di LM Il noto scrittore nonché uomo d’affari statunitense Harvey Mackay affermava che “ciò che abbiamo fatto per noi stessi muore con noi, mentre ciò che abbiamo fatto per gli altri dura per sempre”. Un bel motto che è decisamente assonante con quanto sosteneva alacremente l’ex tecnico ed ex campione rossonero Gennaro Gattuso quando sollecitava con forza tutto l’ambiente a dare “priorità all’A.C. Milan!”.
Come accaduto a milioni di italiani in questi mesi complessi, anch’io ho dovuto incanalare la mia quotidianità in attività di svariato genere, la lettura su tutte e, da milanista, la lettura ha spesso virato su articoli di qualsivoglia tipo di fonte relativi alle vicissitudini del mio caro Milan.
Mi sono reso conto quasi da subito che, nemmeno un nemico terribile come il Covid-19, ha frenato l’affaccendarsi favolistico che da anni fluttua sulle trame del Diavolo, posso citare qualche esempio in ordine sparso: impossibile non cominciare dal rinnovo di Donnarumma che ormai è una questione in auge da anni, ben più di quanto non lo siano le sue prestazioni; non solo il rinnovo di Gigio ma anche del nostro capitano Alessio Romagnoli, così come Ibrahimovic, Rebic e, nelle ultime settimane, pare anche Çalhanoglu e persino Theo Hernandez.
Il solito refrain “ammirato” nell’ultimo triennio, come il presidente del Consiglio Conte sintetizzò il suo Decreto di Marzo con l’hashtag #IoRestoACasa, ben più facile appare sintetizzare quello che deve accadere ogni anno dalle parti di Casa Milan: #IoVadoVia.
L’aspetto “rincuorante” è che non vale solo per i calciatori ma anche e forse soprattutto per i dirigenti e, a tal proposito, non ha aiutato la querelle interna scatenata già nel mese di febbraio con le parole dure dell’ex Chief Football Officer del Milan Zvonimir Boban e culminata con lo scioglimento del suo contratto.
L’addio di Boban ha aperto una crepa negli già precari equilibri del club a livello di governance e, pochi mesi dopo, l’attuale Direttore Tecnico Paolo Maldini ha gettato altra benzina sulle fiamme, con modalità alquanto discutibili, motivo dello scontro? Quel Ralf Rangnick che parla già da uomo Milan, lo stesso Rangnick che rientrerebbe nelle grazie di quella figura tanto odiata da gran parte della piazza rossonera: l’AD Ivan Gazidis che però, a differenza di Rangnick, uomo Milan lo è già dal dicembre del 2018, a tutto questo bel potpourri aggiungiamo le più recenti "inchieste speciali" sulla presunta positività al coronavirus di Franck Kessié e sulla presunta carriera terminata per Ibrahimovic e ci troviamo di fronte ad un bel materiale da serie TV targata Netflix, purtroppo non sui temi che auspicava Alessandro Nesta in una diretta Instragram con Fabio Cannavaro. Tralascio l'ingente numero di giocatori associati al Milan in chiave mercato considerando che ormai il giochino delle trattative esclusive e nascoste vale per tutte le società.
Mentre Governo e FIGC si sforzano in modo solerte di pianificare la Fase 2 del nostro paese e del calcio italiano, per il Milan è già tempo di Fase 3, vale a dire: ritorno alla normalità e la normalità non consiste nella logica cavalleresca dei "fasti di un tempo" e/o dell'esaltazione di quello che è stato ma nella costruzione di quello che è, e che dovrà essere fin da subito.
Fase 3.. 3 come gli establishments che si sono avvicendati ai vertici del club dall'addio di Silvio Berlusconi senza dare una fisionomia alla squadra nè dal punto di vista prettamente tecnico, nè dal punto di vista della solidità economico-finanziaria a lungo termine. Abbiamo visto dirigenti impegnarsi a smantellare celermente quanto era stato costruito da "chi c'era prima", abbiamo visto il fronte mediatico dedito a creare dualismi di ogni genere e la vox populi rossonera seguire questa visione puntando il dito contro chiunque potesse essere "sacrificabile" sull'altare per ignorare la cruda realtà, ossia, che quasi nessuno si è veramente occupato di ricostruire davvero questa società ed è ora che venga fatto senza se e senza ma, anteponendo il Milan alla mera gratificazione personale.
Il primo passo deve consistere assolutamente nel ripristinare l'equilibrio nell'ambiente, non mi riferisco all'equilibrio tattico ma anche, e soprattutto, a quello analitico e, nella fattispecie, nell'approccio alla realtà che ruota attorno al club. Urge abbandonare visioni e valutazioni iperboliche nei confronti del Milan seguendo quell'antico ma sempre attuale principio del "tra 0 e 100 la soluzione la trovi a 50", entro nello specifico e prendo ad esempio questa guerra fredda a distanza, citata poc'anzi, innescatasi tra Rangnick e Maldini.
Una parte di popolo e di stampa è contro il tedesco, un'altra buona parte è contro le esternazioni della leggenda rossonera; la sfida affascina e dà molto di cui parlare ma, al tempo stesso, lede irrevocabilmente ancora una volta le prospettive del Milan stesso, perchè è impossibile ignorare quanto il Milan possa aver bisogno di entrambi e di come Gazidis abbia tra le mani l'opportunità di farli coesistere creando una coppia dirigenziale che più di tutte le altre viste finora possa rivelarsi vincente per il futuro del club, è opportuno ricordare che se Maldini è il DT del Milan è perchè proprio Gazidis nell'estate del 2019 lo ha convinto a prendere il posto del dimissionario Leonardo
Confesso di essere rimasto affascinato, anch'io come molti, dal curriculum e dalla filosofia dell'ex allenatore di Schalke 04 e Lipsia che incarna non tanto un modello Red Bull ma, un vero e proprio modello tedesco; è innegabile però aspettarsi delle difficoltà nell'applicare questo modello in una società attualmente complessa come il Milan e, in esteso, alla realtà del calcio italiano, difficoltà che possono essere appianate dall'impegno coadiuvante proprio di un DT che ha conosciuto da vicino nelle ultime due stagioni le difficoltà del Milan e che, dati alla mano, ha dimostrato di avere una certa capacità nel riconoscere i giovani di qualità, ed una certa influenza nel convincerli a sposare un progetto complesso, chiedete a Theo Hernandez.
In conclusione dunque, è davvero il momento di fare un autentico salto in avanti per ricreare un'identità solida e vincente per il Milan, senza isteria e poleveroni e, senza continuare a tagliare rami ma facendone crescere di nuovi e duraturi e, a tal proposito, non dimentichiamoci di chi attualmente sta lavorando in silenzio e con rispetto per salvare quanto di salvabile è rimasto di questa stagione tra risultati deludenti e emergenze sanitarie: Stefano Pioli.
Tra qualche giorno forse sapremo con che modalità questo campionato verrà concluso ma che sarà Pioli a terminarlo lo sappiamo già, dunque, per il momento vicinanza attorno al mister e chi è attualmente in organico perchè sono loro a rappresentare il Milan, in attesa della prossima programmazione.
Prima il Milan, sempre. Lo sappia la famiglia Singer, lo sappia Gazidis, lo sappia Maldini, lo sappia Rangnick e lo sappiano anche i milanisti, quelli veri.
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