di Massimo Volpato
Quando ripenso alla mia adolescenza non posso pensare a quei magnifici anni di fine ottanta, quando il Milan inizia a risollevarsi dalle sue ceneri, e mi ritornano in mente giocatori meravigliosi, giocatori dalla tecnica incredibile e dalla forte componente umana. Mi vengono in mente gli olandesi, la magnifica difesa composta da quel meraviglioso scioglilingua che recitava Tassotti, Maldini, Costacurta, Baresi. Centrocampisti come Donadoni, Ancelotti. Insomma una squadra che ai giorni nostri sarebbe improponibile.
Di tutti i calciatori di quel Milan, quello definito degli immortali c’era un attaccante che meno di tutti ha meritato il numero di panchine che gli sono toccate, perché anche lui è uno dei migliori attaccanti rossoneri, io l’ho sempre definito l’altro Marco perché il primo Marco era ovviamente Van Basten, l’altro Marco è semplicemente: Marco Simone.
Figlio di un parrucchiere neroazzurro di Castellanza ma frequenta San Siro con gli zii tifosissimi del Milan e così Marco diventa rossonero nella fede e ha iniziato a sognare d’indossare quella maglia rossonera. E anni dopo quel sogno coltivato nei freddi gradoni di San Siro diventa realtà.
Ha giocato con il Milan di Sacchi, con gli invincibili di Capello e ha sempre ascoltato il suo istinto senza fare calcoli. Maldini è stato il suo punto di riferimento, Van Basten un idolo soprattutto nella sofferenza del suo infortunio e Weah il fratellone.
Marco è un attaccante dalla tecnica eccellente, veloce nei movimenti, dotato di un grande senso del gol, ha sempre dato il meglio giocando da seconda punta, ma si è fatto rispettare anche quando è stato schierato da attaccante centrale. Un attaccante molto moderno con un’arte sfuggente e un istinto che a parole è difficile spiegare ma semplicemente aveva un incredibile fiuto del gol, perché a lui i gol gli riescono facili, anche per via della sua incredibile coordinazione e facilità nel calciare. Bastava lanciare la palla lui sgusciava oltre i difensori e magicamente riusciva a coordinare il corpo per calciare la palla e da li si sentiva solo il rumore della palla che s’insaccava. Una delle sue caratteristiche principali è sempre stata quella di farsi trovare pronto, sia quando veniva schierato nell’undici titolare sia quando veniva buttato dentro a partita in corso. Nell’estate 1989 il Milan è reduce dalla conquista della sua terza Coppa dei Campioni e nonostante la presenza di Van Basten e Gullit, il ritorno da Roma di Massaro e l’acquisto del compianto Borgonovo, Arrigo Sacchi non ci pensa due volte quando la società gli comunica che c’è la possibilità di acquistare il giovane talento dal Como. I guai fisici di Gullit, gli hanno permesso di avere il giusto spazio da subito, stagione impreziosita dalla splendida rete segnata nella gara di ritorno dei quarti di finale contro i belgi del Malines che sanciva la definitiva qualificazione al termine di una storica battaglia finita ai tempi supplementari: al 116’ scartò tutta la difesa belga e trafisse il fortissimo Preud’homme scatenando il delirio di San Siro, e lanciando il Milan verso la conquista dell’ennesimo alloro continentale, il secondo consecutivo. Il secondo anno in rossonero per l'attaccante di Castellanza, è l’ultimo di Sacchi sulla panchina rossonera, e purtroppo vede il campo meno rispetto alla stagione precedente, ma nonostante questo riesce a segnare 6 reti in 14 presenze.
Sacchi va ad allenare la Nazionale e sulla panchina rossonera si siede Fabio Capello, con l’avvento del tecnico goriziano Marco si trova ad essere utilizzato di meno, penalizzato dalla sorprendente e straordinaria prolificità nel suo ruolo di Provvidenza Massaro.
Nonostante ciò, il contributo di Simone alla causa del Diavolo non manca, partecipa da protagonista alla conquista dei tre scudetti consecutivi degli invincibili, con un gol spettacolare e decisivo nell’1-0 nello scontro diretto di Torino contro la Juventus nella stagione 1992/93), di un’altra Coppa dei Campioni (1994) e di una Supercoppa Italiana vinta a Washington contro il Torino grazie ad un suo gol (1993).
Nonostante l’impiego con il conta gocce, Capello ha una grande stima di Marco Simone, infatti viene schierato molto di più in Coppa Campioni che in campionato ma d’altronde la Coppa è da sempre considerata la competizione principe dalla società rossonera.
La bravura di Simone viene anche testimoniata dal fatto che nessun tifoso del Milan dell’epoca ha mai considerato il ragazzo di Castellanza come un rincalzo; di lui ci si fida come un titolare e credo che questo sia il più bel regalo che i tifosi gli hanno fatto: la fiducia.
La stagione della definitiva consacrazione è quella 1994/95, quando la mancanza di un attaccante centrale spingerà Capello a schierarlo al centro dell’attacco.
Simone comincia a far vedere delle ottime cose, e nessuno gli toglie più la maglia da titolare: 45 le presenze totali, ma soprattutto sono 21 i gol messi a segno dal Peter Pan rossonero, di cui 17 in campionato.
Purtroppo la stagione si conclude con la grande delusione di Vienna contro l’Ajax, la partita dove sfoggia per la prima volta le famose scarpette bianche, e Marco riuscirà solo a sfiorare la conquista della Coppa dei Campioni nella stagione in cui sarebbe stata più sua.
E’ la fine del suo percorso, nessuno mette più in discussione il ruolo di titolare di Simone, e finalmente gli viene messo affianco una punta di peso, il liberiano George Weah, che diventa il suo migliore amico tanto da ospitarlo a casa sua nei primi tempi del giocatore liberiano in rossonero.
E così nasce una delle coppie più affiatate ed efficaci dell’era Capello, favorita dalla complementarietà delle caratteristiche dei due giocatori e dalla grande amicizia che si creò tra i due nella vita fuori dal campo.
La coppia Simone-Weah spinge il Milan alla conquista del 15mo scudetto della sua storia, anche se l’atmosfera paradisiaca viene rovinata dall’6addio a fine stagione del pluri-scudettato Capello.
Il nuovo tecnico Washington Tabarez si affida alla collaudata coppia di attaccanti, ma nonostante i due si confermino su ottimi livelli (26 gol in due), la stagione milanista sarà un disastro con l’esonero del tecnico uruguagio e il ritorno dalla nazionale di Arrigo Sacchi, alla fine un grave errore. La stagione si chiude con un anonimo 11° posto in campionato ed eliminazione nel primo gironcino della Champions per mano del Rosenborg che vince una partita sfiagurata a San Siro.
Si chiude così, un po’ a sorpresa, l’avventura di dell’altro Marco con la maglia del Milan, 251 presenze e 75 gol e con un palmares ricchissimo che recita 4 scudetti, 2 Champions, 2 Coppe Intercontinentali, 3 Supercoppe Europee e 3 Italiane.
Per 10 miliardi di lire se ne va al Paris Saint Germain in Francia, risultando uno dei primi calciatori italiani in piena attività, a soli 28 anni a trasferirsi all’estero.
L’avventura francese durerà in totale cinque stagioni e mezza, anche se quelle da protagonista saranno le prime quattro, due al PSG (vittoria della Coppa di Francia e della Coppa di Lega) e due al Monaco (vittoria dello scudetto francese nel 1999/2000 con ben 21 reti messe a segno).
Per ben due volte sarà nominato “miglior calciatore straniero” della Ligue 1 (in totale saranno 40 i gol segnati).
Nel 2001/2002 il Milan lo richiama per rinfoltire la rosa degli attaccanti, ma la nuova parentesi non è altro che una passerella di addio alla maglia rossonera che ha tanto desiderato ed amato. In quello scorcio di stagione sono 15 le presenze complessive con un solo gol, segnato nel suo stadio che permette al suo Milan di eliminare la Lazio nei quarti di finale di Coppa Italia. Finita la “campagna francese” nel 2004 (pochi mesi col Nizza), Marco Simone torna in Italia e gioca in C2 con la squadra dove aveva mosso i primi passi da calciatore, il Legnano. Oltre a giocarci, Simone acquista la società insieme al fratello, ed una volta smesso di giocare (nel 2006) da dirigente riporta la squadra lombarda in C1 dopo un’attesa infinita, mettendo a segno uno dei suoi gol più belli anche da dietro ad una scrivania. Otto stagioni in rossonero con un palmares invidiabile e tanto amore da parte dei tifosi rossoneri.
“Se c’è Marco Simone è Gol “
A conclusione di questo ritratto permettetemi una dedica speciale agli amici della chat Ac Milan1899, con cui condividiamo molte cose anche extra Milan. è nata una bella amicizia, che in un momento di difficoltà e di mancanza di stimoli mi hanno spronato a scrivere ancora. Non li nomino tutti perchè rischierei di dimenticarne qualcuno ma voglio dedicare il ritratto di Marco Simone a loro. Grazie a tutti Voi.
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