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  • Immagine del redattorefabrizio.perotta

UDINESE-MILAN 1-5 (1998-99)

Nell’aprile del 1999 la genesi. Allo stadio Friuli si scrive la struggente epigrafe di una delle rimonte più entusiasmanti nell’ultracentenaria storia rossonera.

Siamo poco distanti da Pieris, il paesino natale di Fabio Capello l’ultimo allenatore capace di portare il Diavolo allo scudetto.

Quelli del posto vengono chiamati “bisiachi”, da “bis aquae” come amava spesso ricordare il compianto Giovanni Brera fu Carlo, perché strizzati in mezzo a due fiumi, l’Isonzo e il Tagliamento. Gente abituata a stare in equilibrio, vivendo a metà strada tra montagna e mare, tra la cultura contadina del profondo Friuli e quella mercantile di Trieste. Proprio quell’equilibrio che manca al Milan della stagione in corso, vissuta tra gli alti e bassi di un italico roller coaster.

È tra l’altro una squadra dalla marcata impronta friulana visto che proprio dall’Udinese sono arrivati l’allenatore Zaccheroni, il bomber Oliver Bierhoff ed il difensore danese Helveg.

I Rossoneri sono tristemente reduci da due stagioni disastrose in cui a nulla sono serviti i ritorni di due grandi del passato come Arrigo Sacchi e il bisiaco Capello. Ai nastri di partenza si sperava dunque di “fare bene” ma nulla più.



A sette giornate dalla fine, invece, ci ritroviamo con non poca sorpresa nelle prime posizioni, anche se pur sempre lontani sette punti dalla capolista Lazio. Il recente scontro diretto aveva altresì confermato la superiorità della corazzata biancoceleste e il pareggio strappato all’Olimpico era stato a dir poco avventuroso (13 a 0 il conto dei corner a favore dei padroni di casa).

Sembra tutto ormai deciso quando, improvviso, il mondo si rovescia.

Alla nostra vittoria con il Parma fanno infatti seguito due inopinate sconfitte laziali: nel derby e in un insolito anticipo (per l’epoca) disputato di sabato pomeriggio. La crepuscolare Juventus di stagione è inaspettatamente corsara nella Capitale; nel 3-1 che matura, la papera di Marchegiani su un tiro-sospiro di Henry risulta quasi comica.

Una vittoria a Udine ci porterebbe quindi a solo un punto dalla vetta, laddove solo pochi mesi prima Bogarde aveva disegnato l’incipit di un campionato calvario. Il suo dissennato retro passaggio ben può costituire la summa di tutto quello che un difensore non dovrebbe mai fare.

La compagine friulana anche quest’anno è di ottimo livello. In lotta per guadagnarsi la qualificazione in Champions League, ha in Marcio Amoroso, il sostituto di bomber Oliviero, un terminale offensivo particolarmente temibile.

La partita si rivela invece assai più facile del previsto, terminando addirittura in una goleada. Dopo solo mezz’ora sventola la bandiera croata grazie alla doppietta di Zvonimir Boban ed è poi Weah a festeggiare con un’artigianale maglietta commemorativa il suo centesimo gol in rossonero. 5-1 Milan.




Seguiranno altre cinque vittorie, alcune romanzesche come quella con la Samp, per un tricolore cucito sul petto nella giornata in cui la stazione di Perugia sembra la Belfast cantata in “Sunday Bloody Sunday” dagli U2. Almeno qui, per mero caso, non è morto nessuno.

La gara del Friuli tra l’altro non finisce al novantesimo ma ha uno strascico polemico mentre il pedatore medio si divide tra caipirihna e Letterine in quel di Ibiza o Formentera.

È infatti luglio quando nella rubrica “Colloqui con il Padre” sul settimanale Famiglia Cristiana un anonimo e pentito calciatore confessa di avere alterato il risultato di una partita.


Non si sa come ma spunta il nome di Alessandro Calori, difensore dell’Udinese che avrebbe avvantaggiato prima il Milan e poi il Perugia negli ultimi due turni del campionato. Il successivo trasferimento dello stesso difensore in terra d’Umbria getterà altra benzina sul fuoco.

Galliani oltremodo risentito minaccia querele. Calori, in lacrime, giura la sua estraneità ai fatti. Per quanto riguarda la posizione milanista, ipotizzare che una vittoria con 5 gol segnati sia frutto dell’aiuto di Calori sfiora quasi il ridicolo. Viene comunque aperta un’inchiesta che si conclude con un nulla di fatto.

Se la Giustizia degli uomini può essere fallibile, certamente non lo è quella divina e il Dio del calcio emetterà la sua sentenza d’innocenza l’anno dopo.

Sarà infatti Lui, Alessandro Calori, al Curi di Perugia sotto un catartico diluvio universale a segnare il gol scudetto, quello che regala il titolo proprio alla Lazio e condannando la squadra che incarna il male assoluto per antonomasia: la Juventus Football Club.

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