Domenica pomeriggio. Ore 17:00. Sto per sistemarmi comodamente davanti alla tv, tra pochi minuti inizia il Milan. Mi rendo conto che manca qualcosa. Già, ho dimenticato le sigarette in macchina, vado a recuperarle. Tabellino finale: due rampe di scale, sigarette recuperate. Fiato corto e, immancabilmente, la sensazione di aver scalato l’Everest; poi mi siedo e penso: abito ad un’ora e un quarto di macchina da Milano, quanto potrà essere differente il clima da quelle parti? Non voglio annoiarvi: questo non è il report dei miei riti propiziatori pre-match, né il bollettino meteo. Era una semplice riflessione, in quel di Milano si è giocato con una temperatura infernale: 32 gradi con un’umidità intorno al 60%; sembrava di essere tornati a Pasadena nel 1994: finale dei Mondiali in Usa. Allora si giocò alle 12:30, con 36 gradi e umidità al 70%. Preso dalle analogie climatiche, mi aspetto il commento di Bruno Pizzul, invece comincia Milan-Roma e, come preventivabile, i primi minuti di gioco non sono uno spettacolo.
Il Milan prova a far girare il pallone, la Roma tenta di innescare qualche offensiva ma, nel complesso, clima rovente a parte, c’è poco di cui prender nota: gli unici veri squilli del primo tempo sono due insidiosi colpi di testa: Dzeko sfiora il gol da una parte, Çalhanoglu spreca una buona occasione dall’altra.
Poi inizia il secondo tempo: le fragilità della Roma emergono, il dinamismo del Milan cresce fino a predominare. Pioli capisce che è un buon momento, si può alimentare la creatività del suo Milan. Doppio cambio al 54’: fuori un insipido Castillejo ed un impacciato Bonaventura, al loro posto entrano Paquetà e Saelemaekers. Fonseca avverte il pericolo e prova a replicare: entra Carles Perez al posto di Kluivert. La manovra del Milan appare più fluida, Çalhanoglu sale in cattedra, dialoga brillantemente con i subentrati e, complice il calo dei giallorossi, primeggia sulla trequarti. Mirante prova ad arginare il crescendo dei rossoneri; Fonseca rileva Dzeko a favore di un impercettibile Kalinic e, di fatto, rimuove l’unica origine di imprevedibilità dei giallorossi. La Roma si perde via via nelle sue imprecisioni: al 76’ Zappacosta sbaglia un clamoroso disimpegno, Rebic si avventa sul pallone e innesca l’azione che porta al gol del vantaggio. Il gol è una mazzata per la Roma che, da quel momento, sparisce definitivamente dal campo. Rebic segna e poi esce, lasciando il posto ad un sorridente quanto poco incisivo Rafael Leao. Fonseca prova a cambiare qualcosa, invano. La sua Roma è lo specchio del turbolento ambiente circostante, i rossoneri affondano il colpo al minuto 86: un imprendibile Theo Hernandez si guadagna un netto calcio di rigore, Çalhanoglu lo trasforma. Fine della partita. 2-0 e altri tre punti per un Milan sempre più compatto e piacevole. Se è inevitabile lodare la fase offensiva del Diavolo, è doveroso altresì sottolineare, ancora una volta, l’ottima stabilità del riparto difensivo: Kjaer e Romagnoli sembrano una coppia rodata da anni. Il danese soprattutto, oltre a rendersi protagonista di un recupero-lampo, si è nuovamente distinto per una prova di grande solidità. A questo punto, il suo riscatto dall’Atalanta, più precisamente dal Siviglia, appare sempre più vicino. (3,5 milioni, ndr)
La settimana scorsa ne avevamo discusso: la Roma è invischiata in un caos interno molto delicato, noi milanisti sappiamo bene cosa comporti. Era il momento ideale per colpirla, così è stato. Ora il distacco si è ridotto a 6 punti, i rossoneri devono crederci, come ci crede il mister Pioli. A tal proposito, questa sera si va a Ferrara. Di fronte ai rossoneri ci sarà la Spal, ultima in classifica(18 punti, ndr). Dopo le buone prestazioni contro Juventus, Lecce e Roma, la trasferta estense può apparire come agevole, NO. Certo è che nemmeno la Spal si trovi una situazione rosea: classifica a parte, gli uomini di Di Biagio sono ripartiti decisamente male: due sconfitte consecutive contro Cagliari e Napoli, un solo gol segnato, quattro incassati. Ma attenzione alle sorprese. Il tecnico rossonero ha alzato la guardia in conferenza stampa: “Dovremo affrontare la Spal con convinzione e concentrazione, arrivano da due sconfitte in cui potevano avere altri risultati”. Ha inoltre aggiunto: “Dobbiamo pensare solo alla gara di domani. Sarà difficile e complicata. Non possiamo permetterci di pensare ad altro”. La Spal aleggia nel pieno della zona retrocessione e, a tal proposito, forse qualcuno ha portato all’attenzione del mister una preoccupante statistica: Dalla stagione 2015/16 ad oggi, nelle ultime 10 giornate, il Milan ha affrontato nove volte squadre poi retrocesse, ottenendo solo tre vittorie, quattro pareggi e due sconfitte.
Stagione 2015/16: retrocesse Carpi, Frosinone e Verona. 34° giornata: Milan - Carpi 0-0, 35° giornata: Verona - Milan 2-1, 36° giornata: Milan - Frosinone 3-3.
Stagione 2016/17: retrocesse Empoli, Palermo e Pescara. 30° giornata: Pescara - Milan 1-1, 31° giornata: Milan - Palermo 4-0, 33° giornata: Milan - Empoli 1-2
Stagione 2017/18: retrocesse Crotone, Verona e Benevento. 34° giornata: Milan - Benevento 0-1, 36° giornata: Milan - Verona 4-1
Stagione 2018/19: retrocesse Frosinone, Chievo ed Empoli. 37° giornata: Milan - Frosinone 2-0
Precedenti che devono avere un solo scopo: mantenere alta l’attenzione. Non esistono però solo numeri preoccupanti. Infatti il Milan può anche sorridere: nel 2020 i rossoneri hanno ottenuto 21 punti, gli stessi ottenuti in tutto il girone d’andata. Inoltre, grazie ai gol segnati alla Roma, il Milan è andato in gol per il decimo match consecutivo. Non accadeva dal 2018, quando la striscia si fermò a 11. Una vena realizzativa ritrovata che, dal match di stasera, può nuovamente contare sull’apporto di Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese è tornato tra i convocati, appare difficile vederlo dal primo minuto, anche se, si sa: Ibra è abituato a stupire, quindi, mai dire mai.
Il match contro la Roma, tra le varie soddisfazioni, ci ha lasciato un’ottima impressione su alcuni giocatori in particolare. Se ho già espresso le mie lodi per Kjaer, non posso esimermi dal sottolineare altre due ottime prove: Paquetà e Saelemaekers. Il belga, da molti ancora non ben noto, ha dato rapidità e freschezza alla manovra; Pioli lo ha schierato nel suo ruolo naturale: esterno alto. Il belga ha risposto con una prestazione importante. A questo punto, dalle parti di Casa Milan, si inizia a considerare una sua permanenza, dopotutto, i parametri sono perfettamente in linea: giovane età, talento, prezzo abbordabile. Il riscatto di Saelemaekers, come quello di Kjaer, è fissato a 3,5 milioni di euro. Il Milan ci pensa, Alexis ha altre 11 partite per fugare ogni ragionevole dubbio.
Passiamo ora a Lucas Paquetà, uno dei miei crucci personali. Paquetà ha fatto il suo ingresso in campo all’ottavo minuto del secondo tempo. L’approccio iniziale alla gara è stato, più o meno, in linea con le ultime uscite: disattenzioni di troppo, scarsa reattività, giocate troppo elaborate. Col trascorrere dei minuti è cresciuto, è entrato nel vivo della manovra e, a tratti, ha mostrato quei lampi di talento che, non molto tempo fa, deliziavano i tifosi rossoneri. Paquetà è uno dei giocatori che, a parer mio, il Milan deve gestire con primaria attenzione. Parliamo di un classe ’97 dall’indubbio potenziale; il suo “peso” a bilancio è ancora importante(circa 25 milioni, ndr). Date le prestazioni sottotono, è difficile generare ora una buona plusvalenza. Il Milan è tentato dall’ipotesi di inserirlo in qualche scambio, secondo i rumours. Sarebbe curioso, però, vederlo nel nuovo assetto tecnico targato Rangnick. Urge maggiore attenzione per Paquetà e, soprattutto, urge la necessità di collocarlo in un contesto tattico preciso. Meno rotazioni di ruolo e maggiore spazio sulla trequarti. Rangnick, eventualmente, potrebbe essere il tecnico giusto, con la filosofia giusta. È innegabile, però, che lo stesso Lucas debba dare più continuità alle sue prestazioni. La sua involuzione è stata deludente e, anche il brasiliano, può annoverare le sue parti di responsabilità. Pensando a Paquetà, non ho potuto che pensare ad un’altra “meteora” del Milan: Yoann Gourcuff. Il francese arrivò nell’estate del 2006, dopo un Europeo Under-21 da assoluto protagonista. Per i più, Gourcuff era l’erede naturale di Kakà. All’inizio parve davvero così: segnò subito all’esordio in Champions League e sfoggiò giocate di assoluto valore, tuttavia, il suo percorso di crescita si interruppe bruscamente, tra atteggiamenti sbagliati, scarso impegno e, forse, troppa superbia. Gourcuff, in poco tempo, è finito nell’angolo dei “Sarei potuto diventare”. Non commetta lo stesso errore Paquetà, in questo momento il brasiliano è ancora nell’angolo dei “Posso ancora essere…”
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