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E SE GATTUSO AVESSE CAPITO PRIMA DI TUTTI?

  • Immagine del redattore: Massimo Volpato
    Massimo Volpato
  • 14 nov 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 19 nov 2019


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Per capire dove siamo oggi dobbiamo fare un passo indietro in quel di febbraio / marzo, quando il Milan di Gattuso era in lotta per un posto in Champions, addirittura era al terzo posto a pochi punti dal Napoli di Carletto Ancelotti e s’intravedeva anche la possibilità di poter arrivare secondi. Molto probabilmente la dirigenza iniziò a pensare che quella posizione di classifica rispecchiasse il reale valore tecnico della squadra, facendo un grosso errore di valutazione.

Il Milan di Rino Gattuso non ha certamente brillato per qualità di gioco espressa, ma forse il primo ad essere conscio di tutto questo era sicuramente il tecnico rossonero. Durante il precampionato aveva lavorato su concetti di gioco abbastanza precisi e i risultati non erano stati così deprimenti, nell’ICC vittoria per 1-0 con il Barcellona, sconfitta per 1-0 contro il Tottenham e perso ai rigori contro il Manchester United, e poi sconfitta per 3-1 con il Real Madrid nel trofeo Bernabeu giocando una onesta partita contro una squadra decisamente più forte di noi.

Alla prima giornata di campionato si va a giocare a Napoli, dove il Milan va in vantaggio per 2-0 con due gol che nascono da azioni di palleggio da dietro con movimenti funzionali ad un gioco corale, poi purtroppo rimontati dagli azzurri anche complici molte ingenuità nostre. Per Gattuso i due giocatori chiave per quel Milan erano Biglia e Bonaventura, però entrambi ebbero infortuni molto lunghi, addirittura Jack finì la stagione anzitempo e ancora adesso lo stiamo aspettando. Gattuso capì che non si poteva continuare con il gioco palleggiato, perché i sostituti Kessie e Bakayoko avevano ben altre caratteristiche tecniche. E così nasce il Milan del tanto sacrificio e volontà, puntando sulla compattezza e sul gruppo, con Higuain che cercava di giocare fra le linee per sopperire alla mancanza della mezz’ala italiana tanto importante al mister.

A gennaio Gonzalo Higuain decide di cambiare aria e seguire il suo mentore Sarri al Chelsea, e a Milano arrivano Piatek e Paquetà fortemente voluti da Leonardo. E qui Gattuso inventa un terzo Milan quello del 4-3-3, molto diverso da quello impostato ad inizio stagione, squadra bassa e linee strette. Il tecnico rossonero aveva capito che per sfruttare la vena di Piatek bisognava chiedergli poche cose ma essenziali.

1. Attaccare la linea difensiva avversaria;

2. E lasciarlo da solo davanti a fare il centravanti con due ali;

Quindi Cutrone, che con Higuain, giocava titolare con l’arrivo del centravanti polacco fini per accomodarsi in panchina. Tre Milan diversi in pochi mesi per andare incontro alle esigenze dei singoli e della squadra e se la società non gli avesse chiesto una quarta versione al mister, cioè meno attendista e più spregiudicata, perché la storia del club lo richiedeva, avremmo osannato Gattuso capace di riportare il Milan in Champions League dopo tanti anni. Si perché quello che va in scena tra il derby di ritorno e la trasferta di Torino è un Milan che prova a giocare ad aggredire la partita e proporre un calcio meno attendista ma porterà purtroppo solo risultati negativi, e da lì in poi la squadra rossonera perderà le sue certezze e non riuscirà a centrare l’obiettivo Champions.

Nell’ ambiente Milan c’è la convinzione che il blasone e il glorioso passato possano determinare il gioco e lo stile della squadra, dimenticandoci di quale momento storico stiamo vivendo e che zavorra societaria e tecnica ci portiamo dietro. La nostra priorità in questo momento è tornare in Champions in pianta stabile per entrare in quel circolo virtuoso che può farci uscire dalla melma in cui siamo impantanati.

Tornando al titolo di questo pezzo, Gattuso molto probabilmente aveva capito prima degli altri che serviva mettere da parte il fioretto, le filosofie di gioco, e quant’altro. Questo non significa ripudiare la nostra storia, ma in questo momento storico non possiamo ragionare da grande squadra, perché semplicemente non lo siamo, e questo modo di pensare rischia di essere il nostro più grande limite che ci può condizionare. Quel Milan non era bello, non giocava bene, ma era una squadra che sapeva soffrire, e che andava incoraggiata, apprezzata e sostenuta perché era ad un passo da un risultato incredibile con una rosa nettamente inferiore a quella attuale, basti pensare da chi era composta la panchina rossonera la scorsa stagione, da tanti giocatori che ancora oggi sono senza squadra. La dirigenza probabilmente non ha avuto l’intelligenza per capirlo e sta continuando a ripetere l’errore anche con Giampaolo, perché sono errori d’inesperienza sperando che non siano errori di presunzione, perché allora la cosa sarebbe ben più grave.

L’aver vinto tante volte nel passato, l’aver toccato con mano il tetto del mondo non è una polizza assicurativa per tutta la vita, la si può ricordare ma con questa non si vive.

Gattuso nella sua onestà questo lo aveva capito, e preso atto, e di questo anche la nostra società dovrebbe rendersene conto. Perché gli errori di oggi sono figli di convinzioni sbagliate che potrebbero avere dei risvolti drammatici anche con la squadra di Giampaolo, che dovrebbe essere molto più pratico, assecondare di più le caratteristiche tecniche dei giocatori, perché rimanere fuori dalla Champions League un’altra volta potrebbe avere dei risvolti drammatici.


Massimo Volpato

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