di LM
Quando si parla di Nelson de Jesus Silva, diventato celebre come Dida, il cuore del tifoso medio milanista non può che avere un tumulto di emozioni forti, talvolta discrepanti tra loro. Qualcuno ricorda le sue parate celebri, altri ricordano gli “strafalcioni tecnici” ma, su una cosa tutto il popolo del Diavolo è concorde: il buon Nelson, in un modo o nell’altro, te lo ricordi.. eccome se te lo ricordi.
La storia del “Dida uomo”, è intricata quanto quella del “Dida portiere simbolo del Milan”. Le due storie, finiscono per congiungersi fino a realizzare una delle più emozionanti leggende della storia del calcio. Dida nasce il 7 ottobre del 1973, in un paesino di 30.000 abitanti dello stato brasiliano di Bahia di nome Irarà.
La sua carriera da calciatore inizia a 17 anni, vale a dire, nel 1990, quando viene arruolato nelle file delle giovanili dell’Agremiação Sportiva Arapiraquense(ASA, ndr). Neanche a farlo apposta, il club ha come simbolo il fantasma, ossia ciò che è stato Dida agli occhi del palcoscenico calcistico per i successivi 13 anni.
Dopo l’esperienza nell’ASA, gioca nelle giovanili del Cruzeiro prima di iniziare la carriera in una Prima Squadra.
“Sogna, ragazzo sogna” diceva Roberto Vecchioni nel 1999. Come tutti i ragazzi di un paesino sperduto, Dida sogna di andare nella capitale: quella Salvador che le accoglie nel 1992 e gli lancia segnali dal destino, vestendolo già di rossonero quando diventa il portiere del Vitória. Il primo anno lo trascorre totalmente in panchina a guardare i compagni giocare. Nel 1993, diventa il portiere titolare e la stagione non ha un epilogo felice per Nelson. Il Vitória, infatti, perde la finale del campionato Brasileiro contro il Palmeiras, in cui militano certi giovanotti di nome Roberto Carlos ed Edmundo.
Nel 1994 si trasferisce al Cruzeiro dove giocherà per ben quattro stagioni. Nel 1996 arriva il trionfo in Coppa del Brasile. Nel 1997 il successo nella Copa Libertadores contro lo Sporting Cristal, il gruppo dei peruviani terribili reduce dal record di tre scudetti consecutivi, e dal raggiungimento di una finale sudamericana attesa dal 1972. Il format prevede una doppia finale andata e ritorno e, nella gara di andata, finisce 0-0. Al ritorno si gioca in un Mineirão sold-out con quasi 100.000 spettatori.
Dida manda il suo biglietto da visita al calcio europeo al minuto 65: su un calcio di punizione tirato direttamente verso la sua porta, prima non è eccezionale nella respinta corta, poi è superlativo quando in pochi istanti si rialza e col corpo manda in angolo un’ormai certa ribattuta in rete. Dida e la sua carriera sono racchiusi totalmente in questa parata: croce e delizia, sbadato ma istintivo, goffo prima, prodigioso poi. I brasiliani esplodono: “Didaa! Didaaa!", dieci minuti più tardi Elivélton sigla l'1-0 e regala il successo al Cruzeiro. I tifosi soprannominano Dida "La muralha azul". Il giovane portiere, allora 24enne, inizia ad avere estimatori tra cui un certo Adriano Galliani.
Nel 1999 Dida è in scadenza di contratto, il Milan si interessa a lui. Il portiere fa di tutto, tramite i suoi rappresentanti, per approdare alla corte del Diavolo. La scelta suscita qualche polemica in Brasile dove viene additato come mercenario. I rossoneri potrebbe tesserarlo a parametro zero. Il Milan, tuttavia, sceglie di versare 3 miliardi di lire, dopo qualche diatriba legale e un negoziato con il Cruzeiro che, addirittura, porta Dida a doversi presentare in tribunale.
Viene trasferito in prestito al Lugano dove non gioca neppure un minuto. Tra questioni legali e scarsa gratifica, trascorre uno dei periodi più grigi a livello personale. Dida chiede di tornare a casa per trascorrere gli ultimi sei mesi di contratto in Brasile. Viene accontentato, essendo mandato in prestito al Corinthians, dove riesce a vincere sia il Campionato Paulista che quello Brasileiro. Dida inizia a specializzarsi nell'abilità di parare i rigori, lo si vede nella semifinale contro il San Paolo dove para due rigori a Raì.
Successivamente parteciperà al Mondiale per Club, nell'edizione pilota che la FIFA propose nel 2000. Contribuì ad eliminare il Real Madrid, parando un rigore decisivo ad un giovane Anelka. In finale contro il Vasco da Gama, la partita termina nuovamente ai calci di rigore dopo lo 0-0 dei 120'. Dida parerà un altro rigore decisivo, aiutando il Corinthians a vincere il Mondiale per Club.
Non è solo il talento dagli undici metri, l'emblema che sta forgiando la carriera di Dida ma, anche quella sua espressione facciale impassibile, fredda, imperturbabile, quell'attitudine a mantenere i nervi saldi, quasi gelidi dopo i suoi meravigliosi interventi.
L'arrivo definitivo al Milan non è come lo aveva sognato: tra le fila degli uomini, allenati da Alberto Zaccheroni, Cristian Abbiati ha appena rilevato il posto dell'Ascensore Umano Sebastiano Rossi, ed è reduce da una delle migliori stagioni in carriera. Non è disponibile una maglia da titolare per la muralha azul.
Esordisce in Serie A il 1° novembre del 2000: si gioca Parma-Milan, è il primo di una lunga serie di scontri a distanza con il giovane Buffon. L'esordio non è dei migliori, anzi. Dopo appena 4 minuti Mboma si infila tra le linee difensive del Milan e beffa Dida in uscita, lo stesso Mboma si ripete al 66' con un colpo di testa, su cui Dida scende molto lentamente. Al di là dei gol subìti, Dida appare un po' molle e qualcuno inzia ad insinuare il dubbio che questo portiere 27enne non sia un granchè.
Se il campionato non gli regala alcun magic moment, la Champions è ancor meno benevola: disputa sei partite, tra cui quella del settembre 2000 in Inghilterra contro il Leeds, dove Dida si rende protagonista di una vera e propria papera su un banale tiro di Bowyer.
Fuori dal campo, la dose si rincara per Nelson: la Serie A viene investita dallo scandalo passaporti e anche il portiere brasiliano viene coinvolto. Viene accusato di aver mentito sull'esistenza di un parente portoghese e, contestualmente, di aver posseduto un passaporto non conforme. Viene squalificato per sette mesi e, tra i tifosi milanisti, viene considerato ormai un bidone.
Tra il 2001 e il 2002, Dida viene rimandato in prestito al Corinthians dove l'atmosfera non è più quella degli "anni d'oro". Gioca solo 8 partite ma riesce a vincere il Mondiale 2002 con il Brasile, come riserva del titolare Marcos.
Dopo l’ennesimo prestito, rientra nuovamente al Milan dove ormai è considerato solo un esubero, in virtù dei 30 anni d’età. Il titolare è sempre Abbiati e intanto al Milan è arrivato Carlo Ancelotti.
Il destino si rivolge verso Nelson, aprendogli la strada verso una vera e propria seconda carriera: nel turno preliminare contro lo Slovan Liberec, Abbiati si infortuna e Dida subentra. Da quel momento, diventa il portiere titolare del Milan, andando ad incrementare sempre più il suo livello, nonché la qualità delle sue parate. Alcune scrivono la storia.
Salta la gara di ritorno della semifinale di Champions League contro l'Inter, dove Abbiati non lo fa rimpiangere, effettuando un super intervento nel finale su Kallon.
Riesce a recuperare per la finale contro la Juventus. Quella sera avviene la vera e propria consacrazione, nella sfida per eccellenza a distanza con Buffon. Ai calci di rigore, il portiere rossonero ne para 3, "SuperGigi" si ferma a 2. Il Milan è campione d'Europa e Dida è ufficialmente uno dei campioni più apprezzati al mondo, oltre che uomo simbolo del Milan dominante di Ancelotti.
Da quel momento, la sua storia trionfale con il Milan dura fino al 2010, quando farà ritorno in patria destinazione Portuguesa.
In quei magici anni, Dida ha collezionato 1 Scudetto, 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana, 2 Champions League, 2 Supercoppe Europee e 1 Mondiale per Club.
Dida rappresenta quel sognatore che non si è mai arreso, come asseriva Jim Morrison. Un portiere in grado di passare da momenti di assoluto gaudio, a drammatici(calcisticamente parlando, ndr) scivoloni tecnici e non.
Non ci si dimentica quella magica parata contro l'Ajax in Champions League, nella stagione 2003/04, così come quelle in Chievo-Milan nel 2004/05 o quella all'Old Trafford nel 2006/07.
Ne cito solo alcune, ci vorrebbero giorni per selezionarle tutte. Al tempo stesso, però, non ci si dimentica di errori grossolani, come contro il Deportivo La Coruña o contro la Schalke 04, oppure contro il Real Madrid nel suo ultimo anno di carriera in rossonero. Non ci si dimentica neppure di quella caduta di stile contro il Celtic, nella stagione 2007/08. Peggiore di ogni papera...
Qualcuno ha dato colpa a quel petardo, lanciatogli codardamente dagli ultras dell’Inter durante il quarto di finale di Champions della stagione 2004/05. È difficile dare una motivazione precisa.
Dida è stato esattamente questo: un uomo normale, un proletario del calcio, un lavoratore che silenziosamente ha seguito le sue ambizioni. Si è seduto nei tavoli più prestigiosi del calcio mondiale, vincendo le sfide più gloriose e difficili della storia del Milan. Non si è mai fatto scoraggiare dalle critiche, quelle provenienti dai sui stessi tifosi in primis; Dida ha lottato e combattuto, toccando l'apice della perfezione del ruolo del portiere.
Dida è stato un lampo scintillante, fragoroso ed indimenticabile per gli amanti di questo sport. Un felino del calcio, come suggerisce il soprannome datogli da Carlo Pellegatti: "Baghera la Pantera". Quanto ci ha fatto gioire questo ragazzo. Quanto ci ha fatto arrabbiare, quante emozioni ci ha portato. Quanto ci ha fatto vivere Nelson de Jesus Silva, noto come DIDA.
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