Ieri 20 ottobre, è andata in scena l’ottava giornata di Serie A e, alle 20:45, il nuovo Milan targato Stefano Pioli ha sfidato il Lecce, a soli 7 punti in classifica, tra le mura amiche di San Siro.
Dopo tutte le polemiche del cambio allenatore, la squadra a Milanello raccontano si sia allenata bene, che il clima portato dal nuovo allenatore sia migliore, più rilassato. Grandi sorrisi nelle foto pubblicate sui social dalla società, soprattutto tra coloro che avevano vissuto qualche momento polemico con Giampaolo (vedasi Paquetá) o un periodo di appannamento (Calhanoglu e Piatek su tutti).
Avendo l’intera rosa a disposizione solo per pochissimi giorni, causa giocatori impegnati con le rispettive nazionali, il mister parmense ha puntato sulla strategia del “poche cose ma fatte bene” e sul liberare la testa, più delle gambe.
Dopo diversi allenamenti ricolmi di tattica, distanze, schemi e chi più ne ha più ne metta, la squadra pare aver rigettato quasi completamente tutti i dettami del precedente allenatore. Di conseguenza, Pioli ha fatto quello che avrebbe dovuto fare un allenatore intelligente arrivato in un momento simile: mettere i giocatori al posto giusto e, soprattutto, nella giusta posizione sul rettangolo di gioco.
Questi cambiamenti si vedono subito nei primi 25 minuti della partita. La squadra di Liverani viene completamente ribaltata da una serie davvero cospicua di occasioni da rete, che ricordano un po’ il primo tempo di Torino di qualche giornata fa. Purtroppo, insieme alla stessa propensione offensiva di quel match, la mira dei giocatori rossoneri non è delle migliori. Leão, schierato prima punta titolare, ha subito due occasioni, ben costruite ma maldestramente sprecate con tiri deboli o fuori misura. La squadra imbecca bene gli attaccanti, Hernandéz macina km sulla fascia dando indicazioni più che positive sia in fase propensiva, sia in fase di contenimento.
Pioli, spostando Paquetá nel ruolo di mezz’ala destra per favorire la fluidità della fascia e posizionando Kessié a sinistra per coprire le avanzate proprio di Theo, dà un equilibrio alla squadra davvero sorprendente. Infatti, il Lecce non riesce praticamente a superare la metà campo, rintanandosi all’indietro e cercando invano di costruire qualche azione dal basso, con un Tachtsidis davvero spento e impreciso. Al 20’ Calhanoglu, imbeccato in area da Lucas Biglia, partito titolare e vinto il ballotaggio con Bennacer (quest’ultimo impegnato con l’Algeria fino a poche ore prima del match), buca Gabriel sul primo palo con una grande conclusione. Vantaggio Milan, a coronazione delle cinque o sei occasioni da rete avute nel primo quarto di gara. Il turco in realtà non si fa notare solo per la rete, anzi. Forse nella sua migliore giornata da quando è sbarcato in Italia, sembra indemoniato e lotta su ogni pallone. Finalmente è possibile anche ammirare una buona parte delle sue doti balistiche, con tiri dalla distanza che escono di molto poco.
Il primo tempo finisce con un dominio Milan, nessuna occasione per il Lecce e tanti sorrisi. Un solo rammarico però, che si rivelerà essere deleterio: non aver chiuso la partita. Le tante occasioni non sono state tramutate in reti, lasciando la possibilità alla squadra ospite di poter rientrare in partita da un momento all’altro.
Al rientro dagli spogliatoi è sempre la compagine meneghina, con un atteggiamento davvero aggressivo e coraggioso, a spingere per il raddoppio. La squadra però sembra meno equilibrata, quasi spezzata in due. Nel Lecce è entrato Farias, il quale crea diversi grattacapi alla retroguardia rossonera, con i suoi movimenti ad allargare i terzini e la sua tecnica nel breve. Proprio da situazione di difesa schierata male e da un errore di un singolo, Conti, nasce il rigore per il Lecce, al minuto ’62, per fallo di mano. Sul dischetto va Babacar. Donnarumma si distende sulla sua sinistra, intuisce e para, ma la sua respinta finisce proprio sui piedi dell’attaccante rossogiallo, che insacca. Pareggio, tutto da rifare. Al primo vero tiro in porta della squadra ospite, la gara ritorna in perfetto equilibrio. Dopo cinque minuti di gioco, doppio cambio nel Milan: uno stanco Paquetá lascia il posto a Krunic e Leão viene sostituito da Piatek. Sicuramente una grande occasione per due giocatori che, finora, non sono riusciti ad esprimere le loro qualità. Se il primo sembra avere davvero un bel piglio e una buona personalità, certo lo stesso non si può dire del secondo. Un paio di stop sbagliati, soliti scatti ad attaccare la profondità ignorati dai compagni. Insomma, un copione già scritto. Al minuto ’81 però, il solito Calhanoglu, davvero in grazia divina, lascia un pallone nella zona del dischetto proprio per l’attaccante polacco che, dopo un grande movimento a rimorchio, fulmina Gabriel e riporta il Milan in vantaggio. 2-1. La partita da questo momento non viene più giocata dai rossoneri. Ritornano i soliti, triti e ritriti fantasmi del passato. La palla scotta, nessuno la riesce a gestire intelligentemente e con calma, facendo salire il baricentro del Lecce di qualche metro man mano che il tempo passa. Entra Rebic per Kessié, ma il suo impatto sulla gara sembra lezioso e inconsistente. Al minuto ’92, in pieno recupero (secondo dei sei concessi dall’arbitro Pasqua), succede l’irreparabile: Suso gestisce un pallone con un’orribile passaggio orizzontale, Biglia preso in controtempo sbaglia il passaggio sulla punta e il Lecce riconquista palla. Lancio sulla fascia destra, dove Rebic prima e Hernandéz dopo, non intervengono con la giusta determinazione. La palla gira, al limite dell’area, arrivando a Calderoni, dimenticato completamente da Suso e da Conti, troppo stretto in area. Il terzino lascia partire un bolide che, complice una leggera deviazione, batte un incolpevole Donnarumma e riporta la gara in parità. 2-2. Il Milan prova, dopo la batosta, a riportarsi in avanti, ma il guizzo finale non arriva e il risultato non cambia. Pareggio, in casa, contro un Lecce sicuramente non irresistibile. Il trend di risultati negativi continua e la classifica non migliora, relegando i rossoneri nella parte destra della classifica, a pari punti con l’Udinese.
L’esordio di Stefano Pioli con il Milan non è stato sicuramente dei migliori, soprattutto riguardando il tabellino della gara. La cosa che però fa ben sperare è che la squadra rossonera, nei primi 25 minuti di gioco, ha macinato più occasioni di quelle costruite in tutte le precedenti sfide messe insieme, evidenziando una fase offensiva più coraggiosa ed organizzata. In più, l’equilibrio avuto finchè le gambe hanno retto, è stato apprezzabile e ben visibile sul campo.
Nuovamente, ci troviamo a dire che il problema di questa squadra è la testa, non la condizione fisica, né tantomeno la guida tecnica, nonostante si sia ampiamente percepito che la squadra non seguisse più Giampaolo e le sue idee.
Le prossime gare saranno difficili, tra Roma, Spal, Lazio, Juventus e Napoli. Quello che Pioli dovrà fare sarà continuare nella sua strategia e nelle sue indicazioni: aumentare il coraggio e la consapevolezza di un gruppo giovane e fragile con poche ma importanti indicazioni.
Nel calcio di oggi si sa, non basta correre più dell’avversario. Delle volte nemmeno essere più bravo tecnicamente, o tatticamente. Bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo, e giocare anche con una sana arroganza. Perché ciò che conta ora, per risalire, è la testa, più delle gambe.
Simone Fattori Zini
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