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Dall’inferno al paradiso in 270 minuti. Lazio e Juve distrutte. Rimpianti e futuro...

di LM



Che serata. Che spettacolo. Che settimana. Il Milan stabilisce una spietata equità di trattamento: Lazio prima, Juventus poi. Il 4-2 contro i bianconeri, tra le note di apertura dell’immortale Morricone, è pura magia per il Diavolo. Chi lo avrebbe detto? Chi lo avrebbe detto al 53’? Dopo che Ronaldo, con la gentile assistenza di Kjaer e Romagnoli, depositava in porta il pallone del 2-0. Eh no, non era iniziato bene questo Milan-Juve. Nel primo tempo, dopo una fase di simmetria tra le squadre, emerge progressivamente la qualità dei bianconeri: Ronaldo e Rabiot, tra i più positivi, prendono le misure della porta. Il Milan cerca di replicare, affidandosi a Zlatan Ibrahimovic, ma sembra troppo poco. La Juve mostra un passo diverso, infatti, in 5 minuti i rossoneri ricevono due ammonizioni: Paquetà e Bennacer(31’ e 36’, ndr), figlie di un maggior dinamismo da parte dei bianconeri. Il brasiliano lascia il campo nell’intervallo: un altro passo indietro per Lucas, prova non esaltante. Entra Çalhanoglu. Passano due minuti, Rabiot si prende la scena: galoppata inarrestabile verso l’area, tunnel a Theo Hernandez, Romagnoli temporeggia troppo, sinistro impeccabile sotto la traversa: 1-0 per la Juve. Il Milan prova a rialzarsi, ma le cose peggiorano: come anticipato poc’anzi, Kjaer e Romagnoli inscenano un’azione da horror: saltano insieme, provando ad intercettare uno spiovente, ma si scontrano l’un l’altro. Esito: Ronaldo tutto solo può insaccare il 2-0. Ci risiamo: soliti errori, solite banalità.

La Juve gestisce il doppio vantaggio. Poi l’imponderabile, l’inaspettato. Al 58’ Rebic prova a deviare in porta, su un cross di Theo Hernandez. Il direttore di gara ravvisa una deviazione col braccio, da parte del croato. Giallo per il numero 18, manifestamente perplesso. Poi la chiamata dalla VAR Room: Guida discute con i colleghi, riguarda l’azione al monitor, poi annuncia: calcio di rigore per il Milan: il braccio che colpisce il pallone, deviandolo sul fondo, non è di Rebic ma di Bonucci. Mettiamo in chiaro una cosa: nella mia idea di calcio, quel rigore non dovrebbe esistere, né ora, né mai. Distanza troppo ristretta, trovo fisicamente impossibile ritirare il braccio. C’è da dire che Bonucci è ingenuo, perché il braccio lo allunga leggermente, ricordando l’episodio di Conti proprio contro i bianconeri, nella semifinale di Coppa Italia. Fossi un arbitro, non lo fischierei mai. Ma io non sono un arbitro, non sono neppure Rizzoli. Sono solo uno dei tanti che, spesso e volentieri, davanti a certi rigori, ha assistito alla replica di Rizzoli e non: “È il nuovo regolamento”. E regolamento sia. Conosciamo la discriminante: il movimento del braccio verso la palla. Allora che dire, niente di opinabile. Mal comune, mezzo gaudio. Sul dischetto va Zlatan, non perfetto contro la Lazio, ma Ronaldo è più ingenuo di Bonucci. Urla verso Szczesny: “Paralo! Lo conosci!”. Ibra, a quel punto, non può più sbagliare: Szczesny spiazzato: 1-2 al 62’. Sorriso beffardo dello svedese verso CR7. Da quel momento, inizia un’altra partita; Pioli toglie un ottimo Saelemaekers, fresco di riscatto, e inserisce Rafael Leao. Il Milan aggredisce frontalmente la Juventus: siamo al 66’, Çalhanoglu cerca Ibra, il numero 21 apre il varco a Kessiè, l’ivoriano calcia e, complice una deviazione di Danilo, batte il portiere bianconero: è 2-2! Che reazione del Milan, e il bello deve ancora arrivare. Ibra è stanchissimo, lascia il campo a favore di Bonaventura. Passa un minuto e i rossoneri affondano il colpo: Rebic si avventa sul pallone, poi viene trattenuto, Guida concede il vantaggio perché, intanto, sul pallone è arrivato Leao. Il portoghese avanza sulla sinistra, poi calcia violentemente verso la porta, Rugani e Szczesny si fanno sorprendere ed è 3-2.

Inimmaginabile, che rimonta! Bianconeri ribaltati con 3 gol in 5 minuti. La Juve è scioccata, Sarri è una furia. Il tecnico ex Napoli inserisce Matuidi, Douglas Costa e Ramsey, al posto di un sorprendente Rabiot, di un impalpabile Higuain ed un sempre pericoloso Pjanic. Circa dieci minuti più tardi, entra anche Alex Sandro, al posto di Cuadrado. Al 78’ Rugani prova a rimediare ai suoi errori: su calcio d’angolo, il difensore svetta e colpisce di testa, ma Donnarumma è super: il portiere, come riportato da DAZN, va a terra in 0,54 secondi. Pallone tolto dalla porta, Milan ancora avanti. I rossoneri gestiscono il ritorno di una Juve ferita, poi all’80’ la sbandata definitiva dei bianconeri: Alex Sandro, follemente, prova un cambio di gioco orizzontale, il pallone finisce invece a Bonaventura. Jack vede Rebic tutto solo, palla al croato e sinistro micidiale: 4-2! Poco altro da aggiungere. Il match termina così. Il Milan non vinceva segnando 4 gol alla Juve dal 1989. Dunque, altra prova memorabile dopo il tris di Roma. Si chiude una settimana strepitosa per il Milan. Ora appuntamento a Napoli domenica 12, altro scontro fondamentale. Se non era iniziato bene questo Milan-Juve, ancor peggio era iniziata la settimana: avevamo tentato di“alzare l’allerta”, circa i precedenti del Milan contro le future retrocesse. La sera stessa(1 luglio, ndr), nell’assoluto stupore, assistevamo ad una prova mediocre a Ferrara, contro la Spal. Un Milan assolutamente diverso, lontano parente di quello che aveva sconfitto la Roma. Nonostante il regalo di Vicari al 94’, la sensazione era una: ci siamo ricascati. Le buone vecchie ingenuità, di nuovo un passo indietro. Poi, tre giorni dopo, il trionfo a Roma. Seguito dall’impresa di ieri sera. In 270 minuti il Milan sfiora il tracollo, ed il contestuale addio alle speranze Europa, per poi riemergere, proponendosi come la squadra più in forma del momento.

“Avremmo voluto, avremmo dovuto, avremmo potuto. Le parole più dolorose del linguaggio” asserisce lo scrittore britannico Jonathan Coe. Come dargli torto, specie se si pensa a quanti rimpianti lascia il Milan, al netto di queste ultime fantastiche uscite.

Avremmo voluto vedere questo exploit, innegabilmente, da tanto tempo. Che obiettivi avrebbero oggi i rossoneri? Chi lo sa. Nel post Milan-Juve, Zlatan Ibrahimovic ha affermato: “Se venivo qui a inizio stagione, vincevamo lo scudetto”. L’ego di Ibrahimovic non ha limiti. Il Milan ne ha un po’ di più, lasciamo perdere lo scudetto, grazie lo stesso Zlatan. L’obiettivo doveva essere la Champions League, ma purtroppo ora è distante 14 punti. Troppo tardi.

Avremmo dovuto crederci prima, quando ancora era possibile. Lasciandoci alle spalle le già deludenti stagioni passate, imparando dagli errori. A quel punto, davvero, avremmo potuto ottenere ben altri risultati.

Ma la realtà è questa, l’obiettivo è uno solo: un piazzamento per l’Europa League. Al momento, i rossoneri hanno scavalcato Napoli e Roma, in attesa che oggi scendano in campo.

Fuori dal campo, ci sono state importanti novità, ma non troppo. Pare davvero vicino l’approdo in rossonero di Ralf Rangnick. Secondo le indiscrezioni, Gazidis avrebbe comunicato a Maldini, alla vigilia di Milan-Juventus, l’accordo totale con il tedesco. A questo punto, come sempre, si sono susseguite diverse voci: alcuni parlando di declassamento dell’attuale DT, altri di un ruolo operativo al fianco dell’ex Lipsia. Nel pre-partita, Maldini non si è sbilanciato: “A fine stagione vedremo…”. Difficile prevedere cosa accadrà. Personalmente, non ho mai celato la mia opinione. Credo che il Milan, qualora Rangnick e Maldini lavorassero insieme, potrebbe trarne grandi vantaggi. Ma non è uno scenario facilmente percorribile, gli scontri ci sono stati. Adesso c’è solo da aspettare. Gran parte del fronte mediatico, tra un’analisi e l’altra, ha bocciato la scelta di sostituire Pioli. I progressi del tecnico sono evidenti. Qualcuno teme che si possa fare un passo indietro, come accaduto dopo l’esonero di Gattuso.

Io credo che sia necessario fare chiarezza: la professionalità di Pioli è indiscutibile, è altresì inconfutabile il buon lavoro portato avanti, con dedizione, dal tecnico di Parma. È opportuno, però, guardare la realtà a 360°. Pioli ha preso il Milan a -4 dalla zona Champions; oggi la distanza è di 14 punti. Il buon lavoro di Pioli, nel suo complesso, non ha impedito ai rossoneri di incappare in pessime esibizioni. Certamente, non è tutta responsabilità del mister. L’ex Fiorentina lascerà un’eredità importante, rimetterà in gioco il ruolo di molti giocatori che, sotto la sua guida, hanno dimostrato di avere valori notevoli. Ma non basta. Non può bastare. Al Milan serve un cambio di mentalità, vero, repentino. Che rimetta i rossoneri nella posizione di puntare in alto, non solo con le porte chiuse, non solo quando l’obiettivo è minimo. Il Milan deve riproporre le recenti prestazioni, anche quando c’è molto in palio, sapendo gestire l’adrenalina, gli impegni, la paura di fallire. Il Milan deve tornare una grande squadra. Per farlo, occorre ridiscutere totalmente il metodo sportivo e, al tempo stesso, creare una sinergia completa con il club. Purtroppo Pioli non può farlo. Dunque, con buona pace di molti, sostegno assoluto a Pioli fino a fine stagione. Poi bisognerà ricostruire per tornare grandi, perché un 4-2 come quello di ieri sera, si possa ottenere, al più presto, in scontri d’alta classifica.

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