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Fosforo al servizio del Diavolo

  • Immagine del redattore: Massimo Volpato
    Massimo Volpato
  • 16 feb 2021
  • Tempo di lettura: 5 min

di Massimo Volpato



Estate 1961, l’allora presidente rossonero vuole fare le cose in grande, decide di regalare al nuovo tecnico del Milan, Nereo Rocco, il centravanti più forte che c’è in quel momento: Jimmy Greaves.

Il cannoniere inglese viene acquistato dal Chelsea con delle credenziali incredibili: 157 presenze 124 gol. Numeri che vengono confermati anche in Italia, per quel poco che gioca con i nostri colori, mette assieme 13 presenze e 9 reti. Ma qualcosa non va, il ragazzo inglese fuori dal campo è un autentico disastro, si allena poco, non fa vita da atleta, beve e racconta un sacco di bugie al Paron.

Il tecnico friulano e Gipo Viani (d.t. del Milan n.d.r.) sono al limite della sopportazione, anche perché nonostante i gol di Greaves la squadra è molto discontinua e in undici partite ha già accumulato 5 punti di ritardo dai cugini dell’Inter.

Ci vuole una svolta totale, Rocco convince il presidente Rizzoli a vendere il centravanti inglese che viene spedito al Tottenham ed il Milan lo sostituisce con un centrocampista brasiliano di 29 anni: Dino Sani.





Il Milan acquista il giocatore brasiliano dal Boca Juniors, che accetta la corte rossonera pensando che il centrocampista carioca sia nella fase terminale della sua carriera. Un calciatore con esperienza, perché può fregiarsi del titolo di Campione del Mondo conquistato col Brasile nei Mondiali svedesi del ’58, dove ha giocato da titolare le prime due partite dei brasiliani, venendo sostituito poi da Zito.


“e questo sarebbe un calciatore? Gavemo comprà un impiegà del catasto. Gipo nostro ga fatto rimpatriar el nonno” (N. Rocco)



Quando Sani arriva al Milan, non ha proprio l’aspetto dell’atleta: è magro, non molto alto, senza capelli e con i baffetti stile Clark Gable. Sembra un bancario, non corre ma cammina, in campo sembra che non voglia battersi. Ma dopo pochi allenamenti il mister triestino capisce di avere per le mani l’uomo giusto per rimettere in sesto il suo Milan. Sani vede il rettangolo di gioco come un continuo problema di geometria, piazzato davanti alla difesa è il giocatore perfetto per il modulo di Rocco.

Ha una tecnica sopraffina, sa usare entrambi i piedi, ma, soprattutto, ha un senso della posizione eccezionale. Ha una velocità di pensiero che gli permette di sapere cosa fare prima ancora di ricevere il pallone: la difesa recupera la palla, la serve a Sani che “fa correre” la palla lanciando con precisione millimetrica gli attaccanti in profondità. Un regista perfetto, che ha il dono di integrarsi alla perfezione con l’altro “genio” in maglia rossonera: Gianni Rivera. E’ la svolta, Rocco libera Rivera da compiti difensivi e fa emergere il suo immenso talento.



“Quel giorno pioveva a dirotto, faceva freddo: il buon vecchio Dino ha preso il suo posto a centrocampo e il Milan ha clamorosamente infilato la Juventus” (G.Brera)


Dopo pochi giorni dal suo arrivo, da professionista serio, esordisce il 12 novembre 1961 contro la Juventus campione in carica, il Milan vince per 5-1 con quattro gol di Altafini e uno di Rivera. Dietro a fare la regia il brasiliano, davanti a rifinire per gli altri e ad attaccare il giovane alessandrino. Nasce così un asse perfetto, ed il Milan discontinuo delle prime undici partite di campionato diventa uno schiacciasassi: quarto alla fine del girone d’andata alle spalle di Inter, Bologna e Fiorentina, nel ritorno i rossoneri conquistano 31 punti su 34 e vincono l’ottavo scudetto della sua storia. I tifosi ci hanno messo pochissimo a rendersi conto che il Milan aveva fatto un grande acquisto, e così “Cervello Sani” diventa un autentico idolo del popolo milanista.


Ma il bello avviene la stagione seguente, con una bellissima cavalcata, il Milan è la prima squadra italiana a conquistare la Coppa dei Campioni. E’ il 22 Maggio del 1963 il Milan di Nereo Rocco ha appena conquistato la sua prima coppa campioni battendo il Benfica, della perla del Mozambico Eusebio per 2-1 grazie ad una doppietta di Altafini. Dopo un inizio difficile dove il Milan va sotto di una rete, la squadra sembra immobilizzata compreso Sani, sono tutti con lo sguardo basso. Poi succede quella piccola cosa che cambia la partita, Pivatelli tocca duro Coluna e di fatto lo esclude dalla partita, i portoghesi orfani del loro centrocampista attaccano alla cieca e qui emerge il talento del giocatore brasiliano. Dino recupera la palla, la allunga subito a Rivera che in diagonale apre, trovando sullo scatto Altafini. Due volte di seguito e due gol, è l’apoteosi rossonera.




Il Capitano Cesare Maldini, in maglia bianca, felice alza la coppa nel cielo di Wembley; gli è accanto il ventenne Gianni Rivera, che ha appena donato la maglia ad Eusebio, avvolto nel suo impermeabile. Mentre a sinistra, anche lui con un soprabito c’è Dino Sani. Personalmente quando ero piccolo questa foto, a me ha sempre affascinato e chiedevo sempre a mio padre perché i giocatori fossero con il soprabito. Purtroppo non sapeva darmi una risposta, ma con il tempo riguardando la foto assieme sono riuscito a rispondergli io: avevano semplicemente scambiato la maglia con gli avversari. Tutto questo per amore del rosso e nero.




La stagione seguente nasce sotto una cattiva stella ed è caratterizzata da una serie di cambiamenti che stravolge il clima in casa rossonera: cambia il presidente (Felice Riva subentra a Rizzoli) e cambia l’allenatore (l’argentino Carniglia al posto di Rocco). Il Milan perde la Coppa Intercontinentale (contro il Santos di Pelè ed in campionato arriva terzo, viene eliminato in Coppa Campioni ed in Coppa Italia ai quarti. La stagione si trasforma nella fiera delle occasioni perse, ed in questo clima non sereno, Dino Sani dice basta: afflitto da problemi alla schiena, decide di porre fine alla sua avventura italiana e torna in Brasile. Sono state sufficienti tre stagioni per farlo entrare nel cuore del tifo milanista e per farne l’erede del grande Gunnar Gren. Ad accrescere la stima nei suoi confronti aveva contribuito anche il suo carattere ed il suo modo di fare da vero signore e gentiluomo. Nella sua carriera, non fece mai uno sgarbo a nessuno, perché per lui l’onore e la lealtà erano dei valori da cui non si poteva prescindere. Sani rifiuta l’invito di far parte della nazionale italiana degli “oriundi” nel 1962, perché non avrebbe potuto mai giocare contro il suo Brasile. Certo è che Dino Sani verrà ricordato per sempre per la sua classe cristallina e per la tecnica straordinaria con cui guidava le squadre in cui militò.


“La palla era trattata così bene da Dino Sani, che i sostenitori ed i tecnici dei club in cui andò a giocare si preoccupavano molto quando questa lasciava i suoi piedi e si dirigeva verso i compagni che non avevano con la sfera la sua stessa confidenza. Il passaggio era perfetto, ma quasi mai chi lo riceveva la trattava

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