di Massimo Volpato
C’era una volta la Coppa Intercontinentale, una competizione con un grande fascino che metteva in palio il titolo di Campioni del Mondo per clubs. Era una sfida andata e ritorno tra i campioni d’Europa e i Campioni del Sudamerica, con una partita nel Vecchio Continente e una in America Latina, e significava molto di più di qualsiasi altra competizione.
Non è il Mondiale per Club odierno, e non è nemmeno la sfida in campo neutro, seppur affascinante, organizzata dai giapponesi negli anni ottanta/novanta.
Se una volta c’era tutto questo e ora non più, la colpa è sicuramente di quello che è successo il 22 ottobre 1969 alla Bombonera di Buenos Aires.
Ma prima di quel famoso 22 ottobre, c’è stata la partita d’andata, a San Siro, quattordici giorni prima, il Milan di Nereo Rocco supera l’Estudiantes in modo imbarazzante con un perentorio 3-0 con reti di Sormani all’8′, Combin al 45′, di nuovo Sormani al 71′.
La squadra argentina, non è proprio una corazzata, è una squadra che, con impegno, spirito di sacrificio e applicazione è arrivata a vincere la Libertadores e l’Intercontinentale l’anno prima, ma non ha grandissime individualità. La squadra è composta da onesti mestieranti, esperti bucanieri del calcio sudamericano che sapevano il fatto loro e con qualche fabbro dedito a distruggere più che a costruire gioco.
Negli anni ’60, in Argentina, il pallone era anche e soprattutto questo.
La formula della competizione, considerato il risultato dell’andata, avvantaggia i rossoneri perché è stata abolita la regola che vedeva vincere la coppa, chi nel doppio confronto avesse fatto più punti nelle due partite, con eventuale spareggio in caso di parità, (regola fatale ai rossoneri nel 63 contro il Santos di Pelè) e si è adottato la formula più classica, quella della differenza reti, con il gol in trasferta che vale doppio che avrebbe deciso il vincitore della Coppa. E con il 3-0 dell’andata poteva far stare tranquillo il Milan, sarebbe bastato andare in Argentina e amministrare il risultato. Certo, l’ambiente sarebbe stato ostico, gli avversari pronti a tutto, ma la differenza di tasso tecnico e di organizzazione di squadra è talmente ampia che la truppa di Nereo Rocco pensa di poter tranquillamente portare a casa la coppa dalla trasferta intercontinentale.
Sono nel calcio da quarantasei anni, ho assistito a mille battaglie, ma uno spettacolo del genere, tanto disgustoso, non l’avevo mai visto e sicuramente non lo vedrò mai più. (Nereo Rocco)
Però mai sottovalutare gli argentini quando c’è di mezzo un pallone, e mai sottovalutarli quando, insieme a quel pallone, finiscono in mezzo questioni di patriottismo, orgoglio nazionale e fedeltà alla bandiera.
Per questo, il 22 ottobre 1969, non è stata una partita come tutte le altre.
I giocatori rossoneri entrano in campo per il riscaldamento, e subito capiscono che non sarà una serata facile. Appena calpestano il terreno di gioco della Bombonera (che non è lo stadio dell'Estudiantes), su Rivera e compagni piove, ma non è acqua, è caldo e bollente: E’ caffè. Che arriva direttamente dagli spalti, per accogliere al meglio gli ospiti.
Una volta riusciti a terminare il riscaldamento, i giocatori del Milan si mettono in posa per le foto di rito: Cudicini, Malatrasi, Anquiletti, Fogli, Rosato, Schnellinger, Lodetti, Rivera, Sormani, Combin, Prati.
In quel momento, scendono sul terreno di gioco anche i padroni di casa dell’Estudiantes, ognuno porta con sé un pallone e tutti insieme, prendono il pallone, lo portano ai piedi, e lo calciano, con forza, verso i calciatori del Milan schierati in posa per la foto.
Superate le difficoltà iniziali, finalmente si scende in campo.
Dopo 16′ Prati si becca un calcione nella schiena dal portiere avversario Poletti, dopo esser già stato abbattuto dal terzino. Pierino poco dopo è costretto ad abbandonare il campo dopo essere svenuto durante una mischia nell’area argentina. Le affascinanti immagini dell’epoca, piuttosto vaghe non mostrano quello che è successo con estrema precisione. Forse, meglio così.
Dopo aver preso a botte Prati, i giocatori argentini individuano in Nestor Combin il loro obiettivo, ma perché questo accanimento contro il centravanti milanista?
Nestor Combin è un ragazzo con la faccia da pugile e con uno scatto micidiale: fa il centravanti e per la velocità i giornalisti francesi lo soprannominarono “la foudre”, la folgore. Che c’entrano i francesi?
Combin, come molti argentini in quegli anni, si è trasferito in Francia, nel 1963 Nestor viene chiamato alle armi, ma non risponde alla chiamata dello stato argentino perché nel frattempo ha acquisito la cittadinanza francese. Il “caso Combin” diventa un affare di stato: i giornali argentini lo chiamano codardo, traditore e disertore! In realtà il giocatore franco-argentino non è niente di tutto questo, perché nel frattempo, per un accordo tra i due governi, ha prestato il servizio militare in Francia. I giornali pensarono bene di non riportare questa notizia nel 1963, né tantomeno decisero di farlo nel 1969 quando è prevista la sfida tra l’Estudiantes ed il Milan. Combin non solo è il centravanti del Milan, ma nella gara d’andata ha anche segnato un gol. E così, persa per persa (visto il risultato dell’andata), la gara di ritorno si trasforma per gli argentini nell’occasione propizia per dare una vera lezione al “disertore” Combin ed a chi lo aveva accolto in squadra. Insomma, davanti a quarantamila spettatori inizia una delle più feroci “cacce all’uomo” che si siano mai viste su un campo di calcio.
Combin riceve palla a centrocampo, un prontissimo difensore dell’Estudiantes provvede a recapitargli un telegramma dritto sulla tibia, facendolo volare per terra. Sul contrasto s'impossessa del pallone Gianni Rivera, si continua a giocare, non si sa se per la regola del vantaggio o perchè il non proprio solerte arbitro cileno Domingo Massaro non aveva intenzione di fischiarlo quel fallo. Rivera parte e corre, scarta tutta la difesa, compreso il portiere, arriva parallelo alla porta, ignora Pierino Prati, irride più e più volte l’intera difesa dell’Estudiantes e deposita il pallone in rete, da vero incosciente. Poletti recupera il pallone dal fondo del sacco e glielo scaglia addosso, mentre il Golden Boy ritorna a centrocampo avendo perlomeno l‘ottima idea di non reagire.
A questo punto, le possibilità per i giocatori dell’Estudiantes di portare a casa la Coppa sono ben poche, tanto vale picchiare più forte che si può. I giocatori del Milan, preso atto che il trofeo è oramai conquistato, capiscono che l’obiettivo della serata diventa uno e solo uno: tornare a casa sani e salvi.
Conigliaro e Aguirre Suarez ribaltano il punteggio, 2-1 per l’Estudiantes, ma il tempo per fare altri 2 gol non c’è. Quello per farla pagare al Milan, per non si sa bene cosa, e a Combin per il suo essere un vile disertore, non manca.
Al minuto 67, Aguirre Suarez decide che Combin è rimasto in campo per troppo tempo, pugno secco e dritto sulla faccia del connazionale, zigomo e naso in frantumi e il giocatore lascia il campo con la maglia bianca da trasferta diventata completamente rossa.
L’arbitro, che fino a quel momento aveva deciso di soprassedere su molti dei calcioni degli argentini, stavolta non può esimersi e tira fuori il rosso, su segnalazione del coraggiosissimo assistente.
Il Milan non avrà il beneficio della superiorità numerica, poiché il centravanti rossonero non può essere sostituito in quanto Rocco è già stato costretto ai due cambi. Una volta ottenuto lo scopo, gli argentini decisero, finalmente, di calmarsi, e permisero la “regolare” fine della partita. L’unico ancora su di giri è il portiere Poletti: al fischio finale decide di colpire alla testa il nostro Lodetti che a metà campo si abbracciava con Fogli. Il clima era talmente teso che la coppa fu consegnata al Milan dentro gli spogliatoi.
Finita qui? Ma neanche per sogno. Mentre in Italia si diffuse la notizia che Prati era addirittura morto, all’uscita degli spogliatoi si presentarono due agenti di polizia che arrestano il massacrato Combin.
Motivo? Sempre quella famosa diserzione militare. Nestor fu portato in questura, subisce tre interrogatori e nel frattempo la delegazione rossonera, guidata dal presidente Franco Carraro, ha deciso di non prendere l’aereo per l’Italia senza il compagno. Per fortuna, dopo qualche ora, la polizia si arrese all’evidenza, e permise al giocatore franco-argentino, accompagnato dal vice presidente rossonero Avvocato Sordillo, di unirsi alla comitiva milanista direttamente in aeroporto.
A quell’epoca in Argentina i reati sportivi venivano giudicati anche dalla magistratura ordinaria, per cui un brutto fallo, se volontario, poteva avere anche conseguenze penali. I giudici argentini si erano accorti della ferocia di Poletti ed Aguirre-Suarez ed erano intenzionati a portarli in tribunale per lesioni volontarie. Per farlo avevano bisogno della denuncia di Combin, ma davanti alla loro richiesta la risposta del calciatore franco-argentino fu disarmante:
“Io non denuncio nessuno, ciò che avviene sui campi di calcio è un affare di sport, non di polizia”!
La risposta fu incredibile quanto il modo in cui era stato trattato dai suoi ex connazionali. Tuttavia, Poletti ed Aguirre-Suarez non poterono evitare le conseguenze della giustizia sportiva: Poletti venne squalificato a vita ed Aguirre-Suarez fu sospeso per trenta partite di campionato e per cinque anni dalle competizioni internazionali ufficiali.
Quando il Milan arriva in Italia ad accoglierlo c’erano migliaia di tifosi festanti: finalmente, per la prima volta, i calciatori furono in grado di sollevare al cielo la Coppa Intercontinentale!
E’ la prima della serie, ma forse, per le modalità con cui venne conquistata e per la sofferenza patita, è sicuramente indimenticabile!.
"E tutti insieme, appena in volo, facemmo il gesto dell’ombrello verso l’Argentina. (G. Lodetti)
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