top of page
Immagine del redattorefabrizio.perotta

CRVENA ZVEZDA - BEOGRAD


Il nostro speciale pallone rotola oggi in Europa, nell’attesa di un turno di coppa che normale non potrà mai essere.

Le sfide contro la Stella Rossa (1988 e 2006) sono infatti tra le pagine più degne di memoria in quel grande romanzo calcistico e di vita che è l’ultracentenaria storia rossonera.

Ottobre 1988: le Olimpiadi di Seul sono appena terminate e, mentre il mondo si interroga sul doping di Ben Johnson, va in scena il secondo turno della Coppa dei Campioni.

Dopo l’autorevole qualificazione contro i Bulgari del Vitocha Sofia (poker di Marco Van Basten nel ritorno a San Siro), l’urna designa per il Milan un’altra squadra dell’est ma ben più insidiosa: la Stella Rossa di Belgrado; squadra ricca di talenti, una delle ultime espressioni della Jugoslavia unita e non solo dal punto di vista calcistico.

Dopo la morte di Tito, le differenze religiose e i sentimenti nazionalisti delle varie etnie, fino allora repressi con il pugno di ferro, riprendono infatti sempre più vigore e di lì a poco sfoceranno in un sanguinoso conflitto. È una vera e proprio guerra civile, combattuta in prima linea da formazioni paramilitari tra le quali a sostenere la causa serba si distinguono le cosiddette “Tigri di Arkan”. Zeljko Raznatovic detto Arkan, è anche riconosciuto come indiscusso capo degli ultras della Stella Rossa, i “Delje” (gli Eroi, in lingua serba) dove verrà infatti reclutata la maggior parte dei suoi uomini.

La partita di andata si disputa a San siro e conferma tutte le preoccupazioni della vigilia.


Gagliardetto ufficiale partita d’andata


I Biancorossi sono infatti un complesso ben organizzato, giocano sporco e rivelano grande maestria nel contropiede, pur tradizionalmente considerato l’arte italica per eccellenza. Le ripartenze, a dire il vero, non sono così numerose ma in una di esse Dragan “Pixie” Stoikovic dimostra tutta l’essenza del calcio slavo: indolenza, estro e classe cristallina. Persino Franco Baresi non può nulla di fronte a una finta di così rara bellezza, prodromo di una battuta a rete parimenti beffarda.

Il solito Virdis, fortunatamente, sfrutta l’unico comprensibile momento di disattenzione seguente al gol e pareggia dopo neanche un minuto. Alcun effetto sortisce il forcing finale (traversa di Donadoni oltre ad alcuni grandi interventi del portiere Stojanovic) e si va a Belgrado con l’obbligo di segnare.

Prima dell’incontro, Arkan, che anni prima ha vissuto a Milano e parla un perfetto italiano, chiede ad alcuni responsabili della curva come procurarsi un particolare tipo di torce (difficili da trovare a Belgrado) dimostrando così grande rispetto verso la tifoseria milanista.

Per il ritorno a Belgrado, la Fossa dei Leoni e le Brigate Rossonere partono con due pullman da Milano. Un terzo, organizzato dalla sezione Venezia Giulia di Fossa, si aggiunge al valico di Casa Rossa, confine italo sloveno. Insieme a loro, altri tifosi in aereo (Commandos Tigre e Milan Club vari) per una trasferta che diventerà una vera e propria odissea.

All’arrivo, la Milicija serba per evitare pericolosi contatti con gli ultras di casa “sequestra” i tifosi rossoneri trattenendoli ore in un parco sul Danubio, prima di condurli finalmente allo stadio.


Fossa al Marakana


il Marakana è un enorme catino scavato nella terra e discenderne i gradoni si presenta vagamente allegorico, come a ricordare un viaggio nell’inferno dantesco. Gremito all’inverosimile è davvero impressionante anche se, nonostante l’ambiente di certo ostile, gli unici veri problemi per gli ultras rossoneri sono un fitto lancio di oggetti con i tifosi vicini, separati solo da una rete metallica (incredibilmente, questi indossano i colori del Partizan, l’altra squadra della capitale). A Belgrado anche i calciatori scendono all’inferno. Per arrivare in campo dagli spogliatoi bisogna percorrere infatti un lunghissimo tunnel di cemento tra due file di poliziotti in assetto da guerra, con chiaro effetto intimidatorio.

I giocatori slavi grazie a un pressing asfissiante, e spesso ricco di scorrettezze, riescono a impedire il normale fluire del gioco milanista, inconcludente come non mai. La nebbia che incombeva su Belgrado sin dalle prime ore del pomeriggio diviene però sempre più fitta cosi la rete di Savicevic e l’espulsione di Virdis, che suonerebbero come una condanna definitiva, vengono cancellate dall’inevitabile sospensione della partita.


Nebbia su Belgrado


La maggior parte dei tifosi milanisti si vede costretta a far ritorno in Italia vista la scadenza del passaporto collettivo mentre per gli altri si pone il problema di dove passare la notte. Un plauso va all’infaticabile dirigente Paolo Taveggia che riesce ad assicurare loro ospitalità dove alloggia la squadra.

L’Intercontinental è l’hotel più famoso di Belgrado, di lì a poco diverrà anche il quartier generale di Arkan ed è anche dove il signore della guerra troverà poi la morte. Nel gennaio del 2000, infatti, proprio nell’hall, alcuni sicari, si dice inviati dallo stesso presidente Milosevic con cui i rapporti si erano progressivamente deteriorati, colpiscono la Tigre e la sua scorta.

L’arbitro della partita, il tedesco Pauly, viene intanto avvistato in un noto night club della città insieme ad alcune bellezze locali e ai dirigenti della Stella Rossa.

L’espulsione di VIrdis e la squalifica per l’ammonizione rimediata da Ancelotti pongono grossi problemi di formazione ad Arrigo Sacchi che deve cercare a tutti i costi di recuperare almeno Gullit. L’efficiente organizzazione operativa di Fininvest si mette in moto, prelevando con un volo privato Linate-Amsterdam Ted Troost, fisioterapista personale dell’Olandese e quello che oggi si chiamerebbe mental coach. Il provino pre partita avviene nei corridoi, al decimo piano dell’hotel, sotto lo sguardo di un corrucciato Arrigo Sacchi. Il Tulipano nero partirà dalla panchina pronto a entrare nel finale in caso di necessità, mentre titolare è Graziano Mannari: questo il responso.


Per evitare la nebbia l’incontro si disputa alle 3 del pomeriggio in uno stadio, se possibile, ancor più gremito. I cancelli vengono lasciati aperti e ci sono più di 100.000 persone sugli spalti. In questa bolgia infernale, però, nei rari momenti di silenzio si odono i cori dei pochi rossoneri rimasti. È un urlo d’amore che squarcia la tv.

Una goffa svirgolata di Vasilievic sembra regalare il vantaggio ai Rossoneri già ad inizio di partita ma l’arbitro “non si accorge” di quanto la palla abbia varcato la linea di porta. È almeno un metro e mezzo, eppure “non vede”. Nulla può però il famigerato Pauly su un preciso colpo di testa di Van Basten. Per la prima volta nelle tre partite i Rossoneri sono in vantaggio.


Il gol di Van Basten


La forza e la pervicacia dei padroni di casa si palesa però poco dopo con un’azione da manuale. Lancio millimetrico di Savicevic per Stoikovic e Pixie abbina classe e potenza in una terribile botta sotto la traversa: 1-1 . È uno dei cinque uomini che possono fregiarsi di avere un posto nell’hall of fame della Crvena Zvezda, altro non serve aggiungere.

Quando le squadre già pensano al riposo, un episodio a dir poco drammatico vede protagonista lo sfortunato Donadoni che in un contrasto aereo sbatte violentemente la testa, rischiando addirittura di morire in campo. Al suo posto entra Gullit, con pochi minuti di autonomia nelle gambe, costretto invece a giocare addirittura i tempi supplementari.

Il risultato non si sblocca più, qualificazione affidata ai calci di rigore.


Tabellone stadio


Dragan Stojkovic, sempre lui, segna il primo.

Sono cinque i gradi sotto lo zero, ghiaccio e inferno. Una incipiente nebbia sta per avvolgere nuovamente la città e sugli spalti improvvisati fuochi compaiono tra sinistri ondeggiamenti di corpi, urla e fischi. Nel momento della verità sul dischetto si presenta il Capitano, ieratica icona del più ancestrale milanismo. Gol.

Prosinecki e Van basten sono impeccabili sino a quando un ancora acerbo Savicevic si fa parare il tiro da Giovanni Galli. Chicco Evani porta a quattro le reti rossonere con una regale indifferenza e Mrkela sbaglia ancora. Tocca allora a Frankie Rijkaard segnare la rete qualificazione per il 3-5 finale.

Un irreale e assordante silenzio pervade lo stadio mentre un manipolo di uomini impazzisce nel settore ospiti. E’ l’inizio di tutto, una sorta di palingenesi calcistica perché non ci sarebbe stata Barcellona senza Belgrado, non il paradiso senza l’inferno.

Ogni onore a chi c’era, risalendo quei gradoni tra ghiaccio, nebbia e un’inebriante felicità. Questo racconto è dedicato a Voi.

Belgrado: 9-10 novembre 1988


Gazzetta dello Sport


Si ringrazia Corrado, responsabile Fossa sezione Venezia Giulia, che grazie ai suoi ricordi e aneddoti ha arricchito questo racconto.

1.182 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comentários


bottom of page