LA VITTORIA DI UNA FILOSOFIA
- Massimo Volpato
- 25 mag 2021
- Tempo di lettura: 4 min
di Massimo Volpato

24 maggio 1989 è una data che per i tifosi rossoneri vuol dire molto, l’inizio di un’era.
Quel giorno è ricordato come quello dell’invasione di Barcellona, un esodo senza precedenti: 36 voli charter, 2 treni, 10000 automobili, 600 autobus e perfino una nave. Perché nessuno voleva perdere l’appuntamento con la storia.
“Quando uscimmo dal tunnel rimanemmo senza fiato, sembrava di essere a San Siro” raccontano i giocatori quando escono dagli spogliatoi per iniziare il riscaldamento. Quella notte segna il trionfo del Milan di Sacchi, che conquista la prima delle sue due Coppe Campioni.
Il Milan sente la pressione dell’ambiente, ma non teme lo Steaua Bucarest, nonostante tre anni prima i rumeni hanno vinto la Coppa Campioni ai rigori proprio contro il Barcellona e nel 1988 sono eliminati in semifinale, a quella finale arrivano fregiandosi del quinto titolo nazionale consecutivo e con una imbattibilità che dura da tre anni.
Bruno Pizzul in telecronaca la descrive così “Tatticamente molto evoluta, che vanta nelle sue file alcuni elementi di classe, come Hagi, il Maradona dei Carpazi, ma anche Lacatus e Piturca”.
Il noto giornalista Gianni Brera consiglia ai rossoneri di attendere i palleggiatori avversari e di colpirli in contropiede. Sacchi e i suoi ragazzi hanno un altro piano di partita
“Mister, domani li attacchiamo dal primo minuto e fin tanto che abbiamo energia” (R. Gullit)

I rossoneri scendono in campo con la formazione che tutti i quarantenni e oltre come me conoscono a memoria: Galli, Tassotti, Maldini, Colombo, Costacurta, Baresi, Donadoni, Rijkaard, Van Basten, Gullit, Ancelotti. E per la squadra rumena non c’è scampo, un dominio mai visto in una finale di Coppa, con Gullit e Van Basten segnare entrambi una doppietta, 4-0 nettissimo. La Coppa dopo vent’anni ritorna a Milano e France Football titola la prima pagina così il giorno dopo “Dopo aver visto questo Milan il calcio non potrà più essere come prima.”

Ma dentro quella vittoria c’è dell’altro, c’è molto di più, perché la vittoria contro lo Steaua rappresenta il calcio nuovo, diverso, qualcosa di mai visto prima in Europa, è il pensiero calcistico di Arrigo Sacchi, che prima in Italia e poi all’estero presenta una squadra che segna un’era, tanto da essere riconosciuta come la squadra più forte di ogni epoca.
Come dice Sacchi “Il pressing non si basa sulla corsa o sul lavoro duro. Si basa sul controllo dello spazio.”
Il suo calcio innovativo è fatto di pressing, corsa, movimenti senza palla, fuorigioco e soprattutto un calcio eseguito da grandi interpreti come Baresi, Maldini, Ancelotti, il trio olandese e tanti altri.
Quella magnifica ed indimenticabile serata, fatta di soli colori rossoneri rischia di non esserci, perché circa sei mesi prima il Milan è stato ad un passo dall’eliminazione. A Belgrado si gioca il ritorno degli ottavi di finale contro la Stella Rossa, che è stata capace di strappare un pareggio per 1-1 a San Siro. Anche al ritorno il Milan va sotto, gol di Savicevic (segno del destino) ma sullo stadio jugoslavo scende una nebbia fittissima che salva la squadra di Sacchi. La partita viene sospesa e rigiocata alle 14.00 il giorno dopo, finisce ancora 1-1 e il Milan vince ai rigori. Un clamoroso esempio di slinding doors, perché da quella partita il cammino rossonero in coppa prende tutta un’altra piega.
In semifinale, dopo aver eliminato i tedeschi del Werder Brema nei quarti di finale, il Milan dall’urna del sorteggio pesca il Real Madrid, ma è annientato per 5-0 nella gara di ritorno a Milano, sicuramente una delle migliori performance mai giocate dal Milan di Sacchi.

La vittoria sotto il cielo della Catalogna fu la naturale conseguenza, massima espressione di un gioco unico che già l’anno precedente aveva portato allo scudetto davanti al Napoli di Maradona. Sacchi diviene maestro di calcio, con la sua squadra che si muove con tempi perfetti, in cui tutti i suoi giocatori sanno cosa fare e come farlo.
Quel Milan ragiona anche quando non è in possesso della palla, in campo si muove e gioca come un corpo unico, con meccanismi offensivi e difensivi provati in allenamento fino allo sfinimento.
Sicuramente è la vittoria della filosofia del tecnico di Fusignano, che la riassume in poche parole: “Volevo che la squadra difendesse aggredendo e non arretrando. Volevo che la squadra fosse padrona del gioco in casa e in trasferta. Era difficile far capire il nuovo modo di giocare, il movimento sincronizzato della squadra senza palla sempre in posizione attiva. Avere una difesa attiva vuol dire che anche quando ha la palla gli avversari tu sei padrone del gioco. Con tale pressione obblighi gli avversari a giocare in velocità, a ritmi ed intensità tali per cui non essendo abituati vanno in difficoltà.”
Anche Carlo Ancelotti, che con il Milan ha vinto qualche Champions, ricorda così quella notte magica: “Ricordo benissimo quel gol di Van Basten, che in avvio di ripresa ci portò sul 4-0, aprendoci di fatto le porte del successo finale”, in una cornice di pubblico che dopo tanti anni ricordano ancora “Fu qualcosa d’incredibile, sugli spalti c’erano quasi centomila tifosi, in un’autentica festa collettiva. Uno spettacolo grandioso, ma soprattutto un grandissimo Milan. Van Basten in quell’azione, fu davvero molto bravo, ma a ben vedere proprio la rete finale fu la conferma evidente della validità e della forza anche sul piano mentale del nostro collettivo.”

Cosa ha lasciato in eredità questa serata ai tifosi, per spiegare bastano le parole di Sacchi per descrivere il significato di quella partita: “Con lo Steaua abbiamo tirato in porta 21 volte. Abbiamo regalato bellezza. Abbiamo giocato meglio e abbiamo vinto. Con merito, imponendo i nostri valori e i nostri concetti.”
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