di Massimo Volpato
Cava de ‘ Tirreni è una piccola città nell’entroterra della costiera amalfitana, situata nella vallata che separa i Monti Picentini e i Monti Lattari a pochi chilometri dal mare. Per il patrimonio architettonico e per il paesaggio la cittadina campana viene chiamata “la piccola Svizzera”, cosa un pò paradossale vista la zona in cui è situata.
Cava de’ Tirreni è effettivamente un’anomalia rispetto ad altre zone limitrofe tristemente note alle cronache: in città vi sono infatti numerosi istituti di credito e si respira un clima di tranquillità e sicurezza malgrado il calo delle attività produttive negli ultimi anni. Nel 1980 il terremoto che travolse l’Irpinia arrivò fino a Cava con sette morti, centinaia di sfollati e gravi danni subiti dal Duomo cittadino, nell’autunno del 1982 la città sotto molti aspetti è ancora scossa dal grave fenomeno sismico e molte persone vivono ancora nei containers. Un ottimo diversivo ai tempi cupi di quel periodo è rappresentato dai successi della Cavese, squadra di calcio cittadina che stava disputando il suo secondo campionato di Serie B. Il 7 novembre 1982 la squadra allenata da Pietro Santin è attesa da un impegno molto difficile: la trasferta a San Siro contro il Milan. I rossoneri sono reduci dalla seconda retrocessione e la squadra è costruita per la categoria e punta ad un’immediata risalita: il capitano è Franco Baresi, rimasto in rossonero rinunciando a molte offerte, campione del mondo con la nazionale ai mondiali di Spagna, nella calda estate 1982.
La squadra rossonera è composta da giocatori in rampa di lancio che arriveranno a vincere scudetti e coppe campioni e ad essere per diversi anni nel giro della nazionale (Mauro Tassotti, Alberigo Evani, Franco Baresi), giocatori che hanno giocato o giocheranno in pianta stabile in serie A (Sergio Battistini, Giancarlo Pasinato, Vinicio Verza e Ottorino Piotti), un ex nazionale come Oscar Damiani e la stella, il possente scozzese Joe Jordan chiamato a riscattare una serie di annate deludenti tra cui la prima in maglia Milan culminata con la retrocessione. La squadra è allenata da Ilario Castagner e dopo un inizio stentato (due pareggi nelle prime due partite) ha letteralmente messo il turbo surclassando nell’ultimo impegno casalingo l’altra nobile decaduta Bologna con il punteggio di 5-0. La Cavese dal canto suo sta facendo un’ottima stagione dopo la sofferta salvezza ottenuta la stagione precedente, la squadra è formata da onesti mestieranti di categoria ed ha come elementi di spicco i bomber Costante Tivelli e Bartolomeo Di Michele.
Quel 7 novembre è una tipica giornata autunnale della Pianura Padana con freddo e pioggerellina, ma a scaldare l’atmosfera della “Scala del calcio” ci pensano i seimila tifosi giunti a sostenere la Cavese che hanno affrontato il lungo viaggio in pullman che assieme agli immigrati al Nord di quelle zone non vedono l’ora di rispolverare le proprie origini. Il focoso presidente campano Violante sa che la sfida contro il Milan è un’occasione unica e triplica il premio partita per i suoi giocatori ma la vittoria sembra una mera utopia. I giocatori di Santin sono proiettati in un clima irreale: all’ingresso in campo si trovano davanti cinquantamila spettatori, un colpo d’occhio pazzesco per chi è abituato ad uno stadio che quando c’è il tutto esaurito ne ospita appena settemila. Il canovaccio dei primi minuti dell’incontro è assai prevedibile: il Milan prende d’assalto la porta della Cavese con il portiere Franco Paleari a tenere insieme baracca e burattini.
Al 23’ avviene l’inevitabile: in una mischia in area Paleari fa l’ennesimo miracolo su Verza, il gigante Jordan ribadisce in porta di testa, Piangerelli respinge il pallone a ridosso della linea. La Var ai tempi non è nemmeno nei sogni più oscuri dei parrucconi della Fifa ed Uefa e l’arbitro Falzier decide di convalidare e i rossoneri sono così meritatamente in vantaggio. Passano tre minuti e avvengono due eventi difficili da pronosticare: il primo è un errore difensivo di Baresi, troppo audace nel liberare l’area di tacco, il secondo è il colpo di Costante Tivelli, bomber da 150 gol in carriera tra serie B e serie C, che riceve palla da Pavone e fa partire un sinistro violentissimo che non lascia scampo a Piotti. Nella zona riservata alla Fossa dei Leoni, dietro il portiere del Milan, cala un silenzio irreale mentre dall’altra parte dello stadio i seimila da Cava de’ Tirreni impazziscono di gioia in un trionfo di pianti, petardi e cori che rivendicano l’orgoglio meridionale. I giocatori del Milan si riversano immediatamente nella metà campo avversaria alla ricerca del nuovo vantaggio ma Serena non è in giornata di grazia e Paleari si traveste da San Gennaro.
L’intervallo è una dolce tregua per i tifosi della Cavese che si possono gustare quel dolce risultato. L’apoteosi arriva però al decimo del secondo tempo: Pavone brucia un irriconoscibile Baresi e crossa in mezzo per Bartolomeo Di Michele che trova nell’area di San Siro il deserto del Bengodi visto che Tassotti si è completamente dimenticato di lui. Lo stacco di testa non lascia spazio a Piotti e incredibilmente la Cavese è in vantaggio a San Siro. Ad alcuni manca il respiro, altri non vogliono vedere: Milan-Cavese 1-2, 55° minuto. Ne mancano trentacinque per il trionfo campano, trentacinque minuti che ai tifosi ospiti sembrano lunghi quanto la costruzione della Salerno-Reggio Calabria. Il Milan però si è spento, ci prova dalla distanza, ma basta un Paleari in versione ordinaria amministrazione per neutralizzare i tentativi del Milan. I minuti che separano dal novantesimo diventano trenta, poi venti, poi dieci. Intanto nei giocatori del Milan subentra il nervosismo, la tensione, la stanchezza e la storia che ha deciso che quel 7 novembre 1982 è una giornata speciale. Triplice fischio, finalmente ci si può liberare, finalmente si può dar voce al proprio orgoglio. E’ proprio vero, la Cavese ha battuto il Milan a San Siro.
Il presidente Violante dichiara a caldo:
“Devo bere assolutamente qualcosa, altrimenti non mi riprendo”,
A Novantesimo Minuto si parla addirittura di “Real Cavese”. Il giorno dopo i titoli dei giornali si sprecano, il più inflazionato è la citazione del film di Vittorio De Sica “Miracolo a Milano”. Ovviamente non può continuare, ovviamente è un sogno. Quella con la Cavese è l’unica sconfitta stagionale del Milan che a fine campionato otterrà senza troppi patemi la promozione in Serie A. Pochi anni dopo arriveranno Berlusconi e Sacchi che riporteranno i rossoneri sul tetto d’Europa e del mondo. La Cavese invece subisce un calo nel girone di ritorno e mancherà la promozione per un soffio, retrocedendo poi l’anno successivo e iniziando poi un pellegrinaggio nelle categorie minori che non la riporta più ai fasti di quella stagione 1982-’83. Resta però una storia, che va avanti ormai da trent’otto anni, la storia di tredici giocatori che in paese sono ancora degli eroi. Resta il racconto di quel 7 novembre 1982 che viene tramandato di generazione in generazione con tutte le sfumature di un ricordo che svanisce e di una leggenda che vuole rimanere tale. Come racconta oggi il bomber Costante Tivelli:
“Di ricordi certo non si vive, ma è bello goderseli una volta ogni tanto”,
come salvaschermo del proprio cellulare ha un tabellone luminoso, in uno stadio gremito di una grigia domenica di inizio anni ottanta a Milano. Su quella foto c’è scritto Milan-Cavese 1-2 Jordan, Tivelli, Di Michele, questo può bastare.
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