Sorrisi di troppo, aria pesante e... Al Pacino. Ora tocca a chi conosce la vittoria: Ibra e Maldini
- LM
- 29 apr 2021
- Tempo di lettura: 3 min
di LM

Leggo spesso di tifosi che, un po' per senso di ottimismo e un po' per amore della squadra, tentano di placare i malumori con ragionamenti del tipo: "Se ci avessero detto che, a 5 giornate dalla fine, saremmo stati ancora in corsa per la Champions con Juve e Napoli, avrei firmato subito". Sì, posso condividere. Il problema è pensare se ci avessero detto a dicembre che, a 5 giornate dalla fine, il Milan sarebbe stato a pari punti con squadre che - in chiusura di 2020 - ci erano distanti rispettivamente 7 (Juventus, ndr) e 9 punti (Napoli, ndr). Pensare poi se ci avessero detto che saremmo stati scavalcati da chi, alla 14esima di campionato, portava 11 lunghezze di ritardo (Atalanta, ndr). I campionati finiscono a maggio, questa è una grande verità che tutti conoscevamo e continuiamo a conoscere. Peccato aver scoperto che quel meraviglioso Milan, capace di fare più punti di tutti nell'anno solare 2020, sarebbe finito esattamente a dicembre.
La debacle con la Lazio mi ha ricordato molto quella del derby. Non solo per il risultato e per il gol incassato subito in avvio. Soprattutto per quella sensazione che, la squadra, non avrebbe mai segnato perché completamente confusa. Le occasioni ci sono state e il risultato, certamente, è stato troppo penalizzante, al netto della giocata di prestigio di Orsato su cui cerco di non soffermarmi. Poi vengano a dirci che la malafede non esiste, soprassediamo. Il Milan si è disunito, si è concesso ad un avversario che ha nelle ripartenze la sua arma più devastante. Ha incassato tre gol da una squadra che, pochi giorni prima, ne aveva presi 5 da una diretta avversaria per la Champions League. Pessimo segnale.
Ad acuire i malumori della 'legnata', il 'caso Donnarumma' con le risatine a fine gara in compagnia dell'ex compagno Reina. Per carità, non c'è niente di male. La concezione che, quando si subisce una sconfitta, occorra camminare per le strade vestiti di nero e con il crocifisso tra le mani, fa parte di una delle tante sfaccettature di retorica "all'italiana". Diciamo che Gigio è stato ingenuo perché, conoscendo bene la situazione di classifica, unitamente a quella che lo riguarda 'contrattualmente', si è concesso agli umori inviperiti dei tifosi (giustamente) arrabbiati, nello stesso modo ingenuo con cui i suoi compagni si sono concessi alle ripartente letali della Lazio. L'aria ora si è fatta è pesantissima, specialmente quando si è venuti a conoscenza del fatto che, il Milan, sarebbe la prima squadra a non andare in Champions League dopo esser stata Campione d'Inverno.
La maggior parte dei tifosi affezionati alla squadra si è sentita tradita. Specialmente perché, proprio nel corso di questa stagione, mai qualcuno si è sognato di puntare il dito ai primi problemi visto quello che di meraviglioso si stava vivendo. Ora però è difficile rimanere ottimisti, anche se è obbligatorio farlo visto che, come il campionato non finiva a dicembre, non è finito neppure oggi. Mancano 5 giornate decisive che, La Gazzetta dello Sport, ha definito 'Le 5 giornate di Pioli". Il tecnico è quello che sta pagando più di tutti il crollo del girone di ritorno.
La dura vita del frontman. Quando le vittorie ti portano ad esaltazioni come "Pioli is on fire", appena le cose andranno male sarai il primo a tornare "On fire" nell'accezione opposta. Di errori ne ha commessi molti Pioli però, molto onestamente, non più di chi ha attorno. Le parole contro l'arbitro, così come quelle che settimane fa rinnegavano la pronuncia della parola scudetto, hanno mostrato la scarsa serenità dell'allenatore. Un allenatore, il cui percorso, era già iniziato in forte salita e sembrava si fosse preso ciò che meritava. Un triste destino che può ancora cambiare, in queste 5 decisive partite di fuoco.
Impossibile non citare Al Pacino e quella scena de "Ogni maledetta domenica", sempre d'impatto quando la si applica alla realtà dello sport. Così come quelle parole "O noi risorgiamo adesso come collettivo, o saremo annientati individualmente". È proprio così. Il successo o l'insuccesso ora possono premiare il gruppo, oppure finire per colpire ognuno degli interpreti. Il destino del Milan, a questo punto, è nella mani di chi ha la schiena abbastanza dritta per conoscere come si debba risalire. Solo due persone, a Milanello, hanno questa capacità: Paolo Maldini e Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese tornerà contro il Benevento e, oltre alla necessità del gol, servirà tutta la sua mentalità da guerriero. Maldini..beh non ha bisogno di presentazioni né che io dica cosa debba fare. Un uomo che ha affrontato i tifosi dopo una finale come quella di Istanbul, sa fin troppo bene cosa sia necessario fare. Ora o mai più.
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