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  • Immagine del redattorefabrizio.perotta

IL DERBY DEI DERBY

Corsi e ricorsi storici.

Nel nuovo millennio sono però sei, e non cinque, le giornate di Milano che diventano memorabili. Agli albori dell’estate 2003, la più torrida di sempre, in meno di una settimana si disputa infatti al meglio delle due partite il derby dei derby.

Sono il numero 254 e 255 per la statistica ma in assoluto i più importanti per la posta in palio: la qualificazione alla finale di Champions League a Manchester.


È Cuper contro Ancelotti, Moratti contro Berlusconi, in molte case e’ padre contro figlio. La città vive l’evento in maniera molto nervosa dato che l’Inter porta ancora sulla pelle le ferite dello scudetto perso all’Olimpico l’anno precedente mentre i Rossoneri non vincono nulla da ormai quattro anni. Ci pensa poi la stampa ad amplificare la già grande tensione; è del resto il primo derby a disputarsi in una competizione internazionale nell’intero panorama europeo.

Andata in casa del Milan, coreografia imponente ma incontro bloccato. La paura di perdere e’ troppo grande e le occasioni da rete scarseggiano. I commenti sono contraddittori, stupisce in particolar modo la la soddisfazione degli Interisti per avere pareggiato a reti bianche, considerando che al ritorno ogni nostro gol in caso di parità varrà doppio.

L’attesa è davvero spasmodica. Poco dopo le 16, a cinque ore dall’inizio della partita sono già in Curva ma mi sembra l’unico modo per stemperare la tensione.

Indossiamo tutti una maglietta rossa per colorare il più possibile la Sud visto che il resto dello stadio è quasi interamente interista. L’effetto ottico che ne deriva è notevole, ancor più quando all’ingresso delle squadre una grande scritta “MILANO” viene realizzata con plastiche bianche e rosse.




I ragazzi interpretano bene l’incontro e a fine primo tempo arriva il meritato vantaggio: Seedorf per Sheva che salta Cordoba infilando Toldo in uscita. 1-0 all’intervallo. Entusiasmo incontenibile tanto che cantiamo per tutti i 15 minuti della pausa.

Anche nella ripresa la squadra tiene bene il campo sciorinando un elegante possesso palla sino a quando inaspettatamente al minuto 83 un rimpallo lancia Martins per il gol del pareggio.

Quello che succede dopo penso sia quanto di più vicino all’inferno in terra.

All’Inter serve un’altra rete per qualificarsi e si riversa nella nostra metà campo. Ogni azione è un pericolo con il Milan che sbanda paurosamente.

Kallon si presenta solo dinanzi ad Abbiati ma Cristian, come a Perugia qualche anno prima, compie la parata dell’anno. Poco dopo si ripete su un insidioso colpo di testa di Cordoba.

Ultimo minuto di recupero, corner per l’Inter. Nello stadio scende un silenzio irreale ma sempre Abbiati sventa la minaccia allontanando il pallone di pugno.

È finita.

I giocatori si precipitano sotto la Sud per un commovente abbraccio ideale. La gente impazzisce, la Curva è una macchia rossa che ondeggia come una barca nel mare in tempesta. Si urla e si canta sino a mezzanotte, mentre il pubblico nerazzurro mesto come non mai lascia gli spalti.

In questa bolgia, uno striscione fresco di realizzazione fa intanto capolino in transenna:

“NOI ANDIAMO A MANCHESTER”



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