top of page
  • Immagine del redattoreLM

Una grande serata, ciò di cui c'è bisogno. Incerottati vs acciaccati, non sarà il gioco a deciderla

di Luigi Matta


Ancora due partite e finirà il girone d'andata. Tra tanti urli di gioia, seguiti da mugugni di delusione, il Milan si presenta al giro di boa con 39 punti e il secondo posto in classifica. Un punto in meno rispetto alla passata stagione quando, i rossoneri, erano in testa a 40 punti e, invece di essere a -1 dall'Inter come oggi, erano appena un punto avanti alla Beneamata.


Un canovaccio simile ma, ovviamente, con sfaccettature completamente differenti. Se l'anno scorso il Milan era la rivelazione, la squadra in risalita, quest'anno il Diavolo è una delle candidate al titolo, non per volere dei media ma per vera e propria presa di posizione della squadra, così del tecnico Stefano Pioli.


È presto per dire se quel "Vogliamo lo scudetto" abbia penalizzato il gruppo rossonero che, ancora una volta, paga la disfatta fisica cui deve far fronte il tecnico Pioli ad ogni appuntamento. Completamente smembrata l'ossatura della squadra che, di partita in partita, è costretta e reinventarsi senza solidificare l'identità tattica che, con l'organico al completo, rende il Milan - se non la più bella - una delle squadre più belle da vedere nel nostro campionato.


Rispetto alla scorsa stagione, i problemi sono arrivati prima. I due ko con Fiorentina e Sassuolo, culminati con la 'quasi sconfitta' di Udine, hanno fatto suonare l'allarme e. inevitabilmente, hanno portato scoramento ad una tifoseria che, fino ad un mese fa, sognava in grande, in Italia ed in Europa. La visione del tifosi - eccezion fatta per i drammaturghi di professione - è lineare: "Si può perdere, si può pareggiare, ma non si può essere assenti nel match". È l'atteggiamento l'ago della bilancia che scandisce il volume degli umori.


A Udine, il Milan ha scoraggiato molti tifosi. Al netto delle assenze, la prestazione è stata largamente insufficiente. Tanto possesso palla, pochissima intraprendenza. Il solito gol regalato e tanta confusione. I giocatori di Pioli - eccezion fatta per Messias -, quasi mai, hanno cercato l'uno contro uno con l'avversario e, evidentemente, ciò accadeva perché le gambe non seguivano il pensiero di gioco. Ci ha pensato poi Zlatan Ibrahimovic, con la sua immensità, a rimediare una partita che poteva essere la terza sconfitta stagionale in campionato.


È proprio Ibrahimovic a fotografare il momento del Milan. La solita foga agonistica, condita da rimproveri ed incitamenti 'alla Zlatan', è stata soppiantata da numerosi applausi di incoraggiamento, anche in letture errate che facevano infervorare il tifoso spettatore. Una resa? No. Per niente. Anzi, è il segnale che, lo stesso Ibrahimovic, aveva ben chiaro lo stato fisico della squadra. Lo sa bene uno come lui quando si deve battere il ferro, così come sa bene quando bisogna 'coccolare'.


Archiviata la partita con i friulani, ora arriva il Napoli. Sembra un paradosso ma, davvero, è ciò di cui aveva bisogno il Milan ora, come ne aveva bisogno dopo Firenze. Una grande sfida, una serata importante, contro un avversario di livello che, proprio come noi, sognava in grande fino a settimane fa e, ora, si trova al quarto posto attanagliato da pesanti assenze fisiche.


Ma, una sfida come quella di domenica sera, non sarà decisa dal gioco o dalla situazioni tattiche. Impossibile rivedere lo smalto e la brillantezza di un Milan privo dell'esplosività di Leao, orfano del cinismo di Rebic, senza le salite di Calabria, la solidità di Kjaer e la forma migliore di Theo Hernandez, Brahim Diaz e il rientrante Giroud. Impossibile immaginare un Napoli fluido e verticale senza il genio di Fabian Ruiz, la guida difensiva - e non solo - di Koulibaly, la rapidità di Osimhen.


Saranno le motivazioni a far la differenza, la capacità di leggere i momenti specifici della contesa. La voglia di uscire dal campo con nuovo entusiasmo, con quella scintilla che possa ridare slancio per il prosieguo della stagione. Quell'ambizione di dimostrare, ancora una volta, di essere stati dati per morti troppo presto. E allora questa volta, dopo che ce lo hanno ricordato per mesi l'anno scorso, tocca a noi ricordare a tutti, in primis i tifosi preoccupati, che il campionato finisce a maggio. E soprattutto, che è ancora troppo presto per piangere.

91 visualizzazioni0 commenti
bottom of page