di Massimo Volpato
Se la partita della Bombonera del ’69 con l’Estudiantes è stata una battaglia, Stella Rossa – Milan del 1988 la possiamo tranquillamente definire una Odissea. Si, perché questa sfida si gioca in due anzi tre partite.
In un San Siro pieno ma non gremito forse qualche tifoso rossonero ha sottovalutato l’animo e il talento di questa giovane formazione jugoslava, il Milan in divisa bianca, con banda rossonera orizzontale, si oppone ai biancorossi del Crvena Zvezda. Gli slavi sono una squadra ben organizzata, ricca di talento, con tre stelle indiscusse come Prosinecki, Savicevic e Capitan Stojkovic, questi ultimi due con un futuro nel nostro paese.
La partita d’andata è semplicemente uno spettacolo. Sì, ma non dei rossoneri, bensì dei plavi biancorossi.
Sono i serbi ad aggredire alti il Milan di Sacchi, che quasi vede negli avversari le sue idee mentre la sua squadra è impaurita dalla veemenza dei temibili giocatori biancorossi.
I serbi giocano con una personalità e una aggressività spaventosa; assomigliano più a uomini che si giocano la vita che a giocatori di pallone che giocano un ottavo di finale di Coppa Campioni.
Il Milan prova a creare qualcosa; Mussi chiede un rigore per un dubbio atterramento in area, ma non c’è nulla e l’arbitro fa correre. Il Diavolo continua a premere e su cross di Van Basten, dopo una bella finta a rientrare, Ancelotti svetta di testa e impensierisce il portiere della Stella Rossa, che riesce in qualche modo a salvarsi. Prima vera grande occasione per i rossoneri.
La Stella Rossa, da quel momento in avanti, è un esercito all’attacco della porta avversaria. Savicevic e Stojkovic mettono in grande difficoltà la retroguardia rossonera, costretta in più di un’occasione al fallo, da uno di questi nasce l’ammonizione di Baresi. Proprio al termine del primo tempo, tuttavia, il Milan ha un’occasione ghiottissima per portarsi avanti. Donadoni sfrutta un erroraccio difensivo della Stella Rossa e dopo aver aspettato l’uscita del portiere avversario decide di piazzarla al centro dell’area di rigore, dove Virdis tocca col piede mancino, quasi arpionando il pallone anziché gettarlo volutamente verso la porta sguarnita: la palla prende una traiettoria strana e finisce clamorosamente fuori; di un soffio a lato.
E come dice la legge del calcio: gol sbagliato, gol subito. E infatti è Stojkovic, al minuto 47 a portare in vantaggio la squadra slava, Pixie sfrutta un rimpallo e una duplice indecisione della difesa rossonera per farsi beffe di Baresi e della retroguardia in divisa bianca, fino al portiere Galli battuto dal destro sul primo palo del fuoriclasse jugoslavo. È 1-0 Stella Rossa.
E Qui inizia la vera Odissea rossonera.
Però da grande squadra, la risposta del Milan è fulminea al punto che la disattenta regia della RAI, non aspettandosi un pareggio così veloce, nemmeno se ne accorge. Bruno Pizzul commenta la rete di Virdis mentre ancora scorre il replay del gol di Stojkovic. La replica, questa volta della rete segnata da Virdis, mostrerà un’azione in pieno stile sacchiano, con un’intuizione, a mo’ di cucchiaio, del fuoriclasse per eccellenza: Marco Van Basten. Bravo Virdis, con l’esterno del piede destro, a non lasciarsi scappare la seconda ghiotta occasione della sua partita. È pareggio immediato. Minuto 48, 1-1.
La partita d’andata finisce con questo doppio lampo.
Cosa aspettarsi dalla partita di ritorno? Niente di immaginabile, rispetto a quello che accadrà realmente.
Come giustamente osserva Federico Buffa, da cui prendo in prestito questa magica formula, se ogni grande squadra nella storia del calcio dal Real di Di Stefano e il Brasile di Pelé, porta nel marchio del proprio percorso una partita spartiacque, quella del Milan di Sacchi, è certamente questa partita di ritorno contro la Stella Rossa, anche se giocata sull’arco di 48 ore.
Il primo round, se è lecito esprimerci così, si gioca in una nebbia fitta come la tensione che si assapora tra le due formazioni in campo. Fatto sta che, senza che nessuno dei telespettatori e radioascoltatori, cioè la maggior parte delle persone, che esclusi i fortunati presenti allo stadio, erano intenti a godersi lo spettacolo, sapesse granché di quello che stava succedendo, Savicevic segna il gol dell’1-0 e Virdis viene espulso.
La partita viene sospesa tra le proteste della squadra di casa, ma non ci sono le condizioni per finirla. Fatto sta che si gioca il giorno successivo alle 15, con un clima meteorologico decisamente differente, di rimettersi in marcia come non fosse successo nulla. Beh non proprio come se niente fosse, perché Ancelotti, ammonito la sera prima, come Virdis che era stato espulso, non saranno della partita. Buffo il regolamento: valgono le squalifiche ma non i gol segnati. Tant’è.
Ma spesso una seconda possibilità è tutto ciò che chiediamo nella vita, sperando di non sprecarla. E Sacchi la sua seconda chance non la spreca, disegnando a notte fonda un piano di partita al quale partecipano anche alcuni senatori (Baresi, Ancelotti, Tassotti) e che parte da nuovi presupposti: la partita interrotta non è totalmente azzerata, l’espulsione di Virdis e l’ammonizione al diffidato Ancelotti non scompaiono. I cambi sono decisi nel corso della riunione: Mannari per Virdis è obbligato, mentre Rijkaard, difensore in quei primi tempi di Milan, viene avanzato a centrocampo al posto di Ancelotti, liberando lo spazio in difesa a Costacurta. Praticamente da lì in poi sarà l’assetto definitivo. Occorre però un’idea per riaccendere l’entusiasmo in una squadra ancora spaventata dal pericolo corso, e certo non ancora esaurito. E l’idea viene al’alba. La domenica precedente Ruud Gullit è uscito al 31’ del primo tempo nella gara di Verona per un problema muscolare. Si parla di stiramento, e l’olandese viene dichiarato indisponibile per la partita di Belgrado. Viene comunque aggregato alla trasferta per cominciare subito le terapie (i medici fanno parte della comitiva). Riletto a posteriori ovviamente non si tratta di uno stiramento, ma di semplice contrattura: in ogni caso, Sacchi lo sottopone al provino in albergo perché pensa che la sua sola presenza in panchina possa rianimare la squadra. Non sospetta che il drammatico incidente a Donadoni lo porterà in campo per ripresa e supplementari, molto di più di quello che disse il fisioterapista personale dell’olandese, Ted Troost “puo’ giocare solo mezz’ora”.
La partita, anzi la terza partita inizia subito con un episodio controverso, su una svirgolata piuttosto maldestra della retroguardia biancorossa, il Milan va in vantaggio, Van Basten esulta dopo aver visto il pallone entrare di un buon metro e mezzo dentro la porta avversaria ma l’arbitro, INCREDIBILMENTE, non dà gol, ingannato dalla respinta del difensore biancorosso. È un episodio che già in diretta desta il sospetto più grave; sarà il replay a confermare l’ovvietà nuda e cruda. Il Milan è appena stato defraudato.
Ma i rossoneri non si scompongono e continuano a giocare, correre, a lottare, a proporre gioco con Rijkaard, Mannari, Van Basten, Maldini, Donadoni, all’attacco della porta avversaria. Il gol è maturo e arriva dopo una splendida giocata di Evani, dribbling e cross mancino su punizione a due dai trenta metri: Van Basten svetta come un falco e porta avanti i rossoneri al minuto 35. Quinto gol nella competizione per il centravanti olandese.
Ma la Stella Rossa non arretra di di un centimetro. Lancio dalla retroguardia difensiva per Savicevic che stoppa di petto, si gira e di mancino, con un lancio spaventoso e impossibile pesca magicamente Stojkovic che col sinistro fulmina il povero Galli, scaraventando un mancino terra-aria degno dei grandi capo-cannonieri così come piaceva chiamarli all’indimenticabile Gianni Brera. È 1-1 al minuto 36, proprio come all’andata, botta e risposta immediato.
Ma le soprese non finisco mai in questa avventura belgradese, sul finire del primo tempo Donadoni ha uno scontro violento con il difensore slavo Vasilievic, il giocatore italiano cade e picchia la testa nel terreno freddo dello stadio Marakana di Belgrado, il numero sette rossonero è a terra privo di conoscenza i più vicini a lui sono preoccupati, Maldini e Costacurta piangono abbracciati, Van Basten ha le mani nei capelli.
“Roberto era senza conoscenza, con gli occhi rovesciati, i denti così serrati che non riuscivano ad aprirgli la bocca” (P.Maldini).
Come racconta lo stesso giocatore è il dottor Monti, assieme al collega jugoslavo, a salvargli la vita sul campo intervenendo con prontezza per evitargli il soffocamento srotolando la lingua. La leggenda dice che abbia usata una penna bic, per la difficoltà nell’aprirgli la mandibola. Ed in Ospedale quando gli comunicano che il Milan ha vinto e ha passato il turno una lacrima gli riga l’occhio sinistro.
I giocatori del Milan piangono per la sorte del proprio compagno di squadra, convinti che sia morto. Le gambe iniziano a tremare perché in gioco, al di là di tutto e tutti, c’è la vita di un ragazzo d’oro, prima che di un campione di calcio.
Poi, però, l’autoparlante dello stadio dice qualcosa e il pubblico inizia a fischiare, Savicevic si avvicina a Maldini e con un inglese stentato gli sussurra che lo speaker ha annunciato, chiaramente in serbo, che Donadoni è ancora vivo.
Maldini si gira verso i compagni di squadra ed urla a squarciagola:
«Dona è vivo, ragazzi, Dona è vivo!».
Il Milan ritrova così forze insperate, e si arriva ai calci di rigore col favore degli dèi e del ritrovato entusiasmo.
Dopo una tempesta di emozioni durata 120 minuti, più il prologo del giorno prima, Milan e Stella Rossa si danno l’appuntamento per la resa dei conti finale, con il tradizionale duello dagli 11 metri, proprio di quelle partite dove non si trova un vincitore.
Parte Stojkovic: rigore perfetto, Galli spiazzato. Risponde Baresi, senza paura: destro sotto la traversa. Poi Prosinecki, gelido nell’infilare l’angolino alla destra di Galli. Van Basten, anche lui di ghiaccio: altro incrocio infilato di giustezza. E quindi Savicevic, refrattario alla banalità, il Genio tira il rigore peggiore del mondo, antesignano di quello famigerato di Montero a Manchester. Basso e centrale, respinto di piede da Galli: il pallone si impenna e torna tra le braccia di Dejan, che lo guarda con feroce mestizia. Il sinistro di Chicco Evani, il tipico quiet man dei film di John Ford, zittisce Belgrado: è 3-2. Mitar Mrkela, entrato a inizio ripresa, tira nello stesso angolo di Prosinecki, ma Galli non si inchina due volte: vola a deviare in corner, ed è quasi fatta.
La ciliegina spetterebbe a Cappellini, che però si fa cogliere da improvviso senso di vertigine. E qui ci facciamo guidare da Sacchi nel racconto: Rijkaard ferma Cappellini che mi dice: ‘Scusa mister, lui è un bambino, non può tirare il rigore decisivo’. ‘Ma tu non ne hai mai tirati. Te la senti, Frank?’. E lui: ‘C’è sempre una prima volta’. Non ho guardato, Mi sono girato dall’altra parte. Sapevo che i rigori non potevano tradirci, ma mi sono girato e, lo ammetto, ho un po’ tremato. Poi ho sentito il colpo secco, forse il rumore di un palo e ci siamo tutti abbracciati".
Detto così, non rende l’idea e sembra troppo facile, eh si perchè Il tiro dell’olandese prima sbatte sul palo alla destra di Stojanovic e poi s’ infila in rete, col brivido di chi ha conquistato la terra perduta; con l’animo di una squadra che ha vinto la propria Odissea, e che di lì in avanti vivrà nella propria Itaca. Il Grande Milan europeo di Sacchi INIZIA quella sera. Ma nasce almeno 48 ore prima, tra la nebbia, sangue, sudore, ardore.
Quando finisce la partita cala nuovamente la nebbia che : blocca i nostri eroi nella maledetta, meravigliosa Belgrado fino al mezzogiorno del venerdì, 11 novembre 1988. Nessuno immagina ancora che, ad eccezione di Costacurta che 18 anni dopo andrà a prendersi un importantissimo preliminare di Champions, non ci metteranno mai più piede da calciatori nel mitico stadio del Marakana.
Tutto questo è stato Milan – Stella Rossa. Una delle partite più epiche di sempre nella storia del calcio io mi sento fortunato ad avere avuto la fortuna di viverla davanti alla tv.
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