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Thiago Silva - Il nobile pretoriano

Aggiornamento: 23 set 2020

di LM




Di dicerie sui brasiliani ne girano parecchie. Sui cittadini di Rio de Janeiro ancor di più. Basti menzionare le parole “saudade” o “jeitinho” per avere una fotografia del popolo. Saudage come l’amore per la propria terra, jeitinho come la capacità dei brasiliani di sapersi “arrangiare”. Gli abitanti di Rio, vale a dire gli autentici carioca, coloro che traggono le origini dal fiume Rio Carioca, sono un vero e proprio emblema nel mondo: la musica nel cuore, la danza nel sangue, il sorriso sulle labbra. Contro tutte le avversità di una terra complessa, devota a Dio, con lo sguardo sempre in avanti, oltre alle difficoltà di tutti i giorni. Uno scenario difficile da cogliere dalle nostre parti. Noi, figli di una rappresentazione verdeoro che, incompiutamente, si rifà allo scintillio di Fred Astaire, accompagnato dallo splendore di Dolores Del Río, nella pellicola “Carioca” datata 1933.

Ed è proprio a Rio de Janeiro che è nato Thiago Emiliano da Silva, noto come Thiago Silva. Era il 22 settembre 1994: dal cuore pulsante della cidade maravilhosa, nasceva uno dei giocatori più talentuosi e rappresentativi del calcio moderno. Thiago Silva ha sempre avuto poco del folklore carioca: occhi profondi, sguardo serio. Concentrazione ferrea e poche parole da dire. Sarà stata la sua serietà, talvolta timidezza, a renderlo un vero e proprio talento incompreso per tanti anni. Nel 1998 inizia il suo percorso nelle giovanili della Fluminense; il suo allenatore lo vede come centrocampista e, al tempo stesso, non lo considera in grado di affermarsi a certi livelli. Thiago prova a proporsi ad altre squadre. Partecipa a numerosi provini: per il Madureira prima, per Olaria e Flamengo poi. Tutti lo scartano.

Trascorre un anno nelle giovanili del Barcelona-RJ dove, la sua crescita, mostra ancora passi balbettanti. Nel 2001 il tecnico Paulo Cèsar Carpegiani, vecchia volpe del calcio brasiliano, lo nota. L’allenatore gli offre un contratto da professionista per l’RS Futebol di Alvorada, militante in terza divisione del Campionato Gaúcho. Il tecnico ha un debole per lui e, incredibilmente, lo fa giocare in tutti i ruoli di movimento: difensore, centrocampista e attaccante. Le prestazioni convincono la Juventude ad acquistarlo e, di conseguenza, a farlo debuttare nel Brasileirão, contro il Cruzeiro il 21 aprile 2004. Il tecnico Ivo Wortmann lo riporta sulla linea difensiva e Thiago Silva inizia a farsi notare.

L’Europa del pallone mette gli occhi su di lui, il Porto su tutti. I portoghesi lo invitano per un periodo di prova e, dopodiché, decide di tesserarlo per circa 2,5 milioni di euro. Il fato, tuttavia, non è benevolo col giovane Thiago: un infortunio frena bruscamente il suo inserimento nel Porto e, a rincarare la dose, ci pensano dei problemi respiratori acuti che, addirittura, mettono a rischio la carriera del calciatore. I guai fisici, nel loro complesso, sbarrano la strada del successo a Thiago Silva. Il brasiliano, malauguratamente, non debutterà mai con la Prima Squadra del Porto, riuscendo ad accumulare appena 14 presenze con la squadra B in Segunda Divisão B. Il Porto vuole crederci e, dopo alcune valutazioni, decide di mandarlo in prestito in Russia, alla Dinamo Mosca. I problemi, però, si riaffacciano nella vita di Thiago Silva. Le difficoltà respiratorie si ripresentano e, addirittura, il calciatore rischia la vita. Lo stesso Silva, nel 2011, raccontò quella triste parentesi: “Nel 2005 mi mandarono in prestito a Mosca, faceva freddo e mi ammalai. Ero stato in ospedale per sei mesi, il medico mi consigliava di camminare ma io non ce la facevo. Ogni tanto veniva una dottoressa e mi faceva tre-quattro punture al giorno, più altre 10-15 pillole.” Aggiungendo: “Seppi di avere la tubercolosi da sei mesi, i dottori mi dissero che, se fossero passate altre due settimane, non ci sarebbero state altre cure possibili. Ho rischiato di morire, per questo ricordo sempre quei momenti in Russia”.

Thiago Silva pensò anche di abbandonare il calcio. La famiglia provò a contattare il Flamengo, per trovargli un posto in squadra ma, sfortunatamente, non venne ritenuto all’altezza. Decise, quindi, di tornare alla Fluminense e ripartire da zero. Da lì comincia, o meglio, ricomincia la carriera di Thiago Silva e stavolta l’ascesa è inarrestabile. Al suo ritorno, vince la Coppa del Brasile, nonché la Bola de Plata, premio conferito agli 11 migliori giocatori del campionato brasiliano. L’anno successivo conquista la finale di Copa Libertadores ma, purtroppo, la sua Fluminense venne sconfitta ai rigori dal Quito.

Nel 2008, lo staff di scouting capitanato da Leonardo, accende i riflettori sul suo profilo. Leonardo lo avvicina e gli propone di giocare nel Milan. Mentre il Villarreal, anch’esso interessato a Thiago Silva, era ad un passo dall’accordo con la Fluminense, i rossoneri convincevano il calciatore e, dopo poche settimane, la stessa Fluminense. Il Milan acquista Thiago Silva per 10 milioni di euro, facendogli firmare un quadriennale da 2,5 milioni di euro. Per via delle regole sul tesseramento degli extracomunitari, il Milan può tesserarlo solo nella stagione 2009/10, tuttavia, chiede ed ottiene di farlo allenare da subito a Milanello. Il suo debutto con la maglia del Diavolo, arriva il 22 agosto 2009 contro il Siena(vittoria per 2-1, ndr). L’8 novembre segna il suo primo gol all’Olimpico, contro la Lazio.

Da quel momento accumula 119 presenze complessive, tra campionato, Coppa Italia, Champions League e Supercoppa Italiana. Thiago Silva riesce anche a segnare sei reti e fornire due assist, oltre ad aver indossato in più occasioni la fascia da capitano. Thiago conquista la Nazionale: Dunga lo fa esordire il 12 ottobre 2008 e, da allora, Thiago presenzia 88 volte con la maglia verdeoro, segnando 3 reti. Con la maglia del Diavolo, Silva vince uno scudetto e una Supercoppa Italiana da assoluto protagonista. Nel Milan, si inserisce in un contesto di brasiliani altrettanto stellari come Kakà, Ronaldinho, Dida e Robinho. Il popolo casciavìt si innamora della nobiltà che caratterizza le sue giocate, nonché della destrezza e l’eleganza che accompagnano la sua presenza sul campo. Thiago Silva, la guardia pretoriana del vessillo rossonero, rappresentava l’eccellenza del concetto difensivo applicato al calcio. A queste abilità, il brasiliano collegava una spiccata saggezza decisionale, nei tempi della giocata, nella zona in cui appoggiare il pallone, nel modo di occupare l’area. L’appellativo di “nuovo Maldini” non gli pesava, come poteva? Thiago era imperturbabile, rivolto verso l’obiettivo, come pochi, come solo i grandi.

Estate 2012. La maledetta estate, l’addio del Milan all’olimpo di cui è stato padrone per un ventennio. La proprietà rossonera, nel pieno di forti difficoltà economiche, cede Thiago Silva al Psg, pochi giorni prima che parta anche Ibrahimovic. I francesi lo pagano 39 milioni di euro, non sono bastati. Non basteranno mai, non ne sarebbero bastati neppure 100. Nel cuore dei tifosi e, della cultura vincente del Milan, Thiago Silva non aveva prezzo. In Francia si conferma a lunghi tratti il miglior difensore al mondo. A Milano, la ferita non si è ancora rimarginata e, forse, non lo farà mai. Grazie Thiago.

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