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Tutti delusi, tutti arrabbiati. È più timore che rabbia, lo stesso errore del 2019

  • Immagine del redattore: LM
    LM
  • 8 apr 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

di LM




Nella speranza che tutti abbiano trascorso una piacevole Pasqua, sicuramente ciò non è accaduto al Milan. Nel pranzo pre-festivo di sabato, il Diavolo trova nell'uovo una sorpresa amara, amarissima. La sorpresa si chiama Sampdoria. Alla prima tappa di un percorso duro che dovrà mettere in luce il carattere del Milan, ne emerge un insipido quanto scocciante 1-1. Il centrocampo è macchinoso, la trequarti è confusa, Ibrahimovic è in riserva d'energia, i terzini svogliati. A tutto ciò si aggiunga la brillantezza e i ritmi notevoli di un'ottima Sampdoria. Un pessimo pranzo, condito dall'ingenuità di Theo Hernandez.


L'unica nota piacevole la porta il solito biondino del girone d'andata: Jens Petter Hauge. Alla prima (probabilmente unica) occasione che gli capita, indirizza il pallone in rete facendo ciò che al Milan sembra non riuscire più: la cosa giusta, semplice. Lo fa quel ragazzino che, a detta di molti, è un flop. Classe 1999, 18 presenze (3 da titolare, ndr) e 2 gol in Serie A. 3 gol e 1 assist in 5 presenze in Europa League. 21 anni, alla prima esperienza in un club europeo che è passato dalla lotta al 6° posto ad essere in testa per 21 giornate. Non vincerà il Pallone d'Oro ma 'flop' forse è ancora presto. Se no sembra che i giovani siano bravi solo quando li prende il Lipsia.


Il Milan salva la pelle e porta a casa un punto. Tanto basta per tenere dietro la Juventus che vince il recupero col Napoli, ma avendo prima pareggiato con il Torino quindi resta a -1. L'Atalanta si avvicina a -2. Resta a -4 il Napoli. 9 partite al termine e un calendario che, senza voler sminuire né sottovalutare nessuno, può essere agevole per il Milan. Tra i tifosi serpeggia negatività, acuita dalle sempre più noiose voci sui rinnovi contrattuali. Qualcuno chiede la testa di Pioli, qualcuno contesta il "quasi fatto" rinnovo di Ibrahimovic. Sembra rabbia e caos. In realtà è paura. Paura di vedere un progetto meraviglioso perdersi ancora nelle mancanze di base. Dai sogni scudetto all'incubo di un altro anno fuori dalla Champions.


Si teme il peggio, è normale. Peccato. Sembra che pochi abbiano imparato la lezione del 2019, quando alla guida c'era Gattuso. In effetti manca solo una lite tra Kessié e Biglia per riproporre lo stesso identico scenario. Il Milan di sabato ha deluso; probabilmente il peggiore della stagione dal punto di vista qualitativo, migliore solo di quello visto contro Spezia e Atalanta. Non può andare bene ma c'è ancora da sudare. Il Milan ha certamente dimostrato di non possedere, al momento, una stazza caratteriale tale da saper approcciare con costanza partite proposte come 'finali'.


Ora, però, bisogna andare oltre e imparare dal 2019. Lo deve fare la squadra in primis, isolandosi dal fastidioso vociare attorno all'ambiente e tirando fuori l'orgoglio, prima ancora del gioco. Perché se le gambe non girano, il carattere deve fare da contrappeso. Il Milan non può permettersi minimamente di mostrarsi con sufficienza all'avversario, assolutamente. Urge ritrovare la scintilla. Un atto dovuto non solo ai tifosi o alla squadra, ma al rispetto di quanto fatto in stagione da loro stessi. Contro critiche, detrattori, calcolatori di rigori e teorici delle 'porte chiuse'.


Nel 2019, le chiacchiere ci fecero crollare e rimanere fuori dalla Champions per un punto. Mentre davanti a noi svolazzavano in Champions squadre che, alla penultima perdevano in casa con il Sassuolo, potendosi giocare lo scontro diretto all'ultima solo perché la rivale pareggiò a Crotone. Le critiche alla squadra non devono far dimenticare che, in queste ultime stagioni, poche squadre, salite sul palcoscenico europeo di lusso, hanno fatto tanto più del Milan. Il Milan deve rispettare se stesso, i tifosi crederci fino alla fine. E se le speranze verrano disattese, si condannerà. Ma urlare "Al rogo! a 9 passi dalla fine, vuol dire andare incontro a sconfitta certa.

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