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Immagine del redattoreSimone Fattori Zini

MISTER, ORA O MAI PIU'

Aggiornamento: 19 nov 2019


Sabato 21 settembre 2019. Ore 20:45.

I milanisti sono arrivati all’appuntamento del primo derby degli allenatori “imbattuti” nelle rispettive stracittadine con il morale completamente diverso rispetto alla compagine interista. In un clima di rassegnazione e nervosa attesa di una punizione ancora più decisa degli ultimi anni, un barlume di speranza è arrivato al momento delle dichiarazioni prepartita di Giampaolo, quando chiede alla squadra di “divertirsi”, sottolineando come delle volte l’assimilazione di schemi e concetti venga poi trasportata sul campo quasi improvvisamente, con fiducia che fosse proprio il derby questo momento fatidico di illuminazione e convinzione nel progetto da parte dei giocatori a tinte rossonere.

Ebbene, così non è stato. Non solo i dettami del tecnico di Bellinzona non sono ancora nemmeno lontanamente quelli ammirati quando allenava Empoli e Sampdoria, forse anche per alcuni equivoci su giocatori e rispettivi ruoli (Suso su tutti, trequartista si è capito che proprio non s’ha da fare), ma soprattutto la condizione mentale è, ancora una volta, compromessa.

A questa squadra manca personalità, carisma, voglia di vincere e convinzione nei propri mezzi. Se per anni ci siamo raccontati, peraltro giustamente, che un deficit di personalità derivasse da una mediocrità generale della squadra e, successivamente, dall’età media dei giocatori, dato che la compagine rossonera è la più giovane del campionato, ora ci dobbiamo rendere conto che non ci sono giustificazioni che tengano. La condizione mentale dovrebbe essere allenata, se non alla pari, in modo ancora più importante di quella fisica. Probabilmente il fatto di non avere una guida tecnica di spessore da parecchi anni (tanti esperimenti, da Brocchi a Seedorf, passando per Inzaghi e Gattuso), ha instillato in questa squadra dei complessi di inferiorità che sono estremamente controproducenti. Giampaolo è sì tecnico navigato, con un’esperienza importante di diversi anni, effettivamente però alla prima chiamata in una big. Il che potrebbe rappresentare per lui sì uno stimolo, sì una rivincita rispetto ad esempio all’esperienza di Cesena, ma allo stesso tempo uno stress difficile da sopportare e gestire.

Al Milan la pazienza è poca, e questi due mesi di lavoro sembrano davvero persi nell’inseguire sistemi e idee di gioco che i giocatori non hanno assimilato, o che comunque non sentono come propri. Giocatori fuori ruolo, scelte di titolari a dir poco discutibili, dichiarazioni prepartita a volte nervose. Insomma, il caos.

Ed è da qui che vorremmo, a differenza di quello che farebbero potenzialmente altre tifoserie, sostenere colui che ad ora è alla guida tecnica della nostra squadra del cuore. Proviamo a dare qualche consiglio al nostro mister dal basso della nostra competenza, ma dall’alto delle considerazioni raccolte in queste settimane da parte di tanti tifosi rossoneri. Sperando ne possa uscire qualche considerazione interessante. Ha ragione il mister quando dice che non bisogna fare distinzioni, vecchi o nuovi, titolari o non. C’è solo il Milan. Eppure in queste prime quattro partite di campionato abbiamo visto davvero troppo poco gli innesti del calciomercato estivo 2019. Bennacer una partita, a San Siro contro il Brescia, quasi per obbligo visto l’infortunio di Lucas Biglia. Theo Hernandez, sfortunato, non ha potuto esordire per infortunio fino agli ultimi minuti del derby (forse meglio dall’inizio? Facile col senno di poi). Krunic desaparecido, 0 minuti ad oggi. Leao molto bene nel derby, viene da chiedersi perché non prima. Due spezzoni per Rebic, poca roba, anche se il giocatore croato arrivato nell’ultimo giorno di mercato è già stato utilizzato più di compagni acquistati settimane prima.

È risaputo che affidare la panchina ad un maestro della tattica, quale Giampaolo, comporti la ricerca di un gioco tendenzialmente spettacolare (speriamo di vederlo presto anche a Milano), organizzazione di gioco e schemi rispettati al millimetro. Di contro, una filosofia così precisa e per certi versi complicata, pretende un periodo di studio, applicazione e adattamento da parte dei suoi interpreti. Ragion per cui, per gli equilibri di un gruppo e di coerenza nei propri principi, sarebbe stato impossibile inserire tutti gli ultimi arrivati stabilmente tra i titolari molto presto. Probabilmente con un altro allenatore l’inserimento sarebbe stato più semplice, immediato e indolore. La scelta di Maldini in questo senso è stata sicuramente ponderata.

Il tempo delle remore però lo consideriamo finito. Le prestazioni, a dir poco opache, di Udine, a Milano col Brescia a tratti, a Verona soprattutto e nel derby, lasciano spazio a poche interpretazioni. Ed è qui che chiediamo coraggio al mister. È arrivato il tempo di prendere decisioni forti, per certi versi drastiche, per cercare di dare un’inversione di tendenza a questa squadra, che ad oggi squadra non è. Cambiare sistema di gioco e interpreti potrebbe essere un grande passo avanti in pragmaticità ed elasticità mentale. Riteniamo che la cosa migliore a questo punto sia cercare di mettere il materiale umano a disposizione nelle condizioni migliori di potersi esprimere e non adattarlo ad un sistema di gioco che non è nelle sue corde. L’equivoco del mercato estivo milanista in questo senso è lampante. Un allenatore che fa del suo principio tattico il 4-3-1-2 non potendo fare affidamento a nessun vero trequartista in rosa è sicuramente un paradosso bello e buono. Detto ciò, non è possibile soffermarsi troppo su questo ed incaponirsi in soluzioni fantasiose pur di mantenere il sistema di gioco intatto. Spazio, più che ai nuovi, a nuove idee. Sperando che coinvolgano i vari Leao, Rebic, Bennacer, Krunic, Hernandez. Una netta inversione di tendenza è quello che ci meritiamo noi tifosi. In sostanza, coraggio. Coraggio utile a mandare alcuni “titolarissimi” delle scorse gestioni in panchina, a rivedere i propri principi costruiti in anni e anni di carriera in onore dell’utilità, a lanciare ragazzi di 19-20-21 anni titolari in una squadra blasonata come il Milan. Perché l’occasione che ha avuto il nostro mister non sia ricordata solo come un gran rimpianto.

Scelte forti, già con il Torino giovedì, se le aspetta un po’ tutto il mondo milanista. Una reazione, che sia di nervi, di schemi, di voglia o di tattica, è attesa. Altrimenti, la squadra rischia di essere vista e percepita come quelle degli anni scorsi: molle, senza personalità e con grandi equivoci tattici. E sappiamo che il primo ad affondare con questa barca, ad oggi piena di falle, sarebbe il suo condottiero, quello che viene sempre ritenuto come il primo responsabile di ogni fallimento. L’allenatore. E noi speriamo ancora di poterci salvare con lui.


Simone Fattori Zini

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