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Fischi e fiaschi. Quando la narrativa sfugge di mano ai benpensanti, un'altra occasione persa

di Luigi Matta

Sosta nazionali, Nations League. Italia. Ma, mai come come in quest'ultima uscita della squadra di Mancini, il Milan è stato al centro dell'attenzione. Mirino puntato sui suoi tifosi, occhi di riguardo per i suoi ex giocatori. Ed è così che, in una fredda serata di inizio autunno, San Siro diventa il palcoscenico per una sfida a colpi di inchiostro e pensieri laterali che va oltre Italia-Spagna. L'avevano preparata perfettamente, con epiloghi già precostituiti in base al risultato finale.


Purtroppo, però, basta avere memoria una memoria funzionante e un pizzico di onestà intellettuale per rendersi conto di come, quanto accaduto ieri sera, non era altro che un capitolo nuovo di una narrativa portata avanti per quattro lunghi anni, e miseramente sfuggita di mano al cenacolo dei benpensanti che, dai fischi a Donnarumma, sono passati a macroscopici fiaschi giornalistici. Ma andiamo con ordine.


Quest'ultimo capitolo del 'Free Donnarumma' comincia lunedì. Il portiere del Psg e della Nazionale italiana si presenta in conferenza stampa e, differentemente dal registro assunto appena una settimana prima nel post Psg-Manchester City ("Mi faccio solo una risata nel leggere queste scemenze sui social"), il classe '99 si mostra turbato e ricorre agli 'occhi dolci' con parole d'affetto verso Milano e il Milan, giocandosi la carta dell'appello al popolo affinché non ci siano fischi al suo indirizzo.


Immediatamente, arriva il supporto del CT Roberto Mancini che, dopo averlo definito il migliore al mondo pochi giorni prima, azzardando anche l'ipotesi che al Psg giochi poco perché "arrivato in ritardo", rinnova l'invito al popolo di San Siro perché, per Donnarumma, possa essere un match tranquillo.


Una scenografia montata alla perfezione, con un palco già ben allestito dove si è cercato di mettere subito in chiaro chi fossero i buoni e chi i cattivi. Un scenografia di cui non si è sentito il bisogno il 2 settembre, quando l'Italia ha affrontato la Bulgaria allo stadio Artemio Franchi di Firenze.


Il ritorno di Federico Chiesa davanti al popolo gigliato che, causa Covid e stadi chiusi, non ha potuto 'riaccoglierlo' nel corso della passata stagione. Chiesa era stato oggetto di insulti il giorno delle visite mediche per la Juventus, così come si erano verificati tristi episodi di insulti social indirizzati al fratello minore. Tuttavia nessuna preoccupazione, nessun bisogno di maniavantismo né appelli. Chiesa riceve qualche timido fischio, niente di eclatante ma segna il gol del momentaneo 1-0 e, com'è giusto che sia, il giorno dopo si prende gli elogi.


Mancini giustamente non mette bocca in quello che accade ed è accaduto attorno al portiere del Psg. Si limita a seguire l'onda protettiva, come fatto durante l'Europeo quando affermava: "Non sono preoccupato della situazione contrattuale di Donnarumma, risolverà al più presto", oppure "Se Donnarumma dovesse andare al Psg farebbe una buona scelta, è una grande squadra". Di sicuro Mancini, uomo di calcio e colonna incancellabile della storia del pallone nostrano, potrebbe essere una voce autorevolissima per fare il punto su quanto i procuratori stiano diventando lesivi per le strategie dei club, così come per il futuro dei calciatori.


Potrebbe farlo con la stessa passione con cui si addentra in dibattiti sul Covid o sull'efficienza del sistema della autostrade italiane. Invece no. E dategli torto, alla fine l'importante è che il portiere stia bene e che gli permetta di vincere le partite. Poco importa se al Psg è diventato una riserva da staffetta, mentre in passato bruciava record su record. Il Psg è una grande squadra e poi, come ci hanno ripetuto per mesi: "Va a giocare in un grande club e prende un ingaggio da top, è ambizione". Ok. Ne prendiamo atto.


Il day after, come prevedibile, ci offre le morali delle penne autorevoli della stampa italiana. Le critiche più aspre e forti arrivano da alcuni giornalisti soci di Interspac. E meno male che si chiedeva di mettere da parte il tifo. La parola più ricorrente è "vergogna". Il concetto maggiormente sponsorizzato è quello del "Rispetto per la Nazionale", come detto anche dal CT al termine della partita. Qualcuno azzarda addirittura il paragone tra i fischi a Donnarumma e quelli razzisti nei confronti di Koulibaly. Qualcuno definisce i fischiatori "teppisti". "Le parole sono importanti! Le parole sono importanti!" affermava a gran voce Nanni Moretti nella pellicola Palombella Rossa. "Libero fischio in libero Stato" asseriva invece l'ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini.


E negli anni abbiamo visto minacce sotto casa dei giocatori, settori interi cantare "Sei uno zingaro!", pullman scortati come testimoni antimafia ma, la forma più antica e non violenta di dissenso, diventa vergogna. Nessuna menzione sulle uscite provocatorie dell'entourage di Donnarumma negli ultimi mesi. Sulle dichiarazioni contraddittorie dello stesso giocatore. Sulle scelte lesive per lo stesso da parte di chi lo assiste.


Nessuna memoria sul fatto che, molti di quei cattivi fischiatori, erano gli stessi che lo applaudivano anche dopo errori grossolani, mentre il fronte era deciso nel sostenere che fosse sopravvalutato. Gli stessi che lo hanno riaccolto dopo che, il suo procuratore, parlava di violenza psicologica per il primo (e ultimo) rinnovo di contratto. Poca enfasi anche sui fischi vergognosi, quelli sì, verso l'inno spagnolo e mi concedo un'altra citazione, quella dell'ex CT campione del mondo Enzo Bearzot: "Durante la partita fischiate pure, ma l'inno nazionale è sacro".


La sostanza è che i milanisti hanno mancato di rispetto alla Nazionale, che addirittura avrebbe subito oltremodo questi fischi. Nessuna disamina sul come la Spagna ci abbia perforato con un classe 2004 di nome Gavi, mentre noi abbiamo lasciato due classe 2000 in panchina (Kean e Raspadori, ndr) optando per la discutibile scelta di Berardeschi centravanti, in virtù dell'assenza congiunta di Immobile e Belotti. Nessuna disamina sul perché Politano, titolare protagonista dell'attuale capolista di Serie A, continui a rimanere fuori dai radar. Neppure sul perché Calabria resti un'alternativa d'emergenza, a favore di un Di Lorenzo che anche ieri si è reso insufficiente.


Niente. Parliamo di fischi, di retorica e di cattivi da bacchettare. Prendiamo spunto da Donnarumma e facciamoci una risata. Dopotutto, se ci pensate, dopo anni di "Donnarumma non è pronto, Meret è più completo per la Nazionale. Gioca anche in Champions", siamo passati a "Donnarumma è il più forte al mondo, gravissimo errore del Milan perderlo a zero. Bisognava scendere a compromessi. Raiola fa il proprio lavoro". La narrativa è sfuggita di mano a tutti e ora, logicamente, è impossibile aspettarsi una presa di coscienza e magari un passo indietro di consapevolezza rispetto al passato.


No, bisogna portare avanti il punto e quindi, lo si fa a discapito del pensiero ponderato senza approfondire le dinamiche che hanno portato alla serata di ieri. Pazienza. Chiudo concedendomi un po' di retorica: è stato bello, tra i partenti a zero e i capitani indecisi sul rinnovo, vedere andare a rete un giovane ragazzo che ha appena rinnovato per la propria squadra diventandone simbolo ed immagine. Una bella lezione.




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