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JUVENTUS-MILAN 0-2 (1998-99) Ancelotti e la catarsi di Manchester

Da sempre la trasferta di Torino contro la Juventus porta con se’ le stigmate delle più varie nefandezze e ingiustizie.

Gli Anni 70 rappresentano forse il paradigma per eccellenza con arbitraggi ignavi, al limite della corruzione: rigori negati (per tutti il fallo di Morini su Bigon) e atteggiamenti intimidatori caratterizzano tutta la decade. Il fallo di Tardelli su Rivera, dopo un paio di secondi dall’inizio di una partita, più che la ”garra” sudamericana evoca il clima di dittatura che si respira in quei posti.

L’indubbia forza dei giocatori bianconeri e la sudditanza psicologica delle “giacchette nere” rendevano praticamente impossibile uscire dal Comunale con i due punti. Il tutto sotto l’egida della potenza economica di FIAT (la più grande e famosa industria italiana dell’epoca) e dell’avvocato Gianni Agnelli, riconosciuta icona di aristocratiche maniere.

È grazie a Silvio Berlusconi, e al suo innovativo modo di vedere il calcio, che il Milan torna a vincere nella città sabauda dopo quasi 20 anni di astinenza. Quel colpo di testa di Gullit proprio la sotto la Curva Maratona è il simbolo del cambiamento, giacobinismo puro contro l’Ancien Regime.

Nelle recenti stagioni (96-97 e 97-98) sembrano intanto riaffacciarsi i fantasmi dei periodi bui. E questo proprio mentre con la triade Moggi-Giraudo-Bettega al vertice della società il potere bianconero tocca punte di arroganza difficili da eguagliare.

Nell’ambiente juventino l’annata in corso è però un po’ particolare. Un ciclo sembra infatti esaurirsi tanto che Marcello Lippi, dopo una sconfitta casalinga contro il Parma, arriva a rassegnare le dimissioni.

Il Milan di Zac, invece, è in piena corsa scudetto ed anzi vi è e la convinzione che una vittoria al Delle Alpi vorrebbe dire arrivare al titolo.

Più che una trasferta, un esodo: treno speciale stracolmo, l’Autostrada A4 trasformata in un fiume rossonero. Il colpo d’occhio allo stadio è davvero impressionante con tifosi milanisti in ogni dove.




La sola nota stonata è vedere Carletto Ancelotti sulla panchina della Juve, anche se sarà solo una breve e oscura parentesi nella sua vincente carriera di allenatore.

Primo tempo equilibrato ma a inizio ripresa Weah di testa porta in vantaggio il Milan. Qualche minuto dopo arriva anche un vero gol capolavoro: magia di Zvonimir Boban per il centravanti liberiano che raddoppia con un pregevole esterno sinistro.

La corsa di Boban e Weah, mano nella mano sotto il settore ospiti, è forse l’immagine simbolo del campionato rossonero.


La curva impazzisce. Ancora una volta padroni a Torino e, come da tradizione, la vittoria sotto la Mole vorrà dire scudetto.

In un insolitamente piovoso sabato di maggio arriverà infatti il sorpasso alla Lazio (bloccata dal pareggio a Firenze) e quindi la settima vittoria consecutiva del Milan al Renato Curi di Perugia.

Mentre i rossoneri festeggiano il sedicesimo tricolore mi piace immaginare un sorriso anche sulle labbra di Carletto mentre un’immagine ancora non ben delineata prende prende forma nel suo subconscio: la Coppa dei Campioni (la sua prima da allenatore e ovviamente, con la sua seconda pelle, quella rossonera).

Tutto ciò, quattro anni dopo, nella notte della catarsi collettiva di Manchester con il rigore di Sheva a riscrivere la storia, sublimazione di tutte le ingiustizie subite dalla Juventus.

28 maggio 2003: stadio Old Trafford, semplicemente il Teatro dei Sogni.


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