di LM
Si è chiuso anche questo mercato. All'insegna degli sbalzi d'umore, come del resto ogni mercato. Tuttavia, quest'anno è stato molto particolare. Probabilmente, la chiusura imperiosa della scorsa stagione ha alzato di molto le aspettative e, soprattutto, ha dato quella sensazione che non servissero grandi sforzi, al fine di costruire una squadra finalmente competitiva, almeno per il tanto agognato ritorno tra le prime quattro. La sceneggiatura di questo mercato, neanche a dirlo, ha offerto un intreccio appassionante e pieno di colpi scena. Si è partiti con le operazioni gioventù Kalulu e Roback e, inevitabilmente, qualche malumore si avvertiva. Specie considerando che, nell'altra sponda del Naviglio, approdava uno dei migliori prospetti europei: Achraf Hakimi. Così come approdavano Arthur alla Juventus, Osimhen al Napoli e Pedro alla Roma. Iniziava a serpeggiare il malumore, fino a che la dirigenza non ha portato a casa il colpo Tonali.
Da quel momento, qualcosa si è riacceso nelle speranze rossonere. Anche troppo. Il malumore è stato presto sostituito da un'euforia che, ovviamente, ha portato anche ad ipotesi fantasiose, nonchè a sogni oggettivamente irrealizzabili. Perchè l'emotività dell'ambiente Milan è così: una carovana senza controllo sulle montagne russe. Prima di Tonali, proabilmente, agli occhi di molti tifosi il Milan era una squadra da salvezza. Dopo Tonali, il Milan è tornato un club in grado di sconfiggere chiunque e, soprattutto, di comprare chiunque. La vita è fatta di emozioni, per carità, il calcio più di tutto. Purtroppo però, anche il calcio si fonda su una base razionale che non deve mai mancare.
Che dire dunque di questo mercato? Intelligente, mirato, sostenibile ma, non sarò il primo nè l'ultimo a dirlo: incompleto. Il mancato acquisto del difensore centrale non è stato un errore, nè un incidente di percorso. Si è trattato di una vera e propria scelta dirigenziale. Il duo Maldini-Massara è convinto che l'attuale reparto, negli ultimi anni, non abbia mostrato le sue reali capacità. Dalle parti di Casa Milan sono convinti che, sia numericamente che qualitativamente, l'assetto difensivo non necessiti di rinforzi. L'acquisto di un difensore sarebbe potuto arrivare innanzi ad un'occasione conveniente, quell'occasione non c'è stata, dunque, si resta così. Che dire poi del vice Ibra? Stesso ragionamento, Maldini era stato chiaro dopo il rinnovo di Ibra: "Zlatan è vecchio? Io a 39 anni ho vinto la Champions..." Qualcuno l'ha colta come una battuta, non lo era. Maldini è convinto che, sia fisicamente che tecnicamente, Zlatan sia un vero e proprio titolare inamovibile che non necessiti di altri nomi ingombranti al suo fianco. Se sono d'accordo? Ovviamente no, come tanti altri tifosi. Non ero neppure d'accordo sulla conferma di Pioli, come tanti altri tifosi. Ero contrario anche sull'acquisto di Kjaer, come tanti altri tifosi. Per non parlare di Rebic, specialmente dopo i primi mesi decisamente negativi. Pertanto, dopo tutte queste ipotesi smentite sul campo, si può certamente dare a Maldini il beneficio del dubbio.
Il mercato non ha completato, sulla carta, la rosa del Diavolo. Il fatto è che ora il Milan, probabilmente, non ha le stesse necessità tecniche di qualche tempo fa. Non parlo solo di risultati o di cifra qualitativa ma, soprattutto, della mentalità che si sta riportando a Milanello. Quella mentalità che, in preda all'emergenza, ha permesso al Milan di superare a punteggio pieno un periodo terribile da sei partite in circa venti giorni. La mentalità vincente è un'arma decisiva quanto la rosa. Non a caso nella stagione 2010/11, dietro alla coppia d'oro Thiago Silva-Nesta, risultavano giocatori ben più modesti come Bonera, Legrottaglie e Mario Yepes. Certo... Nesta e Thiago non erano Romagnoli e Kjaer ma, è altrettanto vero che il Milan oggi non punta allo scudetto. Il mercato ha rinforzato la base verde su cui lavorare per il futuro. Ha sbagliato la dirigenza? Può essere, certamente oggi nessuno ha gli elementi per bocciare a priori la stagione. In compenso ce ne sono tanti altri che danno speranza. Quindi, nessun voto al mercato. Potrei dire 6 o 6,5. Potrei alzarlo a 7 mettendo in luce le straordinarie cessioni utili al bilancio. Ma non darò nessun voto, perchè l'unico voto che conta è quello del campo.
Abbiamo rischiato le coronarie con il Rio Ave; ci siamo lasciati andare a qualche imprecazione nel primo tempo con lo Spezia. Ora c'è il derby. C'è l'Inter. Non sarà un derby qualunque. Innanzitutto sarà un derby a "porte semi chiuse", con giusto 1000 persone adibite all'illusione dell'effetto bolgia, quell'effetto che solo 80.000 anime a San Siro possono dare. Sarà un derby senza coreografie ma, al tempo stesso, sarà un derby carico di emozioni che dirà molto sul Milan, non sulla sua stagione ma sul suo spirito. Il direttore di Milan Tv Mario Suma, in una trasmissione televisiva di molti anni fa disse: "L'Inter vive con l'ossessione del derby, per questo lo vince molto più spesso di noi". Mi permetto di rivisitare questa affermazione. Negli ultimi quattro anni, l'Inter ha vinto i derby di campionato perchè è sempre entrata in campo con la mentalità guerriera, non proprio un'ossessione, piuttosto una smisurata voglia di dare tutto per sconfiggere il Milan. L'emblema di questo ragionamento è il derby di ritorno della stagione 2018/19. L'Inter arrivava da un match molto duro con l'Eintracht in Europa League. Lo spogliatoio nerazzurro era nel pieno del tumulto esploso con il caso Icardi. I nerazzurri entrarono in uno stadio a tinte rossonere, essendo "in trasferta", con un allenatore partente a fine stagione. Affrontarono una squadra elogiata da tutti per i risultati, avanti a loro in classifica. Vinse l'Inter... e lo fece con personalità. La stessa personalità che ora è chiamato a tirare fuori il Milan, al di là del mercato. Al di là delle incompletezze della rosa. Al di là di tutto. Per spezzare questa striscia negativa che il Diavolo non merita.
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