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Immagine del redattoreMassimo Volpato

Intervista a William Anquiletti, figlio di Angelo indimenticabile terzino del Milan di Rocco.

Di Massimo Volpato



In questi giorni ho chiesto a mio papà ti ricordi di Angelo Anquiletti? Risposta di mio papà: “Assolutamente si, grandissimo terzino del Milan di Rocco, assieme a Rosato due grandi difensori, che hanno fatto la storia del Milan.”

Ecco questa settimana invece di fare un ritratto ho il piacere e l’onore d’intervistare William il figlio di Angelo Anquiletti indimenticato terzino del Milan di Rocco campione d’Europa e del Mondo fine anni sessanta. È stato un colloquio piacevole perché William è stato molto disponibile e di questo lo ringrazio moltissimo. Qui sotto la nostra chiacchierata.


Ciao William è un onore per me poterti intervistare per e far conoscere il papà sotto un altro punto di vista, innanzitutto come stai?

“Ciao Massimo, grazie per l’opportunità che mi dai di parlare di Papà. Io sto abbastanza bene, un pò destabilizzato dal Lockdown come tutti ma tutto sommato bene”




Che effetto ti fa che ancora tanta gente come mio papà abbiano un ricordo così intenso, oserei direi affettuoso verso tuo padre?

“E’ sempre una emozione e ringrazio tuo papà perché è sempre un piacere sapere che ci sono persone che ricordano papà con molta stima. Ti dirò, era ancora in vita papà e ho creato una pagina e un gruppo Facebook che parla ovviamente di lui e non pensavo che ci fosse così tanta gente che prova affetto, stima verso mio padre e quanti ricordi hanno ancora adesso dopo tanti anni. Ecco questa componente mi ha sempre lasciato stupito e anche papà era sorpreso perché facevano domande o raccontavano di episodi che nemmeno lui si ricordava più. Grande soddisfazione e orgoglio di tutto questo affetto.”


In questo periodo in che rapporto sei con il calcio? Lo segui? E tuo papà come vedeva questo mondo che stava cambiando rispetto a quello più genuino che ha vissuto lui. Cosa ti diceva?

“Lo seguo ma non come prima, perchè non trasmette le stesse emozioni. Papà soffriva nel vedere questo cambiamento, nel non vedere più il suo calcio ma uno sport che lentamente si spostava verso il business. Ho quasi la certezza che non ho mai visto una persona come papà amare il calcio giocato, e fino a che il fisico glielo ha permesso andava a giocare con la passione di un ragazzino. Lui ha sofferto molto vedere la direzione che prendeva il calcio.”





Segui di più l’Atalanta o il Milan?

“Beh ovviamente il Milan ma seguo tutte e tre le squadre dove ha militato papà, guardo con occhio interessato anche l’Atalanta, dove papà ha iniziato la sua carriera e il Monza dove ha chiuso con il calcio giocato. Anche se devo dire che papà era molto legato all’Atalanta come segno di gratitudine anche per come allenano i giovani, a papà questo cosa è sempre piaciuta e lo ha sempre sottolineato”


Entriamo nel Papà calciatore, c’è un giocatore attuale che ti ricorda papà?

“No direi di no, non trovo nessun calciatore che lo possa rappresentare, ci possono essere delle qualità come professionalità e applicazione in qualche giocatore ma nessuno in specifico.”




In quei magnifici anni sessanta, quel Milan ha vinto tantissimo, se non sbaglio 1 scudetto, 4 Coppe Italia, 1 Coppa Campioni, 2 Coppa Coppe e 1 Intercontinentale. C’è una vittoria a cui Angelo era più legato o ricordava di più di altre?

“Papà era legato a tutte le finali giocate, tra l’altro tutte da titolare, soprattutto ci parlava spesso quella della Intercontinentale giocata in Argentina alla Bombonera per tutti i suoi risvolti anche extra calcistici, però ci ha sempre raccontato che la partita più difficile che lui ha affrontato a livello tecnico è stata la doppia sfida di semifinale contro il Manchester United del 1969”



Come mai era legato a quella doppia sfida rispetto ad una finalissima che ha sempre il suo fascino?

“Sai lui raccontava sempre che la vera finale era Milan – Manchester perché gli inglesi dominavano in quegli anni, erano campioni in carica. Raccontava spesso la difficoltà che ebbero nell’affrontare gli inglesi rispetto all’Ajax quindi a lui è rimasta più impressa questa doppia sfida e ne parlava spesso con noi. Il Manchester era una squadra di campioni: Best, Bobby Charlton, Denis Law.”


Ritiri interminabili, trasferte lunghissime, c’è stato un compagno con cui ha legato di più?

“Premetto che papà era molto legato a tutto quel gruppo, però lui ha sempre esaltato i suoi compagni di squadra dal primo all’ultimo. Poi tra questi ha legato molto con Lodetti, Giorgio Biasolo, Pierangelo Belli, Silvano Villa a tutte persone che avevano modo di vedersi frequentemente anche una volta smesso per organizzare partite benefiche. Anche con Cesare Maldini aveva un bellissimo rapporto, mentre con Pierino Prati si vedevano e sentivano abbastanza spesso anche una volta smesso di giocare”



Siete rimasti in contatto con qualcuno di loro?

“Sono in contatto con Davide Rosato, che grazie ai festeggiamenti dei 50 anni della vittoria degli europei ho avuto modo di conoscere personalmente. Diciamo che sono in contatto più con i compagni che con i figli, sento molto spesso Giorgio Biasolo, Silvano Villa, Lino Golin. Mamma è rimasta in contatto con la moglie di Pierangelo Belli, e ogni tanto anche con la moglie del compianto dott. Monti. Anche se non è un compagno di papà a livello di club qualche volta, o semplicemente quando c’è occasione vedo o sento Gianfelice Facchetti, figlio del compianto Giacinto.”


E un avversario che lui stimava molto o che gli era amico?

“Beh più di uno, Riva, Boninsegna, Anastasi dove oltre ad essere avversari c’era un rapporto di amicizia vera avendo condiviso la nazionale. Ma c’è uno che papà mi ha sempre sottolineato quanto fosse ostico anche se erano molto amici e hanno fatto i commentatori assieme: Omar Sivori. Anche se lui rispettava tutti, però Sivori diceva era particolarmente difficile d’affrontare.”




Dicevo prima, ritiri interminabili, trasferte lunghissime ma anni vincenti e pieni di soddisfazioni. Raccontaci il papà come viveva queste emozioni dentro casa.

“Io ero piccino e nonostante la mia ottima memoria faccio fatica a ricordare. Papà è sempre stato molto equilibrato dentro casa e lui sottolineava sempre questo è il mio lavoro, io ed i miei compagni ci prepariamo quotidianamente a Milanello per raggiungere questi successi. Certo dentro lui era al settimo cielo anche se esternava poco, ma l’enfasi con cui raccontava le partite o vari episodi percepivi la sua emozione e la vedevi soprattutto nei suoi occhi.”


William, ti faccio la stessa domanda che ho fatto a Davide Rosato, com’era vivere con un papà così importante e famoso?

“Grande orgoglio, ma questo te ne rendi conto dopo. Al momento nasci e vivi quel mondo e fai fatica a capire. Però se posso dirti essere figlio di un calciatore che ha ottenuto molti successi e fosse un lavoro sarebbe il più difficile al mondo. Per via della competizione che si instaura tra padre e figlio e sono pochi i figli che sono riusciti ad equiparare o a superare i successi paterni. Al momento me ne vengono in mente due: uno ovviamente Paolo Maldini e l’altro Jacques Villeneuve per spaziare in altri ambiti. Per quanto mi riguarda questa cosa è abbastanza ingombrante.”


23 maggio 1969 penso che sia una data storica sia per la storia del Milan ed immagino anche per Papà, quella sera diventavano campioni d’Europa annichilendo l’Ajax di Cruijff. Papà ti ha mai raccontato qual era il segreto di quel gruppo?

“Si Spesso, lui sosteneva che in campo erano tutti amici, nessuno era mai solo e tutti si aiutavano. C’era proprio una grande unione in campo, poi chiaramente fuori dal rettangolo di gioco c’erano le persone con cui andavi più d’accordo. Però in campo erano una sorta di orchestra dove tutti avevano il loro ruolo”



È vero che quella sera durante la finalissima i difensori dietro, Rosato, Anquiletti, Malatrasi, si scambiarono le marcature contravvenendo alle disposizioni del Paron?

“Mah non mi risulta e comunque lo scambio di marcature poteva avvenire spesso durante la partita, anche se non so quanto conveniva ai giocatori a non seguire Rocco.”


Ci racconti un aneddoto tra Papà Angelo e rocco?

“Ne ricordo uno in particolare che mamma racconta spesso: Bar di Milanello, reti di palloni nuove e mamma chiede a papà se può prendere un pallone. Mio padre gli dice prova a chiedere a Primo, che era il barista di Milanello all’epoca, e Primo rispose, guardi signora deve chiedere al signor Rocco. In quel momento arriva Nereo e mia mamma si avvicina un po’ titubante chiedendo Signor Rocco me lo regalerebbe un pallone? E Rocco in triestino gli rispose “par ela do, perché par el mona de xo mario manco mezzo”. Praticamente a mia mamma due, a mio padre che era presente nemmeno mezzo. Un siparietto che ci fa sempre ridere anche a distanza di moltissimi anni”



Anquiletti, Malatrasi, Rosato, Schnellinger una difesa molto forte, ed un ritornello molto famoso, come con quello che sono cresciuto io Tassotti, Maldini, Costacurta, Baresi. Papà cosa pensava di loro, dei difensori del Milan di Sacchi. Faceva mai paragoni con loro?

“No paragoni non ne ha mai fatti ma ha semrpe riconosciuto i valori dei quei quattro giocatori. Ha sempre espresso un ottimo giudizio su di loroi. Ecco posso dire che preferiva più il gioco di Capello rispetto a quello di Sacchi, forse perché più conservativo.”



Papà ha fatto parte del gruppo che nel 68 vince il campionato europeo per nazioni, anche se di fatto non giocò mai. A papà gli è dispiaciuto non poter avere una carriera in azzurro pari a quella in rossonero?

“Qui il discorso è un po’ lungo, papà ha partecipato all’europeo del 68, felicissimo di fare parte di quel gruppo ma quella vittoria non l’ha mai sentita proprio sua anche se fu una bellissima esperienza. Diciamo che il suo più grande rammarico è stato quello di non poter andare in Messico al mondiale del 1970 perché lui era tra i convocati, infatti l’anno prima fece il premondiale purtroppo ebbe un gravissimo infortunio contro la Juventus in uno scontro fortuito con Menichelli che gli pregiudicò la partecipazione perché non riesci a recuperare. Anzì non si sapeva nemmeno se poteva continuare a giocare. Il dottor Monti si meravigliò che papà torno a giocare ad alti livelli. Anche se lui ha sempre detto che dopo quell’infortunio perse in velocità.”


Quale qualità umana pensi di aver preso, o quale pregio pensi di aver ereditato da papà?

“Papà era molto schietto e sempre se stesso. Ci ha fatto crescere guardando sempre all’onestà e la cura verso il prossimo. Ecco penso di aver ereditato questo da papà.”


Sono oramai 6 anni e mezzo che Angelo non è più con voi. Quanto ti manca Papà?

“Faccio una premessa io e papà siamo sempre stati cane e gatto eravamo sempre in contrapposizione. Ma detto ciò non c’è giorno che io non pensi a Papà, manca molto anche se lui era poco incline nel vedere che la vita stava cambiando. Ma la sua mancanza si sente sempre e anche tutt’ora manca.”


Siamo giunti alla fine fine di questa nostra chiaccherata e devo ringraziare William che ha avuto la pazienza di passare una serata con me al telefono a rispondere alle domande sul suo papà. Un uomo che qualche volta può passare sotto traccia ma invece ha scritto pagine importanti della storia rossonera. Grazie ancora William per la tua disponibilità.

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