Manchester 2003: non è solo il racconto di una trasferta, è la storia di due settimane di passione, l’epilogo di un lungo cammino cominciato con i preliminari nella Repubblica Ceca alluvionata e proseguito con trasferte mitiche come Monaco di Baviera, Mosca e Madrid.
Dopo i gironi eliminatori le emozioni sono addirittura aumentate. Prima l’Ajax, con la sempre affascinante Amsterdam da visitare e una qualificazione guadagnata all’ultimo minuto, poi il derby che ha sicuramente accorciato di qualche anno la vita di tutti i tifosi rossoneri. La finale contro la Juventus si presenta quindi come la degna conclusione di questa avventura.
Il tempo per organizzare la trasferta è limitato. In Viale Bligny (storica sede della Fossa) la circolazione è praticamente bloccata da una fiumana di tifosi riversa in strada per sfuggire alla calura. Un’anomala bolla africana contraddistinguerà infatti tutta l’estate, divenendo per Milano memorabile come la storica nevicata del 85.
Maglietta Fossa dei Leoni commemorativa dell’evento
Arriviamo a Manchester nel pomeriggio (sono insieme all’amico Lucio), rinunciando così a visitare la città, tra l’altro non certo famosa per attrattive turistiche particolari.
Si discute molto nel pre partita del rischio di incidenti con i tifosi bianconeri, soprattutto dopo i recenti scontri. La polizia inglese ha promesso il pugno di ferro e i bene informati vociferano di un presunto patto di non belligeranza tra ultras per non far degenerare la situazione. La circostanza viene seccamente smentita dalla Curva rossonera ma, in ogni caso, non succede nulla di particolare per la mirabile attività preventiva dell’organizzazione. La quasi totalità degli Juventini atterra infatti a Liverpool e da lì direttamente condotta nei settori dell’Old Trafford a loro riservati.
Biglietto partita
Coreografia della Curva
La tensione nel “Teatro dei Sogni” è palpabile. La Curva Sud realizza una splendida coreografia che copre l’intero West Stand, con la perentoria esortazione a riconquistare quella che è la ‘nostra’ coppa.
Shevchenko segna subito ma la rete viene annullata per un discutibile fuorigioco. Poco dopo è Buffon a superarsi su un colpo di testa di Inzaghi.
Nel secondo tempo la Juve cresce, colpisce una traversa con Conte e mantiene un maggior possesso palla. A sostituzioni terminate, poi, l’infortunio di Roque Junior ci costringe di fatto ad affrontare i supplementari in inferiorità numerica. Non succede tuttavia nulla di rilevante e si arriva ai tanto temuti calci di rigore.
Dalla curva si alza un possente coro:
“Forza lotta vincerai, non ti lasceremo mai”.
In queste poche parole è racchiusa tutta l’essenza del tifare Milan L’invito a combattere, a vincere, ma con la più grande dichiarazione d’amore che qualsiasi cosa accada, noi ci saremo sempre.
Il primo a presentarsi sul dischetto è Trezeguet. Dida para. Serginho ci porta in vantaggio ma è ancora troppo presto, infatti la rete di Birindelli e l’errore di Seedorf riequilibrano il punteggio.
Al successivo errore di Zalayeta fa seguito un tiraccio centrale di Kaladze.
Parte Montero e Dida para il suo terzo rigore su quattro.
Ora è la volta di Nesta, non certo un rigorista ma in questo momento serve più che altro il carisma e la forza mentale. Sandro non sbaglia. Del Piero è a sua volta impeccabile, quindi tocca a Sheva.
Tutto dipende da lui , la pressione è enorme perché la gloria è a soli 11 metri di distanza e Sheva, dopo interminabili secondi di attesa, segna spiazzando Buffon.
Il rigore di Sheva
È difficile descrivere con le parole quello che succede dopo. Gli spalti tremano e sembra di essere travolti da un’onda gigantesca. La gente urla a squarciagola, piange. In questo momento sembra non esserci nulla di più importante al mondo.
L’altoparlante trasmette a tutto volume l’inno “Milan, Milan” e poi “We are the Champions” dei Queen.
Paolo Maldini, 40 anni dopo suo padre Cesare, alza la Coppa dei Campioni nel cielo d’Inghilterra. È la coppa che rende giustizia alle nefandezze juventine negli anni 70 e 80 e mi piace immaginare su quel palco anche Gianni Rivera che pagò in prima persona la ribellione al Palazzo, sottomesso in quei tempi come non mai alla dinastia sabauda.
Dopo due ore la curva è ancora gremita e un solo coro si ode dentro e fuori l’Old Trafford:
“Siamo noi, siamo noi .. I campioni dell’Europa siamo noi”
E’ una notte indimenticabile, una notte che vale una vita, un carico di emozioni capace di colorare mesi di ordinaria monotonia. Il Milan è nella leggenda e noi anche.
Tutti i voli sono in enorme ritardo e il terminal 2 del Manchester Airport si trasforma in un’arena improvvisata dove dare ancora una volta sfogo alla nostra gioia.
L’adrenalina è fortissima e dormire è semplicemente impossibile. Il mio volo non parte sino alle cinque del pomeriggio successivo (14 ore dopo l’orario previsto) così quando sbarco a Malpensa sono letteralmente trasfigurato per la stanchezza ma con la consapevolezza di avere assistito alla più grande vittoria di sempre.
28 maggio 2003: il Milan è campione d’Europa.
Gazzetta dello Sport
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