Gipo lo Sceriffo
- Massimo Volpato
- 2 nov 2021
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Di Massimo Volpato

Non tutti lo conoscono perché bisogna andare molto indietro nel tempo, il personaggio di questa settimana è Giuseppe Ferruccio Viani, detto “Gipo”. Per quasi dieci stagioni alla corte del Diavolo, ha ricoperto tutti i ruoli, eccetto quello del giocatore che, ironia della sorte, ha giocato la maggior parte della sua carriera con la maglia dei cugini dell’Ambrosiana.
Gipo è stato prima allenatore, è lui in panchina nella prima finale di coppa campioni persa per 3-2 contro il Real Madrid, direttore tecnico con il Paron Rocco allenatore e uomo di raccordo tra la squadra e la presidenza, organizzatore di tutta la struttura societaria: la sua capacità di sapersi adattare lo ha reso uno dei più straordinari personaggi del calcio di tutti i tempi. Ma a renderlo veramente celebre è stato anche il fatto di aver dato vita con il Paron Nereo Rocco ad una accoppiata straordinaria, un rapporto di amore-odio che ha fornito alla letteratura pallonara un numero infinito di aneddoti straordinari, tutti conditi in dialetto trevigiano-triestino. E si la mia amata Treviso ha dato i natali a Viani, il nordest italiano si conferma una vera fucina di personaggi a tinte rossonere, Giuseppe “Gipo” Viani da giocatore è un ottimo mediano che comincia a tirare i primi calci nelle squadre della sua terra, Nervesa della Battaglia paesino sui colli trevigiani per la precisione, prima di essere acquistato dall’Ambrosiana Inter nel 1928. Con i nerazzurri milanesi trascorre 7 stagioni, vincendo, al fianco di Meazza, l’unico scudetto della sua carriera da calciatore nel 1930. Dopo quella nerazzurra, veste per 4 stagioni la maglia della Lazio, e dopo a parentesi romana quella del Livorno e della Juventus. Inizia la sua carriera da Mister alla guida della Salernitana in serie B, e nella città campana Viani comincia a costruire la sua leggenda. Per rimediare alle carenze difensive dei granata, decide di dare vita ad un nuovo modulo che passerà alla storia con il nome di “catenaccio”. Il centravanti Piccinini (il padre del telecronista Mediaset Sandro) venne retrocesso davanti alla difesa, mentre tale Buzzegoli venne spostato nella posizione di libero. Privata della punta centrale, la Salernitana basò tutto il suo gioco d’attacco sulle ali, un vero inedito che sorprese tutti gli avversari e che permise ai campani di volare in serie A.
Nello stesso anno Nereo Rocco fa uso del libero nel suo Padova, i due iniziarono la loro lunga serie di battibecchi per rivendicare la primogenitura del modulo. Ormai la carriera da allenatore dello sceriffo Gipo è lanciata, e dopo aver allenato il Benevento, la Lucchese, il Palermo, la Roma ed il Bologna, nel 1956 si guadagna la panchina del Milan: inizia così una avventura straordinaria.

Il presidente Rizzoli gli affida un’ottima squadra, e Viani non delude. Aiutato dai gol di Gastone Bean, sono 17 a fine stagione, il tecnico trevigiano al primo colpo centra la conquista del titolo italiano con 6 punti di vantaggio sulla Fiorentina. Nella stagione successiva quella del 1957/58, il Milan di Schiaffino, Cesare Maldini, Liedholm sfiora un’impresa clamorosa: nonostante un campionato disastroso finito al nono posto con quasi venti punti di distanza dalla Juventus, i rossoneri conquistano la prima finale di Coppa Campioni della loro storia, perdendo immeritatamente contro il grande Real Madrid soltanto ai tempi supplementari per 3-2 dopo che i rossoneri sono andati in vantaggio per due volte. In quella cavalcata europea, i rossoneri eliminano il Rapid Vienna, i Rangers di Glasgow, il Borussia Dortmund e in semifinale il Manchester United.

Le sue grandi capacità “gestionali” spingono il presidente Rizzoli ad affidargli il compito di Direttore Tecnico; in pratica a Gipo Viani viene affidata la supervisione tecnica della squadra, ma nello stesso tempo deve occuparsi anche di fare il mercato e di gestire i rapporti tra società e calciatori. In altre parole diventa il primo esempio di manager a tutto tondo del calcio italiano. Nello svolgimento di questo delicato ruolo viene aiutato dal suo carattere forte, tanto da meritarsi l’appellativo di “sceriffo”. L’allora presidente Rizzoli, l’idea di spostare Viani verso un ruolo più dirigenziale che tecnico l’ha avuta vedendo le capacità del buon Viani di gestire e lanciare alla guida della Nazionale Olimpica (4° posto a Roma ’60) una serie di giovani calciatori rossoneri (Trapattoni, Pelagalli, Salvadore e Trebbi).
A quella spedizione Olimpica ha partecipato anche il diciassettenne alessandrino Gianni Rivera, un talento che il Milan ha già acquistato la stagione precedente dall’Alessandria soffiandolo ai cugini dell’Inter grazie anche all’intervento dell’allora assistente allenatore della squadra piemontese Pedroni ex rossonero. La storia di Rivera al Milan rappresenta una delle più grandi vittorie di Gipo Viani col Milan.

Nereo Rocco (chiamato al Milan proprio da Viani) non sembra molto convinto di far giocare titolare quel “bambin rachitico”, ma dovette scontrarsi col durissimo muso di Viani che gli impose di tenere Rivera: “ Finchè sarò al Milan io, Rivera giocherà qui. Lui sarà il nuovo Schiaffino”. Come andò a finire lo sappiamo tutti, e lo stesso Paron ammise che Viani stavolta c’aveva visto giusto. Sotto la sapiente “regia” dello sceriffo, nasce e si afferma il primo grande ciclo del Milan di Rocco, culminato nella conquista dello scudetto della stagione 1961/62 anche se la stagione inizia con molta fatica e la scelta da parte del dirigente trevigiano di prendere Sani al posto del poco affidabile Greaves risulterà decisiva e da la spinta decisiva per la conquista dello scudetto ma soprattutto la stagione 1962/63èn quella della prima Coppa dei Campioni rossonera a Wembley contro il Benfica. Dopo la conquista del trofeo continentale il presidente Rizzoli lascia il Milan; lascia anche Rocco che si accasa a Torino sponda granata, e comincia a venire meno la magia di quegli anni. Nella stagione 1963/64 comincia a prendere forma il “caso Altafini”, e Viani non si fa condizionare da tutto quello che Altafini ha rappresentato per il Milan.

Josè (ribattezzato proprio da Viani “il coniglio”) finisce fuori rosa e si rifiuta di tornare in Italia in quanto non riesce a concordare col Direttore il rinnovo del suo contratto. Nonostante l’assenza del brasiliano, Viani riesce ad allestire col nuovo allenatore Liedholm un Milan eccezionale, che dopo 20 partite di campionato ha 7 punti di vantaggio sull’Inter. Dopo molte insistenze del presidente Riva, Altafini torna in Italia e rientra in squadra, ma proprio quell’episodio rovina tutto, portando il Milan a perdere uno scudetto che sembrava già conquistato. Anche stavolta Viani ha dimostrato che ha ragione lui, ma ormai il danno è fatto. Forse anche per questa vicenda, alla fine di quella stagione Gipo Viani decide di lasciare il Milan. Dopo 9 stagioni e quasi 400 partite tra allenatore e Direttore Tecnico finisce la grande era milanista di Gipo Viani. Un rapporto ricco di storie e di grandi successi che gli conferiscono di diritto un posto privilegiato nella storia del club di via Turati. Tanti ruoli ma un denominatore comune: arrivò sempre prima degli altri!
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