Rotola il pallone, rotola questa volta nella prima stagione dell’ “Era Berlusconi”.
È l’annata del raduno alla gloriosa Arena di Milano con i giocatori che in eleganti divise nere atterrano a bordo di un roboante elicottero. Sullo sfondo la cavalcata delle valchirie di Wagner.
E’ certamente un’americanata che contribuisce però, insieme a una martellante pubblicità e una sontuosa campagna acquisti, a infrangere il tetto dei 50.000 abbonati.
“Regalati 15 domeniche da protagonista” recitano gli spot televisivi ma l’inizio è scioccante: il neo promosso Ascoli sbanca San siro con un un eurogol di Barbuti e la domenica successiva matura un’altra sconfitta al Bentegodi di Verona.
Due partite: zero punti e zero gol segnati, semplicemente un incubo.
La panchina di Liedholm vacilla, per i risultati certo, ma ancor più per un modo di vedere il calcio molto diverso dal Presidente Berlusconi.
La sfida con l’Atalanta della terza giornata è allora già una partita da ultima spiaggia. Il calcio sa sempre però regalare emozioni inaspettate e da quel sofferto 2-1 inizia una serie positiva che porta i rossoneri a ridosso della vetta.
Reduci da tre vittorie consecutive (con otto reti segnate e zero subite) si gioca a Genova, campo che negli ultimi anni si è rivelato particolarmente ostico. La partita è vibrante con Galli che para un rigore e poi Pietro Paolo Virdis che segna il gol del 1-0. Vialli pareggia i conti poco prima di un insolito infortunio occorso all’arbitro D’Elia. Partita sospesa e da ripetersi dal primo minuto (come da regolamento dell’epoca).
La sosta per la nazionale impone che l’incontro non si disputi prima di dieci giorni.
Si gioca di giovedì, nell’ambiente rossonero c’è grande entusiasmo perché se il Milan vince è primo in classifica, ma il campo spegnerà ogni illusione.
Sotto una pioggia battente, come forse solo il cielo di Genova sa regalare, i blucerchiati trascinati da un inarrestabile Briegel dominano in lungo e in largo. Finisce 3-0 per una delusione che va ben al di là del risultato.
Dopo molti anni bui aleggia infatti una strana sensazione. Sembra che ogni volta si possa fare il salto di qualità debba sempre succedere qualcosa di negativo.
Lo stesso accadde ad esempio due anni prima quando dopo l’epico derby vinto con gol di Hateley perdemmo malamente contro il Toro e l’Inglese si ruppe il menisco (e nessuno avrebbe più rivisto l’Attila di quei primi mesi).
Questa volta però è diverso e, anche se nessuno ancora lo sa, il corso della storia rossonera sta per cambiare.
Mai un titolo fu più appropriato di quello della Gazzetta:
“La Sampdoria distrugge il Milan, Berlusconi lo ricrea”.
Dopo la partita il Presidente e il suo entourage raggiungono l’Olanda con un volo privato per incontrare Gullit, astro nascente del calcio olandese ed europeo. La bontà del progetto rossonero, e soprattutto i tanti fiorini sborsati, fanno si che nella stessa notte la dirigenza rossonera torni in Italia con un pre contratto firmato.
L’olandese viene pagata a peso d’oro tanto che con il ricavato della sua cessione il PSV Eindhoven costruirà addirittura una nuova tribuna dello stadio. È però un giocatore che fa sognare per il suo grande strapotere fisico abbinato a una tecnica sopraffina. Il look con le freccine rasta conferisce poi quel tocco esotico che contribuisce ancor più a incuriosire la tifoseria.
E sarà proprio Ruud, complice anche l’infortunio di Marco Van Basten, il vero trascinatore nel campionato successivo, l’uomo simbolo dello scudetto numero 11 da cui tutto inizierà.
Sulle ceneri della sconfitta rovinosa di Marassi, senza che nessuno ancora lo sapesse, stava soffiando il vento forte della rinascita grazie a un autentico blitz compiuto con il piglio dei grandi condottieri. La leggenda vuole infatti che il Presidente durante il viaggio di ritorno, come un Cesare dei tempi moderni, tra un un brindisi e l’altro abbia detto a Galliani e Braida proprio queste parole:
“Adriano... Ariedo... veni, vidi, vici e Ruud Gullit è un giocatore del Milan”.
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