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La lezione di Messias e le speranze riaccese, contro assenze pesanti e... Çakir

di Luigi Matta

Che serata. Vengono i brividi a parlarne. Dopo la deludente - e colma di rimpianti - sconfitta di Firenze, il Milan ritrova il proprio DNA e le proprie convinzioni sul palcoscenico che più gli è affine nella tradizione: la Champions League. I rossoneri sono arrivati allo scintillante Wanda Metropolitano con un solo risultato a disposizione: la vittoria.


La sfida con i colchoneros stava per assumere i contorni dell'ennesima serata dolente di questa rassegna europea del Diavolo perché, tolta la pessima uscita di Oporto, si è sempre avuta la sensazione che il Milan abbia raccolto meno di quanto meritasse nei match di Champions. Ma la forza di questo meraviglioso gruppo, ancora una volta, sta nell'imparare velocemente dalle sconfitte e dalle serate negative.


E così senza Calabria, Tomori, Maignan e Rebic, il Milan va a Madrid con la consapevolezza di dover badare ad ogni singolo dettaglio, per non sciupare i propri meriti come accaduto sabato sera e, al tempo stesso, per non pagare a caro prezzo i singoli episodi, come si è visto contro il Porto a San Siro. Nel mercoledì sera di Champions League, il lampo che riaccende le dolci speranze, arriva da Junior Messias. A volte il destino sembra farlo apposta: "Proprio lui!" come urlato ieri sera in telecronaca dal noto Sandro Piccinini.


Eh già. Stavolta non viene in mente nient'altro. Proprio lui. L'innesto criticassimo e inviso a gran parte della tifoseria. Proprio lui che, fino a 5 anni fa, calcava i campi del campionato di Eccellenza. Proprio lui che, abituato ad inseguire i sogni contro tutto e tutti, segna il gol decisivo all'esordio assoluto in Champions League e impartisce una lezione fin troppo elementare: mai smettere di sognare.


Il Milan ci ha creduto e, adesso, ci credono ancor di più i tifosi perché, nonostante l'impresa resti davvero ardua con poche combinazioni a favore, c'è un profondo senso di ingiustizia nella situazione di classifica che vede il Milan a 4 punti nel gruppo B di Champions League. Il match del 7 dicembre, contro il Liverpool, assume quindi un significato ancor più speciale: raddrizzare la follia di Çakir nel match casalingo contro l'Atletico Madrid. Intendiamoci: di errori grossolani ce ne sono stati anche nelle due sfide contro il Porto ma, al netto dei due gol viziati da fallo, preferisco guardare più al fatto che il Milan - sul piano del gioco e dell'intensità - abbia ceduto con troppa facilità 3 tempi su 4 agli uomini di Conceiçao, con le dovute attenuanti.


Quello che, invece, è accaduto la sera del 28 settembre contro i colchoneros, è stato un vero e proprio ribaltamento di quanto avesse decretato l'unico e insindacabile giudice di questo sport: il campo. Il Milan ha stradominato il doppio confronto con Simeone e, oggi, meriterebbe almeno 1 punto in più. Conseguentemente, l'Atletico ne meriterebbe due in meno. Oltre alla questione dei punti, pesa anche la differenza reti che potrebbe essere l'ago della bilancia decisivo per sancire la seconda qualificata agli ottavi di finale dal gruppo B.


Pazienza. È l'unica cosa che si può dire. Il Milan continua ad emozionare i propri tifosi e respingere al mittente gli scetticismi legati all'enorme crescita di questo gruppo. Godiamoci questa bella vittoria, con la testa al Sassuolo per rimediare la brutta serata di sabato. Poi torneremo a pensare alla sfida con Klopp, per legittimare le nostre immense potenzialità e cercare di battere anche un arbitro venuto a San Siro colmo di malafede.


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