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Milano vende moda

  • Immagine del redattore: Massimo Volpato
    Massimo Volpato
  • 15 giu 2021
  • Tempo di lettura: 6 min

di Massimo Volpato



Quando Zvonimir Boban arriva al Milan per me è un giocatore sconosciuto ma come sempre spinto dalla curiosità inizio ad informarmi con i mezzi dell’epoca, giornali, tv e qualche chiacchera con amici rossoneri che all'epoca ne sapevano più di me, e scopro che è un ragazzo con una spiccata personalità ma anche di una vasta cultura e con una rara intelligenza.

Che il ragazzo abbia grande personalità l’ho capito leggendo quello che è successo il 13 maggio 1990 allo stadio di Maksimir di Zagabria.

In quel giorno in una Jugoslavia in subbuglio si sta giocando o meglio dovrebbe iniziare Dinamo Zagabria – Stella Rossa Belgrado. Ma quella partita purtroppo non avrà mai inizio. Perché gli scontri violenti tra le due tifoserie spingono la polizia a caricare i tifosi croati; i giocatori della Dinamo cercano di intervenire per calmare le acque, ma le loro intenzioni si rivelarono vane. Nella confusione generale quasi tutti i giocatori fuggono negli spogliatoi per trovare riparo dalla situazione assurda che si sta venendo a creare. Sul campo ne rimane solo, questo giocatore è il Capitano della Dinamo Zagabria è proprio lui: Zvonimir Boban.

Il giocatore croato si accorge che gli uomini della Polizia Federale Jugoslava si stanno accanendo contro un giovane tifoso croato, Boban non ci pensa due volte, l’orgoglio gli scorre nelle vene, il senso di giustizia è più forte di lui e corre in soccorso del suo tifoso, con un calcio volante colpisce uno di quei poliziotti per proteggere e salvare il suo tifoso. La guerriglia di quel dannato pomeriggio dura diverse ore, ed alla fine il bilancio è di 138 feriti, 147 arresti e gravi danni dentro e fuori dallo stadio. Il giovane capitano della Dinamo Zagabria con quel suo calcio, impersona la ribellione di una etnia oppressa dai serbi, e da quel giorno Zvonimir, che sfiora l’arresto per quella aggressione al poliziotto, diventa per la Croazia, sua futura patria, un autentico eroe nazionale. Purtroppo dopo pochi mesi inizia in Jugoslavia una lunga sanguinosa guerra di secessione, dimostrando che quegli episodi non sono solo disordini dovuti alla rivalità calcistica ma dei veri e propri episodi che presagivano un malessere nazionale e una rivolta civile e sociale in atto.



Zvone Boban, nasce a Imotski l’8 ottobre 1968, è stato uno dei giocatori rossoneri più amati per il suo amore verso il Milan e i tifosi milanisti. A colpire il tifoso di quegli anni sono state molte cose: indubbiamente il suo grande talento e la tecnica sopraffina ma il tifoso rossonero ha amato la sua grande personalità e, soprattutto, la consapevolezza nei propri mezzi che lo portano ad affermarsi all’interno di una squadra che in quegli anni di campioni ne aveva moltissimi.

Ma c’è un’altra grande qualità che riscalda il cuore dei tifosi rossoneri: il senso di giustizia. Siamo nei minuti finali di Juve-Milan dell’aprile 1995. La Juve vince 2-0. Per tutta i novanta minuti, Didier Deschamps non ha mai mollato le caviglie di Boban, dispensando strattoni e calcetti agli arti del giocatore croato per tutta la partita, e spesso ignorati dall’arbitro. Mentre la partita si trascina verso un finale scontato, Boban si avvicina al giocatore francese e da dietro lo falcia brutalmente, senza nemmeno guardare la palla. Deschamps va giù e comincia a divincolarsi e protestare. Zvone si volta non guarda il giocatore bianconero e s’incammina fuori dal campo. Non guarda nemmeno il cartellino rosso che l’arbitro ha estratto e gli sta sventolando alle spalle. Esce e basta. Giustizia è fatta, forse non nel modo corretto. Personalmente questa qualità di Zvone mi ha sempre affascinato, e vedere dal vivo, allo stadio, questa scena mi ha fatto capire ancora di più la grandezza dell’uomo

Sono state molte le volte in cui il Milan è stato sul punto di cederlo per farlo giocare di più, ma tutte le volte Zorro ribadisce lo stesso concetto: “Io voglio restare qui al Milan perché posso dare molto”. Il suo nome in quegli anni è sempre accostato a molte squadre, ma quella volta che gli chiedono “Zvone, si dice che tu possa andare nel Parma” lui risponde “con tutto il rispetto per il Parma, io non posso giocare al Tardini dopo aver giocato a S.Siro con la maglia del Milan”. Un inequivocabile ed autentico attaccamento alla Nostra Maglia, milanismo che scorre nelle sue vene, come scorreva l’orgoglio croato in quel pomeriggio di guerriglia.


Dopo aver disputato sei stagioni (dal 1985 al 1991) nella Dinamo Zagabria (109 gare con 45 reti), nell’estate del 1991 il Milan su richiesta di Fabio Capello acquista Boban, ma per problemi burocratici il Milan lo cede in prestito al Bari. L’inizio in terra pugliese non è dei migliori, perché dall’allenatore pugliese viene schierato fuori ruolo, da punta, e anche perchè nel suo momento migliore, contrae l’epatite A che mette fine alla prima stagione italiana.



L’annata successiva veste finalmente la maglia rossonera. Il grande problema di quegli anni è che possono giocare solo tre stranieri per volta, e nella stagione 1992/93 il Milan ha in rosa Van Basten, Gullit, Rijkaard, Papin, Savicevic e Boban. Onestamente una sfida non semplice ma che grazie alla sua enorme autostima Zorro riesce a ritagliarsi il suo spazio ed a “costringere” Capello a prenderlo in considerazione anche in sfide importanti. L’esordio in campionato avviene all’ottava giornata in un Milan-Torino, però Capello lo schiera titolare all’undicesima giornata nello contro diretto a Torino contro la Juventus (0-1 per noi gol di Simone). Alla fine i quella stagione Zvone è schierato 13 volte in campionato (vinto dal Milan) e 6 in Champions League (persa in finale contro il Marsiglia), non molto ma nemmeno poco se consideriamo la concorrenza.



La stagione successiva (1993/94) il Milan cambia pelle, vanno via Gullit e Rijkaard mentre Van Basten è costretto alla lunga inattività per via della caviglia. In questa situazione Boban diventa un punto fermo della squadra. Dopo un grande avvio di stagione Zvone ha un infortunio al ginocchio e per due mesi è costretto a guardare i suoi compagni da fuori, però quel Milan ormai poggia sulle spalle del duo Boban-Savicevic, un croato e un montenegrino, la rivalità politica per fortuna non esiste dentro il rettangolo di gioco perché la maglia rossonera mette sempre d’accordo tutti.

La coppia slava conduce il Milan alla riconquista dello scudetto, il terzo di Capello, e della Champions League nella meravigliosa finale di Atene contro il Barcellona. L’ingresso in squadra di Desailly permette al giocatore croato di occupare un ruolo a lui più congeniale, con le debite proporzioni quello che successe a Rivera con l’arrivo al Milan di Sani, nel lontano 1963, la coincidenza si ripete e i rossoneri vincono la Coppa Campioni.

Nella stagione ‘95/’96 dopo la sconfitta di Vienna e il ritiro di Van Basten il Milan acquista Weah proveniente dal PSG eliminato dai rossoneri in champions la stagione precedente proprio grazie ad un gol di Zvone al Parco dei Principi. Con l’arrivo del giocatore africano l’alternanza tra Boban e Savicevic è molto accentuata, sempre per via della regola dei tre stranieri, ma è una regola che ha i giorni contatti e quindi Boban stringe i denti. Le due stagioni successive (‘96/’97 e 97/’98) sono le peggiori dell’era Berlusconi per scelte e per rendimento. Ma l’orgoglio di Boban è smisurato, e così il meglio di se stesso lo da’ nella stagione successiva (1998/99) proprio nel momento di massima difficoltà. Forse lo scudetto di Zaccheroni è lo scudetto che più di ogni altro “appartiene” a Boban. Il sistema di gioco del mister romagnolo non si addice molto alle caratteristiche di Zvone, e la prima parte di stagione non lo vede protagonista. Ma arriva lo scontro diretto di Firenze contro i viola capolista. Non sapremo mai se è la verità o se è una leggenda, ma in quella gara Boban “si mette da solo nel suo ruolo” e disputa una delle partite più belle mai disputate dal croato in rossonero. Il Milan non andrà oltre il pari (0-0), ma la prestazione impone che quello schieramento non debba più essere cambiato. Con Boban dietro le punte il Milan diventa una macchina perfetta, una macchina che inizia una rimonta eccezionale nei confronti della Lazio. Gli assist ed i gol di Zorro trascinano il Milan in una corsa senza freni.



L’immagine della rimonta rossonera è senza dubbio la corsa che lui e Weah effettuano a Torino verso la curva dei tifosi rossoneri dopo il secondo gol del liberiano su perfetto assist di Zvone prendendosi per mano. Quel gesto e quella corsa sono il simbolo dell’incredibile scudetto di quell’anno.

Lo scudetto zaccheroniano è l’ultimo trionfo in rossonero per il giocatore croato ma le strade con il Milan s’incrociano ancora quando è chiamato dal suo amico fraterno Maldini a fare il dirigente al Milan.



Purtroppo l’avventura non finisce bene perché il suo orgoglio e il suo senso di giustizia lo portano ad entrare in contrasto con Ivan Gazidis e viene licenziato. Anche questo suo modo di agire può essere criticato, si può dire che non ha avuto pazienza ma sicuramente lo ha fatto per il suo grande amore verso il Milan, la sua storia, i suoi tifosi. Questo è Zorro Boban dentro e fuori dal campo un Uomo che ama il Milan da difenderlo come fece tanti anni prima in quel pomeriggio di Zagabria. Un uomo mai banale è contraddistinto sempre per l’eleganza perché lui è Milano vende moda.

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