Di Massimo Volpato
Ci sono giocatori che passano in una società senza lasciare traccia, che deludono le attese e che scivolano via senza che nessuno si ricordi di loro e di esempi di questo genere ne abbiamo molti.
E c’è chi pur giocando per una sola stagione, è riuscito a diventare famoso e non finire nel dimenticatoio.
Questa è la storia di Luther Blissett, capace, nella sua breve esperienza rossonera, di diventare “un autentico simbolo” del tifo rossonero, anche se, purtroppo per lui, alla fine è diventato l’icona di tutto quello che un calciatore non deve fare dentro ad un campo di calcio.
La generazione dei quarantenni e anche più, come me, lo conosce per aver assistito direttamente alle sue “prodezze balistiche” in un rettangolo di gioco, quella dei più giovani per averne sentito parlare e anche perché qualche volta, quando un attaccante sbaglia qualche gol incredibile si è usato l’espressione “questo non lo sbagliava neanche Blissett”.
"Io Blissett me lo vidi arrivare all'improvviso senza sapere che sarebbe arrivato. Avrei voluto tenere Serena, perché l'anno precedente avevamo fatto tanti goal e avendo una squadra che arrivava 20 volte sul fondo mi serviva un giocatore così. Invece Farina non lo volle riscattare dall'Inter e arrivò Blissett". (I. Castagner)
Il colpo di mercato lo esegue l’allora Presidente Giussy Farina nell’estate del 1983, quando, per festeggiare il ritorno in serie A (dopo la seconda esperienza nella serie Cadetta), decide di ingaggiare Luther Blissett come erede dello “squalo” scozzese Joe Jordan. E’ l’epoca dei due stranieri per squadra, ed il Milan decide di affidare ad Ilario Castagner la coppia Gerets-Blissett. Purtroppo per motivi diversi tra loro, queste scelte di mercato si sono rivelate deleterie: Gerets viene rispedito in Belgio dopo poche partite perché accusato di un illecito sportivo che lo vede protagonista nel suo paese, e Blissett si rivela un vero disastro a livello tecnico.
Eppure il suo arrivo a Milanello è accompagnato da autentici squilli di tromba, presentato come un top player e per questo i tifosi ripongono in lui tante attese di rivalsa dopo gli anni difficili di serie B. Luther, giamaicano di nascita ma di nazionalità inglese, gioca in Inghilterra nel Watford, squadra famosa per avere tra i suoi soci il famoso cantante Elton John.
Blissett è un attaccante con un discreto score, perché segna la bellezza di 95 reti in 245 presenze. Però i tifosi abituati ad andare a Vicarage Road, lo stadio del Watford, non lo amano moltissimo, tanto da dargli come soprannome “Miss it“, sbagliato, giocando molto sull'assonanza con il suo cognome. La sua migliore stagione è il 1982/83, nella quale si laurea capocannoniere della premier league con 27 gol in 42 partite. In quella stagione ha il suo apice con la tripletta realizzata contro il non irresistibile Lussemburgo con la maglia dei Tre Leoni.
In quegli anni nel Milan c’è voglia di novità, e fame di ritornare a calcare palcoscenici più prestigiosi dopo aver frequentato i campi di periferia in serie B ed il suo arrivo è accompagnato da dichiarazioni importanti da parte del bomber e anche al quanto inopportune. Alla Gazzetta dello Sport rilascia una intervista in esclusiva e il giorno dopo la rosea gli dedica la prima pagina con una delle sue dichiarazioni: “Milan, senti Blissett : Farò più gol di Platini!”. Purtroppo, per lui e per noi tifosi, le sue parole rimangono solo parole scritte sulla carta.
L'impatto con il calcio italiano, molto più tecnico e tattico di quello inglese dell'epoca, dice ben altro, ovvero di un giocatore che appare fin dal primo mometo un pesce fuor d'acqua con la maglia rossonera sulle spalle. Questo appare evidente già dalle prime gare di agosto di Coppa Italia, in cui il giocatore inglese non riesce mai ad andare a segno. L'inglese gioca in coppia con Damiani o Incocciati, ma stenta a ritrovarsi.
Blissett, si presenta al pubblico di San Siro segnando all’esordio casalingo nel successo per 4-2 contro il Verona. Ma tra quel gol e quello successivo trascorre molto tempo all'incirca più di un mese e mezzo, un po’ troppi per un attaccante che si è presentato con la fama da bomber. Alla fine i suoi gol in rossonero sono solo sei, di cui 5 in campionato, ma soprattutto è elevato il numero di occasioni gol fallite dal calciatore inglese, alcune anche in maniera incomprensibile e aggiungerei comica. Il pubblico lo attende a lungo, cerca d’incoraggiarlo in ogni occasione e perdonandogli anche l’imperdonabile. In fondo Luther fa molta tenerezza.
Ma un bel giorno la pazienza finisce, perché si può sopportare o perdonare quasi tutto, ma un attaccante milanista che nel derby con l’Inter non riesce a segnare da pochi metri quando in porta non c’è più neanche il portiere è difficile da sopportare.
Mi ricordo ancora le immagini di novantesimo minuto, mio immancabile appuntamento domenicale, che immortala Castagner che manda a quel paese in pubblico il giocatore britannico, dopo l’occasione da gol sciupata dall'attaccante inglese.
Oltre a quell’episodio, ci porteremo per sempre nella mente il suo “celebre” gol contro l’Udinese alla quindicesima giornata: per fare gol a tutti i costi, va a sbattere la sua faccia contro il palo nel tentativo di buttarla dentro da due passi rimanendo sdraiato per terra per alcuni minuti. Per non parlare poi di quella volta che riuscì in una gara di Coppa Italia, a tirare un calcio di rigore al secondo anello di San Siro.
"Blissett non si ambientò mai. L'immagine che ho di lui è quella di un giocatore affacciato alla finestra che guardava verso i campi di gioco con area triste. Si sentiva come un uccellino in gabbia, non vedeva l'ora di tornare a casa". (I. Castagner)
A parte gli aneddoti sarcastici la verità è che Blissett, nonostante l’affetto iniziale del pubblico, non è mai riuscito ad ambientarsi, né a Milano né tanto meno a Milanello.
Il carattere, il clima milanese, la difficoltà di comuicare in italiano, fatto sta che per un anno intero, insieme alla moglie Veronica, sembra un pesce fuor d’acqua nella realtà italiana sociale e pallonara.
L’unico momento in cui si desta è alla fine del campionato, quando ormai in odore di essere rimandato in patria, ebbe un moto di orgoglio segnando due reti consecutive nelle ultime tre giornate.
Probabilmente il merito fu del carattere paterno di Italo Galbiati che da qualche settimana ha sostituito Ilario Castagner, cacciato dal presidente Farina perché reo di aver già firmato un contratto per la stagione seguente con l’Inter.
Ma questo sussulto di orgoglio non è sufficiente, e dopo una sola stagione, 39 gare ufficiali termina la sua avventura con la nostra maglia. Il Milan chiude con un deludente 8° posto finale, fuori dalle Coppe europee, e a fine anno il Milan decide di rispedirlo a casa. Giussy Farina per sostituire Blissett continua a rivolgersi al mercato inglese e acquista Mark Hateley, vera icona milanista di quegli anni con il suo celebre gol nel derby. Rete famosa soprattutto per le emozioni di rivalsa o di svolta che ha saputo suscitare in tutti noi tifosi, e ve lo dice uno che quel giorno è allo stadio.
Gli attaccanti che arrivano dopo di lui non lo fanno certo rimpiangere, anche perché è difficile fare peggio, ma tutto sommato gli abbiamo voluto bene.
E pazienza per i tanti goal sbagliati, che facevano disperare non poco i tifosi rossoneri, ma che in fondo lo hanno consegnato alla leggenda rossonera.
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