di Luigi Matta
L'abbiamo attesa, voluta, ripresa e ora ci ha riaccolti. Un'accoglienza letteralmente di fuoco ma, dopo sette anni di assenza e dalla quarta fascia dell'urna, aspettarsi di meglio era utopico e ottenere un girone morbido sarebbe stato semplicemente un bingo. Quando si parla di Milan e Champions League, la storia la fa sempre da padrona.
Spunti, ricorrenze e tante curiosità trainate dalla tradizione che il Diavolo ha saputo creare sul proprio palcoscenico per antonomasia. Dall'Atletico Madrid - ultima squadra affrontata in Champions League - all'Atletico Madrid. E se il sorteggio si svolge a Istanbul... chi potrà mai uscire dall'urna se non il Liverpool? Aggiungiamoci il Porto, giustizieri della Juventus nella passata stagione ed ecco un bel girone da brividi. Curiosità a parte, sarà dura. Molto dura. Lo sapevamo e dovremo tirare fuori personalità e carisma, ricordandoci cos'è stata questa squadra e cosa dovrà tornare ad essere, con entusiasmo e voglia di fare bene.
Il mercato è agli sgoccioli e il popolo rossonero attende imperterrito l'arrivo del famigerato trequartista, l'uomo che dovrà dare qualità in più nel settore fondamentale per il gioco di Stefano Pioli. Intanto prendiamoci i tre punti di Genova, accogliendo Bakayoko e Pellegri. In attesa, prima delle discussioni e le analisi che, i più pazienti di noi, hanno rimandato per tre lunghi mesi. Intanto, tra una voce di mercato e l'altra, esplode l'ennesimo caso legato ad un rinnovo contrattuale.
Questa volta riguarda Franck Kessié. Le parole d'amore rilasciate alla Gazzetta dello Sport appena un mese fa, unitamente a quelle del suo procuratore George Atangana che parlava di addio "solo in caso di un colpo di Stato", sembrano un vano ricordo. Le trattativa è più che mai in una fase di stallo. I rapporti tra Maldini e il procuratore dell'ivoriano sono ai minimi storici e, le dichiarazioni pre Sampdoria-Milan del direttore tecnico, non hanno che ampliato una distanza che ora fa paura.
Inevitabilmente, ha avuto inizio il tran tran mediatico seguito dalle usuali fazioni. Da una parte i milanisti puri del: "Fai il doppio gioco alzando le richieste? Vattene! Prima il Milan". Dall'altra gli aziendalisti cultori della programmazione a medio-lungo termine che, dopo Donnarumma e Calhanoglu - e presumibilmente Romagnoli - di vedere un'altra punta di diamante lasciare a parametro zero, non ne hanno proprio voglia. Ma chi ha ragione?
Difficile dirlo. Ma davvero. Potrei glissare la questione dicendo che un Presidente che parla a vanvera non dovrebbe stupirci ma c'è poco da ridere. È innegabile non nutrire dei sentimenti avversi nei confronti di Kessié. Perché rilasciare un'intervista di tale portata per poi fare il giochino del banco dei pegni alle spalle? Allo stesso tempo, seppur con situazioni simili anche tra le big europee, viene da chiedersi:
"Perché al Milan, anche con un progetto che ha riportato la squadra ai vertici della classifica, è così complesso mantenere i propri gioielli?" Il Milan certamente, stando alle indiscrezioni, non ha badato a spese spingendosi ad una proposta da 5,5 milioni a salire fino ad arrivare ad oltre 6 milioni annui nelle stagioni successive. Inoltre, è inutile guardare alle offerte delle big inglesi interessate a Kessié come benchmark, innanzitutto per la differenza del volume di ricavi e, soprattutto, perché è abbastanza asimmetrico mettere sullo stesso piano l'offerta di chi ti vuole trattenere e di chi può spingersi oltre sapendo che non dovrà pagare il tuo cartellino.
Neanche a dirlo, chi può rimetterci è sempre e solo il Milan. Nessun giocatore è insostituibile al cospetto del nome della squadra, ma è altrettanto vero che il Milan ci ha messo anni a trovare un assetto equilibrato fondato su certi perni e, perdere Kessiè, vorrebbe dire rivedere molto del centrocampo in termini di fisicità e dinamismo. Per non parlare dell'effetto domino che può innescarsi con i procuratori dei giocatori più significativi: da Theo Hernandez a Bennacer, passando per quelli che in futuro potrebbero scegliere la stessa strada quando gli anni di contratto si ridurranno.
Difficile invocare pazienza perché le similitudini con gli altri due casi non fanno stare tranquilli nessuno. Allora facciamo che tutti si siedano e si ricordino bene dove sono. Lo faccia in primis Kessié, giocatore straordinario che, però, i primi due anni ha faticato e non poco finendo al centro di fantasiose idee di scambio e cessione certamente meno altisonanti e ha potuto imporsi anche grazie alla fiducia riposta in lui, contrariamente da quanto accaduto con altri.
Lo faccia anche la proprietà, conscia che se - come affermato sia nel comunicato di insediamento, sia dall'uomo cardine Ivan Gazidis in più occasioni - vuole davvero riportare il Milan in alto e rivalutare il club, non si può permettere un via vai di giocatori fondamentali a parametro zero. Lo si faccia e in tempi rapidi, con chiarezza. Perché di guerre tra tifosi non se ne può più. Tifosi che, seppur con posizioni diametralmente opposte, puntano allo stesso desiderio: rivedere il Milan dove compete. E non è cristallizzando le proprie posizioni che questo avverrà, ma poca colpa ne avranno i tifosi in quel caso. Meno parole e più fatti, da parte di tutti.
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