di LM
Mentre ci godevamo la terza vittoria dell'Italia e, parallelamente, assistevamo all'innesco degli 'applausometri' per misurare decibel e quantità di persone dedite a fischiare Donnarumma, ecco che si creava un nuovo terremoto attorno al Milan. "L'Inter tratta con Calhanoglu". Una trattativa-lampo che, in poche ore, è culminata con l'approdo del turco alla Beneamata, in barba ai baci alle maglie e ai "Il Milan è la priorità".
Se l'addio di Donnarumma era stato accolto con un generale menefreghismo, quello dell'ex Bayer Leverkusen ha fatto molto più rumore. Un po' per il passaggio ai rivali dell'Inter, un po' perché è sembrato che, il buon Hakan, abbia dimenticato quanto sia stata fondamentale la fiducia della/e dirigenza/e nei momenti in cui non sembrava che l'ennesimo acquisto sbagliato.
Questo mese di giugno sta svelando la natura di tanti uomini che hanno vestito la nostra maglia e, purtroppo, non tutti sono come Simon Kjaer. È proprio nella Danimarca di Simon che dicono: "Insegna a nuotare ad un ingrato e ti annegherà". Noi milanisti viaggiamo su una nave solida e piena di orgoglio che risponde al nome di Paolo Maldini, quindi bye bye Hakan. Questione di ambizione, quella che non hai. Tanto da vacillare a 27 anni di fronte ad un'offerta dell'Al-Duhail.
Tanto da correre all'Inter come rimpiazzo di Eriksen, il primo acquisto figlio del ridimensionamento nerazzurro. Ma è bastato un milione in più per farti emozionare, come affermato dal tuo procuratore Gordon Stipic che, dal suo canto, di milioncini se ne porta a casa 3 e mezzo. Sperando che i problemi dell'Inter si risolvano presto e non finisca che magari sia lui a prenderne più di te. Perché quando si insegue solo la pecunia, prima o poi è lei che insegue te.
Oltre a ciò, guardando a 360 gradi, è innegabile che il Milan abbia perso un altro buon asset a parametro zero. Se nel mondo del calcio tutto ha un prezzo, anche tenere la schiena dritta ha un costo molto alto, specialmente se il calcio del popolo della Uefa mette i procuratori nella posizione di comportarsi come detentori reali dei cartellini. Ma sarebbe troppo comodo puntare il dito solo contro la Uefa o contro le dinamiche del calcio moderno.
La verità è che il Milan si è trascinato troppo a lungo situazioni spinose lasciate dalle precedenti dirigenze. Calhanoglu era un giocatore che era diventato centrale nell'assetto tattico di Pioli. Non sempre incisivo ma quasi sempre in linea con il rendimento della squadra, in un senso o nell'altro. A riprova di come il suo star bene o male si sentisse in campo.
Segnali forti dalla dirigenza che, però, ora devono tramutarsi in azioni concrete nel rispetto delle priorità del club riassunte in una parola: crescita. Non cedere a Donnarumma e Calhanoglu è stato un atto di coraggio e di onore tipici di un campione com Maldini. Ora lo stesso coraggio deve portare la società a rispondere con adeguati innesti e, soprattutto, il rinnovo di pedine fondamentali. Kessié e Calabria su tutti. Perché il coraggio senza ingegno porta solo il comandante ad affondare insieme alla nave. E il Milan deve rinascere e continuare a navigare a vele spiegate. Con pazienza e fiducia in Paolo Maldini.
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