gennaio non è a liete fine. Dopo 4 anni Arrigo Sacchi lascia per allenare la nazionale italiana e viene rimpiazzato da Fabio Capello. Il feeling tra i due, non è uguale a quello che il giocatore olandese ha con il tecnico di Fusignano, e nella stagione 93/94 viene prestato alla Sampdoria. Durante la partita Samp-Milan del 31 ottobre 1993, il Tulipano nero vestito di blucerchiato segna una bellissima rete che dà i tre punti ai doriani. In quell’occasione, Gullit esulta in modo plateale contro la sua squadra, in quel festeggiamento sfoga tutta la sua rabbia verso la società rossonera.

Ruud torna dimentichiamo quello che è successo

Queste sono le parole che Berlusconi usa per convincere l’olandese, il quale ritorna l’estate successiva a vestire il rossonero. Ma le cose sono cambiate, non si sente più importante come negli anni delle magnifiche vittorie e dopo qualche mese riprende di nuovo la strada di ritorno verso Genova, per poi finire la sua carriera in Inghilterra.

Aveva una potenza fisica straordinaria, un grande carisma e per i compagni era un vero trascinatore. Quando partiva lui con la criniera al vento era come squillasse la tromba d’assalto

Arrigo Sacchi lo ricorda così, un ragazzo che ha portato entusiasmo, perché il suo arrivo fu una tempesta di emozioni, un senso di rinascita dopo tanti anni bui. Ma ha anche fatto tanto discutere, perché lui è uno spirito libero nel rettangolo di gioco come nella vita.

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