METRONOMO ROSSONERO
- Massimo Volpato
- 7 set 2021
- Tempo di lettura: 4 min
Di Massimo Volpato

Demetrio Albertini nasce a Besana in Brianza il 23 agosto 1971, è uno dei migliori centrocampisti centrali della storia recente del Milan: piedi alla Dino Sani e tenacia alla Carlo Ancelotti, Demetrio cerca, sempre con molta umiltà, d’imparare i segreti di tutti i campioni con cui gioca nel corso della sua brillante carriera.
Centrocampista centrale o regista, Albertini è dotato di una ottima visione di gioco, il suo lancio è potente e preciso, con un buon tiro dalla distanza. Il ragazzo brianzolo si distingue per una brillante sagacia tattica che lo porta a saper dettare con precisione i tempi di gioco alla squadra e a saper interpretare i diversi scenari tattici nel corso di un match tanto da essere definito “Metronomo”.

Per Albertini la maglia del Milan è stata davvero una seconda pelle, con la quale ha vissuto momenti esaltanti e momenti difficili, senza tuttavia perdere mai l’amore per i colori rossoneri.
Demetrio, fa tutta la trafila nelle giovanili del Milan, e vive dapprima gli anni difficili della presidenza Farina dove le squadre giovanili giocano con la maglia indossata alla rovescia per i tanti cambi di sponsor sulla maglia senza che ci fosse la possibilità di adeguarle allo sponsor nuovo, ed infine approda alla prima squadra nel momento in cui si materializzano i più bei sogni dell’era berlusconiana.
Apprezzato da tutti per la grande educazione dentro e fuori dal campo oltre che per il sorprendente talento tattico, Demetrio prende con sofferenza i complimenti, perchè questi, raramente si trasformano in minuti giocati in campo. Pur di poter esprimere il proprio talento in mezzo ai grandi, dopo aver convinto tutti i tecnici delle giovanili, Albertini “sfida” Berlusconi che gli dice “resta al Milan altrimenti ti perderai”.

E così a 19 anni scende in serie B per prendere in mano le redini del centrocampo del Padova, squadra nella quale la stella di Demetrio non tarda a brillare. Mette assieme 28 presenze e cinque gol nella stagione 1990-91 e sono più che sufficienti per far sì che il Milan, che ha guardato con attenzione ai progressi del brianzolo nella serie cadetta, decida di riprenderselo in vista della nuova stagione.
Arrigo Sacchi ha appena lasciato la panchina del Milan a Fabio Capello, e il pragmatico tecnico friulano impiega pochissimo tempo ad intuire ed a valorizzare le qualità del giovane centrocampista brianzolo. Nel giro di qualche mese Demetrio Albertini è titolare di centrocampo, a fianco di Frankie Rijkaard e soffiando il posto a Carlo Ancelotti, nel Milan della stagione 1991-92 che, senza alcuna sconfitta all’attivo, conquista il dodicesimo scudetto.
Albertini è una splendida realtà del calcio italiano: esordisce in nazionale nel 1991 (a poco più di vent’anni) e prosegue il trionfale cammino nel Milan, conquistando altri due titoli nelle stagioni 1993 e 1994. Demetrio ricorda sempre che la stagione 1993-94, è stata la “più significativa” della sua carriera.

In quella meravigliosa stagione è il Metronomo di centrocampo del Milan degli Invincibili, Demetrio, complice la partenza di Rijkaard, è leader della zona nevralgica del campo: dal 1993 come compagno di reparto ha Marcel Desailly, colosso francese che proviene dall’Olympique Marsiglia, con molta grinta e sostanza da vendere ma dalla tecnica tutt’altro che sopraffina, ma che si sposa con la caratteristiche tecniche del numero quattro rossonero.
Così Albertini è padrone assoluto del centrocampo milanista: dai suoi piedi nascono tutte le azioni di quel Milan molto concreto che conquista un favoloso double: il terzo titolo italiano consecutivo ( il quattordicesimo della storia rossonera) e la quinta Coppa dei Campioni ad Atene annientando il Barcellona con un perentorio 4-0.
E assist ne fa molti anche in Nazionale, con la quale arriva in quel magico 1994 a giocare la finale di Coppa del Mondo sfiorando un’epica vittoria nella sfortunata finale di Pasadena persa ai rigori contro il Brasile. Qui Albertini dimostra molta personalità prendendosi la responsabilità di segnare uno dei due rigori realizzati dagli azzurri. Il numero quattro rossonero prosegue negli anni seguenti la propria avventura con il Milan: ancora campione d’Italia con Capello nel 1996, Demetrio è coinvolto nelle due successive stagioni negative del Milan quelle definite dei ritorni, Sacchi e Capello bis.

Per poi vivere con mister Alberto Zaccheroni, che stravede per lui al punto da definirlo “giocatore ideale”, una stagione di rinascita conquistando nel 1999, stavolta da senatore, un inaspettato quanto meritato scudetto.
Demetrio è punto fermo del Milan e della Nazionale sino al 2002, anno in cui l’infortunio al tendine d’Achille lo estromette dalla rosa dei Mondiali e accelera la fine del rapporto con il Milan, nel quale Mister Ancelotti sovente gli preferisce l’astro nascente Andrea Pirlo.
Albertini, amareggiato per il trattamento riservatogli al Milan, decide di vivere altre esperienze, tutte di breve durata ma sufficienti a farsi amare come uomo e campione: è regista nel centrocampo dell’Atletico Madrid, leader alla Lazio e prezioso cervello nel Barcellona dell’amico Rijkaard, raggiunto dopo una fugace sosta all’Atalanta.
Demetrio si ritira dal calcio giocato nel 2005 e il suo palmares parla chiaro, su quanto si stato importante per le vittorie del Milan:
5 Campionati italiani (1991-92; 1992-93; 1993-94; 1995-96; 1998-99); 3 Supercoppe d’Italia (1992; 1993; 1994); 1 Coppa dei Campioni (1993-94); 1 Supercoppa europea (1994) Barcellona: 1 Campionato Spagnolo (2005)
Albertini ha carisma, lo si è visto in campo e negli spogliatoi. Per il bene del Milan non ha esitato, pur nel rispetto dei ruoli, a mettere in discussione le scelte dei suoi allenatori con cui ha un rapporto schietto ma sincero. Ma tutto questo sempre per amore di due colori inseparabili tra di loro, il rosso e il nero, tanto da farlo entrare di diritto nella Hall Of fame rossonera.
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